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Cultura

«Maestri» a Illegio

40 opere, tra le quali un Picasso e “L’educazione di cupido” di Joshua Reynolds (foto).

Sarà una mostra di capolavori, intuizioni, emozioni, simboli, di quelle che si visitano uscendone non solo consolati per tanta bellezza ma aiutati a pensare e a vivere. Aprirà i battenti domenica 12 maggio, a Illegio, la mostra «Maestri», ospitata come di consueto nel piccolo e delizioso borgo alpino che in queste settimane è un cantiere di bellezza.

40 le opere che quest’anno, fino al 6 ottobre, sarà possibile ammirare: opere come sempre di provenienza internazionale (8 dalla Francia, 19 dall’Italia, 1 dalla Spagna, 1 dalla Svizzera, 9 dall’UK e 2 dal Vaticano), che mettono in scena un racconto esteso per quasi un millennio di storia dell’arte, dall’opera più antica che riconduce al 1145 fino a quella a noi più vicina nel tempo, del 1968.

All’avvicinarsi della nuova mostra illegiana voluta dall’associazione “Comitato di San Floriano” – oltre 400mila persone in questi anni hanno visitato il paese e le sue mostre annuali, come racconta proprio in questi giorni il film in uscita nelle sale cinematografiche italiane «Dieç. Il miracolo di Illegio», appena presentato in Vaticano e in Senato –, il curatore della mostra, don Alessio Geretti, introduce al cuore del messaggio e al valore della mostra «Maestri» svelando in anteprima i principali punti di forza della mostra e alcune opere scelte simbolicamente tra tutte quelle che stanno raggiungendo la località della Carnia dalle 30 sedi d’origine.

«Un primo punto di forza della mostra – spiega il curatore – sarà nell’alta qualità delle opere proposte, alcune delle quali inedite per l’ambito italiano, e nelle firme prestigiose della storia dell’arte che sarà possibile ammirare, quattro in particolare nell’Empireo della pittura di tutti i tempi: per anticipare un nome, al momento, scelgo di indicare quello di un grande maestro, Pablo Picasso, che, nel caso dell’opera esposta ad Illegio ha voluto dipingere traendo ispirazione da un maestro straordinario del passato. Scopriremo in mostra questa storia di bellezza e di connessione tra maestri».

«La mostra di Illegio – continua don Alessio – presenterà poi tre casi misteriosi e affascinanti, tutti ancora da studiare; mentre uno di essi riguarda un’opera ben nota da cinquecento anni, ma che ancora accende il dibattito sul suo autore – un maestro fra i più importanti di tutti i tempi –, un secondo caso è un’opera del tutto inedita di evidente e stretta connessione a Giovanni Bellini, mentre un terzo caso, oltre ad essere un dipinto meraviglioso, sembra davvero costituire una scoperta interessantissima e perciò è in questi giorni ancora oggetto di analisi scientifiche approfondite che la mostra presenterà, attirando senza dubbio l’attenzione di studiosi internazionali; di più, per ora, non posso dire».

Fra le quaranta opere attese ad Illegio, il curatore indica ora quattro dipinti per anticipare il pensiero e il brivido che questa esposizione donerà: una corrisponde al primo capitolo del racconto della mostra, dedicato a maestri e insegnanti dalla scuola dell’infanzia fino all’università, ed è di Henri Jean Jules Geoffroy; una riguarda il secondo capitolo, centrato sui maestri artisti e sui discepoli in botteghe d’arte, ed è di Sir Joshua Reynolds; una rappresenta il terzo tempo del racconto, che riconduce ai grandi maestri del pensiero e delle religioni, ed è opera di Jules Bastien Lepage; la quarta rappresenta il tema finale della mostra, Gesù come maestro, ed è di Vittorio Bonatti.

