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Cronaca

Ghiacciaio del Montasio, 34 metri di spessore in meno rispetto agli anni ‘80

Circa un metro in meno l’anno. Ma il bilancio complessivo è meno negativo rispetto ad altri ghiacciai grazie alle pareti dello Jôf di Montasio che lo proteggono. Il monitoraggio dell’ultima tappa di Carovana dei Ghiacciai di Legambiente. “Il ghiacciaio del Montasio Occidentale è un bell’esempio di resilienza ai cambiamenti climatici”, “quasi un  paradigma di come la natura riesca a reagire alle perturbazioni. Un messaggio di resilienza per noi umani poiché la crisi climatica non è solo una sfida alla sopravvivenza, ma anche una fonte di opportunità e di nuove idee”.

Una riduzione di 34 metri di spessore rispetto agli anni 80’, con una perdita media di almeno un metro l’anno e uno spessore medio che è passato dai 15 metri del 2013 agli attuali dieci metri. Questi, in estrema sintesi, i risultati del monitoraggio effettuato nella sesta ed ultima tappa della Carovana dei Ghiacciai 2020 di Legambiente sul Ghiacciaio occidentale del Montasio, il più basso dei ghiacciai dell’arco alpino. Un bilancio che, tra il 2016 e il 2019 , risulta  comunque meno negativo rispetto alla gran parte dei ghiacciai alpini in virtù delle sovrastanti pareti dello Jôf di Montasio che ombreggiano il ghiacciaio e sono caratterizzate da una conformazione ad imbuto che lo alimentano con accumuli di neve conseguenza di eventi valanghivi.

I risultati del monitoraggio sono stati presentati a Malborghetto Valbruna, nel corso della conferenza stampa alla quale hanno partecipato Vanda Bonardo, responsabile Alpi Legambiente, Marco Giardino, segretario del Comitato glaciologico italiano, Sandro Cargnelutti, presidente Legambiente Friuli-Venezia Giulia, Marco Lepre Legambiente Friuli-Venezia Giulia, Renato Roberto Colucci Comitato glaciologico italiano, Daniele Moro, Ufficio valanghe Friuli-Venezia Giulia, Jessica De Marco, dottoranda di ricerca dell’Università di Udine, Stefano Santi, direttore del parco Prealpi Giulie, Hannes Slamanig, della Regione Carinzia e Massimo Frezzotti, presidente del Comitato Glaciologico italiano in collegamento da Roma

La Carovana dei Ghiacciai è la nuova campagna di Legambiente, realizzata con il supporto del Comitato glaciologico italiano (Cgi), che dal 17 agosto al 4 settembre ha monitorato lo stato di salute dei più importanti ghiacciai alpini per sensibilizzare le persone sugli effetti che i cambiamenti climatici stanno avendo sull’ambiente glaciale alpino.

“Il ghiacciaio del Montasio Occidentale, osservato nell’ultima tappa di Carovana  è un bel esempio di resilienza ai cambiamenti climatici – ha dichiarato Vanda Bonardo  responsabile Alpi Legambiente -. È il ghiacciaio più basso in quota delle Alpi tuttavia, seppur in sofferenza, riesce a sopravvivere agli aumenti di temperatura. Il Montasio,  reso forte dalla sua particolare collocazione spaziale, con le pareti che lo proteggono dalla radiazione solare diretta è quasi un paradigma di come la natura riesca a reagire alle perturbazioni. In questo senso assume un valore simbolico, un messaggio di resilienza per noi umani poiché la crisi climatica non è solo una sfida alla sopravvivenza, ma anche una fonte di opportunità e di nuove idee. Richiama l’attenzione alle questioni specifiche delle Alpi e dell’intero Paese su aspetti riguardanti: risorse, competenze, beni comuni, ecosistemi  con la loro adattabilità e la loro capacità di ripristino. Nuove e vecchie potenzialità su cui tutti quanti siamo chiamati a lavorare”.

