
Commento al Vangelo dell’11 maggio 2025,
IV domenica di Pasqua
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 10, 27-30
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Parola del Signore.
A cura di don Bernard Emmanuel Appiah
Nel capitolo 10 del Vangelo di Giovanni, da cui è tratto il brano di questa domenica, Gesù parla di sé come del buon pastore che dà la vita per le sue pecore. Gesù è il buon pastore che è stato disposto a dare la sua vita terrena perché tutti noi potessimo avere la vita piena, la vita eterna.
I pastori di Israele portavano sulle loro spalle le pecore smarrite e vulnerabili fino alla sicurezza dell’ovile. Gesù vede nel lavoro di questi pastori l’immagine del suo stesso ministero: condurre gli altri alla vita in abbondanza.
È comprensibile perché questa immagine di Gesù buon pastore piacesse ai membri della Chiesa primitiva, che in quei primi secoli devono essersi sentiti spesso come pecore smarrite e vulnerabili, circondate da lupi minacciosi pronti a divorarle. In effetti, a metà del III secolo vi fu una persecuzione della Chiesa in tutto l’Impero. Ma come parlava ai membri della Chiesa primitiva nei primi secoli, l’immagine di Gesù buon pastore continua a parlare a noi ancora oggi. Come quei primi cristiani, anche noi possiamo talvolta sentire che la nostra identità di seguaci di Gesù è minacciata. La nostra fede può sentirsi minata da forze di vario genere che le sono ostili o comunque non la sostengono. Forse non stiamo attraversando un periodo di persecuzione, almeno in questa parte del mondo, ma in modi più sottili possiamo sentire la nostra fede minata. In questi momenti, abbiamo bisogno di trarre forza dalla fede degli altri. In altre parole, abbiamo bisogno della comunità di fede, la Chiesa.
Questa domenica è dedicata alla preghiera per le vocazioni. La nostra vocazione battesimale fondamentale è quella di appartenere al grande raduno della Chiesa e di lasciare che la nostra fede si nutra lì, perché è soprattutto nella Chiesa che incontriamo il buon pastore che viaggia con il suo gregge lungo i sentieri del tempo. È lì che possiamo meglio discernere la chiamata molto personale che egli rivolge a ciascuno di noi e trovare la forza di viverla.
Gesù dice ancora dei suoi seguaci, “…e nessuno può strapparle dalla mano del Padre”. Il buon pastore che ha dato la sua vita per noi ora, come Signore risorto, continua a proteggerci e a difenderci da tutte quelle forze che vorrebbero rubarci a lui.
Sì, molte cose sono pronte a strapparci al Signore e alla sua comunità di discepoli, ma lui è sempre all’opera per evitare che ciò accada. Il Signore ci protegge e non ci lascia andare facilmente. Dice il salmista, “egli ci ha fatti e noi siamo suoi”. Quando ci allontaniamo da lui, egli ci cerca sempre per riportarci a casa. Non si può dubitare dell’investimento del Signore su di noi. L’unica cosa che ci chiede è di rispondere alla sua chiamata. E come ci ricorda il vangelo, possiamo farlo solo ascoltando la sua voce e cercando di seguire la sua guida.
Bernard Emmanuel Appiah