Il ministro degli Esteri Gentiloni ha immediatamente richiamato l'ambasciatore
Regeni, fallisce il vertice, crisi Italia-Egitto
Delusione. Fallimento. Questi i sentimenti degli investigatori italiani al termine della due giorni di confronto a Roma con gli inquirenti egiziani sul caso di Giulio Regeni. Mancano i dati fondamentali per sviluppare le indagini. E ora i rapporti con il Paese delle piramidi si fanno molto tesi. L'ambasciatore Massari a Roma per consultazioni urgenti

Il vertice tra italiani ed egiziani sul caso Regeni si è sostanzialmente risolto in un fallimento ed ora la collaborazione tra le autorità giudiziarie dei due paesi può considerarsi di fatto interrotta. E' quanto si apprende in ambienti giudiziari di piazzale Clodio. Delusi inquirenti ed investigatori che non hanno ottenuto quanto richiesto agli omologhi egiziani. Il Ministro degli Affari Esteri, Paolo Gentiloni, ha disposto il richiamo a Roma per consultazioni dell'Ambasciatore al Cairo Maurizio Massari. La decisione fa seguito agli sviluppi delle indagini sul caso Regeni e in particolare alle riunioni svoltesi a Roma ieri e oggi tra i team investigativi italiano ed egiziano. In base a tali sviluppi - comunica la Farnesina - si rende necessaria una valutazione urgente delle iniziative più opportune per rilanciare l'impegno volto ad accertare la verità sul barbaro omicidio di Regeni.
Dossier deludente
Un dossier "di pochissime pagine", un pacco di documenti che, in parte, erano già noti o erano già stati consegnati all'Italia, nessun atto giudiziario che potesse soddisfare le richieste fondamentali avanzate dagli investigatori e dagli inquirenti. Sono questi i motivi, secondo quanto si apprende da fonti qualificate, alla base del fallimento del vertice tra gli investigatori e gli inquirenti di Roma e del Cairo. Già ieri l'Italia aveva fatto trapelare tutta la sua delusione di fronte ai primi documenti portati dalla delegazione egiziana, ma prima di chiudere ogni tipo di dialogo si è voluto attendere la seconda giornata, con la speranza che l'Egitto cambiasse atteggiamento. "Ci sono state differenze molto forti - racconta una fonte che ha partecipato al vertice - siamo arrivati con diversi traduttori per poter metterci subito al lavoro sui documenti, ma non c'è stato bisogno. Nel dossier c'erano pochissime carte, molte delle quali già conosciute, altro che duemila pagine". "Sono stati consegnati alle autorità italiane - è detto nel comunicato - i tabulati telefonici delle utenze egiziane in uso a due amici italiani di Giulio Regeni presenti a Il Cairo nel Gennaio scorso, la relazione di sopralluogo, con allegate foto del ritrovamento del corpo di Giulio Regeni, una nota ove si riferisce che gli organizzatori della riunione sindacale tenuta a Il Cairo l'11 dicembre 2015, cui ha partecipato Giulio Regeni, hanno comunicato che non sono state effettuate registrazioni video ufficiali dell'incontro". Tutti elementi che la Procura non ha giudicato sufficienti. La delusione della delegazione italiana che ha preso parte alla due giorni di confronto è legata dalla mancata consegna, tra l'altro, dei tabulati telefonici di una decina di utenze riconducibili ad altrettanti cittadini egiziani. Inoltre, secondo quanto si apprende , non sono state consegnate anche le richieste "relative al traffico di celle. Tra gli atti sollecitati e non consegnati alla delegazione italiana anche i video delle telecamere a circuito chiuso delle stazioni della metropolitana in cui Regeni doveva transitare il 25 gennaio scorso". Tutti elementi ritenuti indispensabili dalla Procura di Roma. "I magistrati della Procura Generale egiziana hanno riferito le circostanze attraverso le quali sono stati rinvenuti i documenti di Regeni e che solo al termine delle indagini sarà possibile stabilire il ruolo che la banda criminale, coinvolta nei fatti del 24 marzo 2016, abbia avuto nella morte del ragazzo". E' quanto si legge nel comunicato. "La Procura di Roma ha ribadito il convincimento che non vi sono elementi del coinvolgimento diretto della banda criminale nelle torture e nella morte di Giulio Regeni", precisa la nota. Sul caso Regeni comunque le delegazioni italiana ed egiziana hanno ribadito "la determinazione - si legge nel comunicato di piazzale Clodio - nell'individuare e assicurare alla giustizia i responsabili di quanto accaduto, chiunque essi siano; è stato confermato che, per questa ragione, nessuna pista investigativa è esclusa". "Nel corso dell'incontro - prosegue la nota - la delegazione italiana ha riferito alle autorità de Il Cairo, consegnando integralmente la relativa documentazione, quanto emerso dagli accertamenti autoptici effettuati in Italia, il contenuto del materiale informatico recuperato dal personal computer di Giulio Regeni nonché i risultati dell'elaborazione effettuata sui dati contenuti sui tabulati dell'utenza telefonica egiziana in uso a Giulio Regeni, consegnati alla Procura di Roma durante l'incontro a Il Cairo il 14 marzo scorso".
Grande delusione a Fiumicello
La famiglia Regeni "prende atto con amarezza del fallimento del vertice tra le autorità giudiziarie italiane e quelle egiziane" ed "esprime soddisfazione per la decisione del ministro Gentiloni di richiamare in Italia l'ambasciatore Massari". "Siamo certi - affermano i genitori di Giulio - che le nostre istituzioni e tutti coloro che stanno combattendo al nostro fianco questa battaglia di giustizia non si fermeranno fino a quando non otterranno verità'"."Avevamo una speranza, ora non siamo nemmeno a zero, siamo a prima di zero". E' l'amaro commento di un amico della famiglia Regeni, Bruno Lasca, all' esito del vertice tra i team investigativi egiziano e italiano. "Anche se con cautela, eravamo animati da una speranza da questo importante incontro, invece ora ... Sono passati due mesi e mezzo, alcuni elementi avrebbero dovuto essere stati acquisiti", ha proseguito Lasca, ricordando che quello di richiamare a Roma per consultazioni l'Ambasciatore al Cairo, è un provvedimento che corrisponde a "quel passo del governo italiano che la famiglia aveva chiesto".
Serracchiani: "L'Egitto non giochi a rimpiattino"
"Questo è uno di quei casi in cui rispetto della vita umana, esigenza di verità e onore del Paese sono intrecciati fino a identificarsi. Richiamare l'ambasciatore non era un'opzione ma un atto doveroso". Lo ha affermato la presidente del Friuli-Venezia Giulia Debora Serracchiani, dopo che la collaborazione delle autorità egiziane è stata valutata insufficiente ai fini delle indagini sull'assassinio di Giulio Regeni. "La determinazione che l'Italia sta mostrando è pari all'insoddisfazione totale per un comportamento delle autorità egiziane dai contorni sempre più sconcertanti. Non si comprende infatti come abbiano potuto pensare di venire in Italia a raccontare una versione già del tutto screditata". Per Serracchiani "non sarebbe tollerabile, a cominciare dalla famiglia cui rinnoviamo piena solidarietà e vicinanza, se qualcuno in Egitto pensasse di iniziare un tragico gioco a rimpiattino con i nostri inquirenti".
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