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«Basta! Ora scommetto sulla mia vita»

17 storie di cadute e rinascita. Il libro “Storie d’azzardo in terapia di gruppo”, curato da Agita, scaricabile gratuitamente

Stefano non è mai entrato in un casinò, né in una sala corse. Non ha giocato la schedina neanche una volta. È un ludopatico atipico: lavora in banca e gioca in borsa. Inconsapevole di confondere il lavoro con se stesso, maneggia un sacco di soldi e prova un brivido nel rischiare considerevoli somme. Dopo un anno di terapia di gruppo, riesce a tirar fuori quella parola, a definirsi per la prima volta “giocatore”. Stefano (il nome è di fantasia) è impulsivo. Emotivamente coinvolto e profondamente toccato dal suicidio del padre e del fratello. La sua esperienza è una delle 17 raccolte nel libro “Storie d’azzardo in terapia di gruppo”. Un lavoro realizzato a due mani da Marinella Cimatoriubus e Rolando De Luca, grazie al sostegno delle Acli di Gorizia, e frutto dell’esperienza di oltre 10 anni dei gruppi terapeutici condotti dal dott. De Luca con Agita, l’associazione per i giocatori d’azzardo e le loro famiglie, di Campoformido.

Testimonianze estrapolate da ottocento verbali di sedute, consultati meticolosamente e sintetizzati in un volume. Una sorta di libro memoriale, che al contempo può diventare un prezioso strumento per chi sta cercando di liberarsi dalla dipendenza dal gioco d’azzardo. È per questo che La Vita Cattolica e Radio Spazio hanno deciso di dare voce al progetto ()

17 storie di cadute e risalite

La moglie di Stefano, seduta al fianco dell’uomo, si fa rimbalzare le parole addosso, con un’espressione assente. Lui, come spesso fa, continua ad incolparla delle sue disavventure. Vorrebbe che lei avesse un atteggiamento diverso. A volte l’ha interpellata come consulente finanziaria, ma si lamenta di aver ricevuto consigli sbagliati. Per lungo tempo Stefano continua ad avere un atteggiamento provocatorio. Sempre defilato, anche nel gruppo di terapia, sembra voler dire «Sono qui, ma con voi io non c’entro». «È tutto preso nell’assegnare le percentuali di colpa per il suo disastro finanziario – si legge nel libro –. Senza tregua, in mille modi cerca giustificazioni». Poi, lentamente, la luce. Oggi, dopo quattro anni di frequenza dei gruppi di terapia, prossimo ormai all’uscita, l’ex giocatore ammette di essere molto cambiato: a cinquant’anni si ritrova con degli obiettivi da raggiungere ben diversi dal passato, quando facili guadagni rappresentavano per lui le uniche mete. Non sarebbe mai arrivato al centro di terapia per sua scelta, ammette. La crescita dei figli, tenuti a lungo all’oscuro dei problemi della famiglia, oggi è per Stefano e la moglie sale di nuova vita.

Anche per Luigi e Raffaella (si tratta sempre di nomi di fantasia) i gruppi di terapia hanno rappresentato un’ancora di salvataggio di fronte a quello che appariva un tunnel senza via d’uscita. «Non riesco ancora a capire come sia bastato entrare nel gruppo», racconta la donna. «Forse qui si trova quella comprensione che ci è negata nel mondo esterno, indifferente a tutto e tutti». La coppia ora sta pensando di avere un figlio, ipotesi che «fino a poco tempo fa sembrava un sogno», riconoscono. E ancora, Roberta e Leonardo, lei caduta in depressione dopo il ritiro dal lavoro, lui rifugiatosi nel gioco. E Michele, Anna, Renata… Storie tutte diverse, che però si intrecciano tra loro nelle spire di vortici di insoddisfazione, ansia, rapporti incrinati. Vite nelle quali, quando forse non lo si credeva nemmeno più possibile, si trova la forza di alzare lo sguardo verso quel flebile e pur presente lumicino di speranza. “Storie d’azzardo in terapia di gruppo” è un libro che, in fondo, «parla a tutti», sostengono De Luca e Cimatoribus. Chi non ha avuto dentro di sé, in un particolare arco della propria vita, un malessere che non riusciva a fugare? Chi non ne riscontra in un proprio familiare o in un amico o un’amica? Per questo gli autori – e noi con loro – invitano a consultarlo «in punta di piedi e senza dare giudizi». Queste cadute, risalite, gli sbagli e i successi, in fondo, potrebbero essere quelli di tutti noi.

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