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Salute

Meno aborti negli ospedali, ma è boom del «fai da te»

Il dato, però, è falsato dal boom delle vendite della pillola dei 5 giorni dopo, che non è (solo) un contraccettivo ma un vero e proprio farmaco abortivo: dall’abolizione della ricetta dall’aprile 2015 le vendite sono schizzate al +763,9%, in stretta correlazione col calo degli aborti in ospedale

A guardarli così, i dati sul calo degli aborti, pur nella perdurante tragedia di 1488 vite spezzate nel solo 2015 in Friuli-Venezia Giulia, potrebbero sembrare migliori di quelli del 2014, quando i bimbi mai nati furono 1609. Un calo del 7,5% è pur sempre qualcosa di rilevante in questo ancora troppo enorme conteggio di esistenze soffocate. Ma ciò che viene evidenziato dalla Relazione al Parlamento 2016 sull’interruzione di gravidanza (), consegnata alle Camere quest’oggi giovedì 15 dicembre, è alquanto preoccupante. Le pratiche abortive, infatti, si stanno spostando dagli ospedali alle case private, grazie al farmaco EllaOne, la cosiddetta “pillola dei 5 giorni dopo”. I dati del ministero parlano chiaro: dall’aprile 2015, quando una raccomandazione dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) tolse l’obbligo di ricetta per questo medicinale, le vendite in Italia sono passate da 5597 confezioni del primo trimestre alle 24.733 del secondo, per passare nei trimestri successivi a 53.016 e a fine anno a 61.755. Stiamo parlando di incrementi, rispetto agli stessi periodi del 2014, dell’ordine di oltre il mille per cento.

Una pillola non solo contraccettiva ma anche abortiva

Ai produttori e a una parte dell’ambiente medico piace presentarla come il contraccettivo “perfetto”, cosa che però EllaOne (almeno in parte) non è. Dipende tutto a quanta distanza dal rapporto sessuale a rischio di concepimento avviene l’assunzione del farmaco. L’assunzione di una sola dose di Ulipristal (così si chiama il principio attivo della “pillola dei 5 giorni dopo”) altera profondamente la recettività dell’endometrio, sia che essa avvenga prima ancora che inizino i giorni fertili, inibendo l’ovulazione (e in questo caso di può parlare di un vero e proprio effetto contraccettivo) sia che essa avvenga immediatamente dopo l’ovulazione (a concepimento avvenuto), sia che essa avvenga, infine, a metà della fase luteale, proprio nei giorni in cui l’embrione dovrebbe annidarsi. Viene meno l’effetto del Progesterone e l’endometrio non si prepara ad accogliere il figlio. Insomma, si può ottenere un effetto abortivo assumendo semplicemente un farmaco da banco che costa meno di una ventina di euro. Ovviamente il consiglio è di assumerlo sotto controllo ginecologico. Per capirne il perché, basta consultare qualche blog dedicato alla salute riproduttiva, dove fioccano le testimonianze di più pillole prese a distanza di pochi giorni (con allarmate spiegazioni dei medici che moderano questi siti sui rischi che si corrono con l’iperdosaggio…) e di effetti collaterali non trascurabili, per i quali la guida di un ginecologo è assolutamente consigliabile prima di assumere il farmaco. Il rischio è di far tornare le donne a quella solitudine con cui affrontavano l’aborto clandestino.

L’andamento del Friuli-Venezia Giulia

Non abbiamo purtroppo a disposizione i dati di vendita regionali di Ella One, tuttavia i dati sugli aborti ospedalieri sembrano confermare una correlazione con la pillola dei 5 giorni dopo. Infatti, il calo annuale del 7,5% si forma bruscamente proprio a partire da aprile 2015, quando il farmaco viene posto in libera vendita senza ricetta. Dai 431 aborti del primo trimestre 2015, si scende ai 377 del secondo e poi ai 340 del terzo e quarto trimestre. Il calo del 7,5% degli aborti in Friuli-Venezia Giulia, peraltro, è sensibilmente inferiore a quello nazionale (-9,3%) e dell’Italia Settentrionale (-9,5%). Nel Nord Italia solo Trento (-4,2%), Bolzano (-1,7%) e l’Emilia Romagna (-7,4%) fanno peggio di noi, mentre Piemonte (-12%), Valle d’Aosta (-11,5%), Liguria (-10,7%) e Lombardia (-10,5%) hanno cali a due cifre.

L’obiezione di coscienza

Secondo la relazione, in Friuli-V.G. su 15 sedi in cui ci sono reparti di ostetricia e/o ginecologia, in 10 si pratica l’interruzione volontaria di gravidanza, pari al 66,7%, un dato più elevato rispetto alla media nazionale (59,6%). In regione, i ginecologhi non obiettori praticano in media un numero di aborti minore a uno e tendenzialmente in diminuzione, essendo passato dallo 0,9% del 2012 allo 0,7% del 2014. Guardando le singole strutture, si va da un massimo di 4,3 interruzioni di gravidanza settimanali per ciascun medico non obiettore, ad un minimo di 0,3. In Friuli-V.G., poi, la percentuale dei ginecologi obiettori è leggermente calata: dal 59,8% del 2006 al 58,4% del 2014. Ben il 64,8% delle interruzioni di gravidanza viene eseguita meno di 14 giorni dopo la richiesta, nel 2006 era il 54,4%. Solo nell’8% dei casi si arriva ai 22-28 giorni. Insomma, quella delle donne che non possono abortire a causa dell’obiezione di coscienza è davvero una storia senza senso e piena di ideologia.

Pubblicata la relazione ministeriale: in Friuli-V.G. sono stati 1488 (-7,5%) nel 2015

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