Il Ghiacciaio occidentale del Montasio, con la quota media di 1910 metri sul livello del mare, è il più basso dell’arco alpino. Secondo i dati discussi durante il sopralluogo effettuato con gli operatori glaciologici guidati da Federico Cazorzi dell’Università di Udine, attualmente il ghiacciaio copre un’area di circa sette ettari, con un volume stimabile in un milione di metri cubi. Storicamente era ritenuto un nevaio o un glacionevato ma, attorno al 1920, gli studi di Ardito Desio (eminente geologo e glaciologo di origini friulane)  riconobbero la sua reale natura di ghiacciaio, che permane tuttora, come dimostrano i recenti rilevamenti. Essi sono  utili a determinare le variazioni di volume, di forma della superficie (apertura di crepacci) e di spostamento della massa glaciale. Il movimento misurato su diversi blocchi rocciosi, utilizzati come capisaldi di riferimento, risulta essere in media di  8 cm all’anno.

Le sovrastanti pareti dello Jôf di Montasio sono caratterizzate da una conformazione ad imbuto che favorisce un notevole accumulo di neve da valanga, rendendo il Montasio un ghiacciaio ad alimentazione prettamente valanghiva. Infatti non è infrequente osservare consistenti  accumuli di neve da valanga conservati fino a fine stagione, mentre nei sopralluoghi primaverili  hanno raggiunto anche 12 metri.

Davanti al ghiacciaio in caso di assenza di copertura nevosa sono visibili tre profonde incisioni nella morena principale, una ad est e due ad ovest, generate dall’erosione causata dalle acque di pioggia e di fusione. La parete nord dello Jôf di Montasio ombreggia il ghiacciaio nelle ore estive più calde del giorno, proteggendolo dalla radiazione diretta e dando origine allo strato di detrito di copertura della zona basale del ghiacciaio che funge da isolante termico.

Rilievi eseguiti tra il 2006 e il 2019 hanno evidenziato come, proprio grazie a queste caratteristiche, il ghiacciaio abbia avuto un bilancio meno negativo rispetto a gran parte dei ghiacciai alpini, nonostante la quota estremamente bassa.

Rispetto agli anni 80’ è possibile osservare una notevole perdita di spessore pari a 34 metri, in media, almeno 1 metro all’anno. Attraverso i rilievi del georadar del 2013 si è misurato uno spessore medio del ghiacciaio pari a 15 m, attualmente ridotto a 10 m.

Renato R. Colucci, ricercatore del CNR e membro del Comitato Glaciologico Italiano, ha spiegato come la superfice glaciale delle Alpi Giulie (tra Slovenia e Italia) si sia ridotta dell’85 % mentre la massa glaciale totale abbia perso in volume il 96% negli ultimi 150 anni circa. I 23 residui piccoli corpi glaciali delle Alpi Giulie rappresentano però un eccellente esempio di resilienza al cambiamento climatico. Le già abbondanti precipitazioni (le Alpi Giulie registrano le più abbondanti precipitazioni di tutte le Alpi) sono influenzate da eventi estremi che in alcune annate hanno portato nevicate eccezionali in quota in grado, per ora, di controbilanciare estati sempre più lunghe e sempre più calde.

Durante la conferenza stampa è stato ricordato che dal marzo 2019 i tre Parchi del Triglav, Prealpi Giulie e del Dobratsch e tre organizzazioni non governative, Legambiente FVG, CIPRA Slovenia e Club Tre Popoli Carinzia, lavorano insieme su alcuni importanti obiettivi: una riserva comune della biosfera contigua tra Austria, Italia e Slovenia, un modello per un programma Europeo integrato nei tre paesi sugli stessi temi e la promozione, sul territorio transfrontaliero, del volontariato giovanile sui temi della pace e della tutela della biodiversità.

Legambiente Friuli Venezia Giulia, ha chiesto che le istituzioni siano coerenti con la necessità di rendere più resilienti i territori agli effetti dei cambiamenti climatici  e promuovere uno sviluppo che non sia effimero, costoso e insostenibile nel tempo . Nello specifico l’associazione chiede ha chiesto a Promotur di non procedere con la realizzazione di impianti di sci che scendono alla quota di 800 metri, iniziativa che in nessun luogo sulle Alpi è oggi, pur tardivamente, presa in considerazione.

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