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Chiesa

Ecco i 3 «comandamenti» per suore e religiosi

Riscoprire Gesù nell’Eucaristia, la fedele invocazione allo Spirito Santo perché ci illumini, la devozione filiale a Maria sono i segreti per una vita consacrata pienamente realizzata e feconda, ha sottolineato l’Arcivescovo mons. Mazzocato

Il vecchio profeta Simeone «ci ricorda che è il consacrato nella Chiesa; è colui che può pregare: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace”. Non ha più nulla da sperare perché ha incontrato Gesù a lui ha consacrato tutto se stesso»: questo il messaggio dell’Arcivescovo di Udine alle suore e ai religiosi convenuti questo pomeriggio, giovedì 2 febbraio, in Cattedrale a Udine per celebrare la Giornata della vita consacrata.« Ma gli occhi della nostra mente e del cuore devono essere aperti alla fede che è dono dello Spirito Santo – ha ammonito l’Arcivescovo – il quale agisce in noi se lo invochiamo costantemente in una fedele preghiera, come Simeone ed Anna nel tempio. E solo Maria ci porta a Gesù, grazie ad una devozione filiale perché ella vive solo di suo Figlio. Tutta la Chiesa in questo tempo ha bisogno di riscoprire questi punti luminosi: Gesù nell’Eucaristia, lo Spirito Santo nella preghiera e Maria, nelle devozione filiale a lei rivolta. Viviamoli noi per essere, poi, testimoni umili e credibili. Realizzeremo la nostra vocazione di consacrati tra i nostri fratelli».

L’omelia del Pastore della Chiesa Udinese ha preso le mosse dalla lettura biblica della Presentazione di Gesù al Tempio, di cui ricorre oggi la festa liturgica. San Luca presenta coloro che nel tempio di Gerusalemme hanno vissuto il momento della Presentazione di Gesù. «Guardiamo, prima di tutto, al vecchio Simeone perché il nostro posto è accanto a lui – ha sottolineato mons. Mazzocato -. Anche noi possiamo confessare come lui: “I miei occhi hanno visto la tua salvezza”. Gesù è stato la salvezza della nostra persona, grazie al battesimo, alla fede in lui e alla comunione profonda con lui creata dalla grazia della consacrazione. Anche noi speriamo, al termine della nostra esistenza terrena, di poter pregare: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza”. La Salvezza per Simeone è Gesù che egli si ritrova tra le braccia. Quel bambino è, ormai, tutto per lui: è la risposta ai lunghi anni di attesa e di preghiera, è la gioia piena per il suo cuore, vale più della sua stessa vita fisica perché la morte non gli fa più paura ora che ha tra le braccia Gesù».

Ma chi porta Gesù a Simeone? San Luca nomina altre due “presenze” indispensabili che permettono l’incontro di salvezza tra Simeone e Gesù. «L’evangelista sottolinea che il vecchio profeta giunse al tempio “mosso dallo Spirito” – ha ricordato l’Arcivescovo -. Quel giorno nel tempio c’erano tante altre persone le quali non fecero neppure caso ai due giovani genitori che portavano il loro figlio da poco nato. Essi videro Gesù ma non lo riconobbero. È lo Spirito Santo che fa la differenza tra loro e Simeone; lo Spirito gli apre gli occhi della mente e del cuore e gli dona la conoscenza della fede per cui riconosce il Salvatore nell’umanità debole di quel bambino».

Gesù, poi, viene posto tra le braccia di Simeone da Maria, la Madre. Luca mostra che «Maria è inseparabile da Gesù: lo ha appena partorito e vivrà totalmente con lui e per lui, condividendo ogni momento della sua missione fin sotto la croce. Glielo profetizza Simeone: quando a Gesù sarebbe stato trapassato il Cuore “anche a te una spada trafiggerà l’anima”. Il vecchio profeta non può incontrare Gesù senza incontrare Maria e solo da lei può ricevere il Salvatore che ha preso la nostra carne per salvarci».

In conclusione, se vogliamo incontrare la Salvezza che Dio ha preparato per la nostra vita, dobbiamo guardare a come l’ha incontrata il vecchio profeta e rinnovare ogni giorno la sua esperienza di fede. «La nostra Salvezza si chiama Gesù, il Figlio amato del Padre che ci viene incontro nella sua carne di uomo che ha assunto perché noi potessimo partecipare realmente alla sua Vita divina. Ogni giorno, il sacerdote consacra il pane e il vino ripetendo le parole di Gesù: “Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi” e “questo è il mio sangue sparso per voi e per tutti in remissione dei peccati”. Ecco Gesù che ci viene incontro con la sua carne e il suo sangue di uomo e noi possiamo, non solo accoglierlo tra le braccia ma mangiarlo come nostro Cibo della Vita eterna. Ma non possiamo riconoscere Gesù nel pane e vino consacrati se lo Spirito Santo non apre alla fede la nostra mente e il nostro cuore. Senza la luce soprannaturale dello Spirito vediamo l’eucaristia con gli occhi del corpo ma non riconosciamo Gesù. Dio sa quanti vivono questa cecità che a volte, forse, minaccia anche noi.

Non possiamo, poi, incontrare Gesù se non ce lo dona Maria perché è inseparabile dal suo Figlio e si giunge a Lui solo attraverso la Madre sua e nostra. Tutti i vostro fondatori si sono distinti per una devozione profonda e filiale a Maria; non poteva essere diversamente perché erano santi e avevano veramente riconosciuto e incontrato Gesù come il Salvatore».

 

Il messaggio dell’Arcivescovo in Cattedrale per la Giornata della vita consacrata

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