«L’opera di Geoffroy, “La scuola materna”, del 1898 – spiega don Alessio –, è stata scelta come immagine simbolo della mostra stessa, viene dal Centre National des Arts Plastiques di Parigi e coglie l’opera di amore per il sapere e di amorevolezza per l’essere umano che ogni maestro e maestra degni di questo nome incarnano nella loro figura e nella loro missione. Impossibile non rimanere avvinti dalla dolcezza del gesto che l’educatrice rivolge alla bimba verso cui si china, mentre ogni bambino in quel quadro è un mondo a sé ed ha la forza di rievocare in noi mille vissuti mai cancellati dalla nostra memoria».

«Dall’UK, dalla Beecroft Art Gallery di Southend-on-Sea, giunge invece la tela che Joshua Reynolds dipinse probabilmente nel 1751, studiando di avvicinarsi perfettamente, nel tempo del suo giovanile soggiorno romano, ad un soggetto incantevole realizzato da Tiziano, “L’educazione di Cupido”, che ci mette non solo davanti al fatto che ogni maestro d’arte è divenuto tale grazie ad altri maestri e allo studio dei grandi maestri di sempre, ma anche all’importanza che il tema dei maestri e dell’educazione ha in quel formidabile repertorio di messaggi e di simboli cardinali nella cultura occidentale che è la mitologia classica».

Il curatore poi presenta la figura intensa e suggestiva di “Diogene”, dipinto nel 1877 con una forza ipnotica da Lepage sulla tela inviata ad Illegio dal Musée Marmottan Monet di Parigi. «Questo dipinto è una meditazione sulle condizioni interiori di amore per la verità, umiltà, passione e sacrificio che sono richieste a un vero maestro per poter

portare un po’ di luce ad altri; un quadro, quello di Lepage, che certamente dà forma visibile alla tensione spirituale di alcune coscienze critiche collocate in un mondo europeo già straziato da conflitti sanguinosi e avviato sulla strada delle follie collettive che nel Novecento lo devasteranno».

Infine don Alessio ricorda un’opera religiosissima e sociale al tempo stesso: «Nella grande tela proveniente dall’Accademia di Belle Arti di Brera, “L’animatore”, dipinta da Bonatti nel 1920, Cristo cammina avanti a tutti, a una moltitudine che non può non ricordare il di poco precedente Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, con la capacità però, rispetto a quello, di coniugare insieme uno sguardo attento alle classi povere della società dell’epoca con la portata di promozione umana e di riscatto terreno che la fedeltà a Cristo comporta, insieme ad un orizzonte aperto al trascendente e al senso religioso, come era stato messo in chiara luce dalla prima enciclica sociale della Chiesa, la Rerum Novarum di Leone XIII nel 1891».

Certamente, un ulteriore punto di forza della mostra “Maestri” che è in preparazione ad Illegio è costituito proprio dal tema prescelto per l’esposizione. «Ognuno di noi nella sua vita», spiega don Alessio, «ha incontrato dei maestri, che hanno lasciato in noi un segno incancellabile e hanno piantato nella nostra memoria una fiaccola che resta accesa anche noi momenti di grande buio; senza l’incontro con queste persone, non saremmo quello che siamo. Ognuno di noi, peraltro, nella sua vita ha a propria volta la possibilità, ed anche il dovere, di essere – pur senza presunzione – maestro per qualcun altro, che ci è stato affidato o che si affianca a noi, al quale trasmettere quel che abbiamo imparato non solo nel campo delle nostre attività ma anche più in generale: un vero maestro insegna a vivere! Non esiste comunità né disciplina né mestiere né arte e nemmeno alcun cammino spirituale verso Dio senza i suoi maestri e i suoi discepoli, senza chi trasmette e accompagna e chi apprende, senza una grande passione per il sapere e per la pazienza richiesta dall’acquisizione della competenza. L’onore dovuto ai maestri e allo studio è una questione di sapienza lungimirante e di stile corretto, che nella nostra epoca a rischio di nuova barbarie ci sembra urgente recuperare».

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