L’oramai tradizionale Festa dei Colori si svolgerà domenica 21 settembre, a partire dalle ore 15.30, nell’Oratorio della Parrocchia della Beata Vergine del Carmine, a Udine (ingresso da via Aquileia 82). Giovani, adulti, famiglie, bambini appartenenti ad etnie diverse (quest’anno partecipano Brasile, Cina, Filippine, Ghana, India, Italia, Perù, Romania e Ucraina) sono chiamati a condividere qualche aspetto delle proprie tradizioni e della propria cultura, proponendo giochi, fiabe, musiche e balli tradizionali. Saranno offerti anche assaggi di cibi tipici, spiegandone la preparazione e le modalità di consumazione. La Festa culminerà con un canto finale cui si uniranno tutti gli intervenuti.
Una particolare attenzione è rivolta ai bambini, ai quali sono dedicati i giochi e le fiabe, nella convinzione che, spiega il parroco don Giancarlo Brianti, «è a partire dalle giovani generazioni che si può sperare di costruire città e società più accoglienti».
Apertura della Settimana dei migranti
Quest’anno l’evento è inserito, quale momento di apertura, nel programma diocesano della Settimana dedicata ai migranti, che culminerà domenica 28 settembre con una celebrazione alla Basilica delle Grazie.
Da varie edizioni alla Festa è abbinata anche una mostra fotografica, che quest’anno sarà sul tema “I mille colori del lavoro”. Oltre una quarantina di foto, corredate da didascalie, attraverso le quali i gruppi partecipanti alla Festa intendono far conoscere il proprio Paese tramite alcune espressioni del lavoro umano, talvolta testimonianza anche della fatica dell’emigrazione o del dramma dello sfruttamento. La mostra verrà inaugurata sabato 20 settembre alle 12 nel chiostro del Carmine e rimarrà aperta tutte le mattine da domenica 21 a domenica 28 settembre.
«Quella dei Colori – prosegue don Brianti – è una bella e significativa festa dove l’altro diventa incontro, conoscenza, amicizia. Si inserisce nel percorso che la parrocchia del Carmine sta facendo da anni per l’integrazione di persone e famiglie che provengono da Paesi diversi. Molti di essi sono diventati ormai cittadini italiani. Non sono ancora superati in città e nel quartiere che abitiamo – il cosiddetto “borgo stazione” o secondo il politicamente corretto “quartiere delle magnolie” – il pregiudizio e la discriminazione, in particolare per il colore della pelle, verso chi viene da altri Paesi, cavalcato da forze politiche in cerca di consenso elettorale. Questa iniziativa vuole tessere la tela sociale del quartiere con la più alta percentuale di stranieri in città, perché si possa vivere in armonia arricchendosi vicendevolmente per costruire, nella porzione di terra che abitiamo, un mondo più umano e solidale».
«È bello mostrare agli altri le nostre abitudini e i nostri sapori»
«È bello mostrare agli altri le nostre abitudini e i nostri sapori», afferma Ijan Ma-Mitche, giunta qui dalle Filippine venticinque anni fa, spostasi con un friulano di cui ora è vedova. «Faremo due balli della nostra terra e due canti e poi faremo assaggiare alcuni nostri cibi: una torta di riso, un risotto liquido, pollo e suino con salsa di soia e un “ninin” di limone», aggiunge Ijan, che il friulano ormai lo parla bene. «Quasi il 90% di noi – prosegue – è cattolico e come gruppo partecipiamo anche ad alcune celebrazioni, come quella per il Beato Odorico».
Gloria Batlome, invece, è ghanese. «Ora ho 17 anni, ma vivo a Udine da quando ne avevo 5», racconta in un perfetto italiano. «Al Carmine ho fatto la Cresima. È una bella comunità. Alla Festa dei Colori canteremo, ma anche spiegheremo il significato degli abiti che indosseremo e i colori della nostra bandiera. È un evento che ci permette di far capire agli altri cos’è per noi la nostra cultura e, nello stesso tempo, conoscere quella degli altri. Ne parlavo proprio oggi con una mia compagna di scuola: in questo momento di confusione e guerre, è bello vedere un momento di incontro come questo». E come si vive in Borgo Stazione? «Beh, certo si potrebbe vivere più tranquillamente. Però, dai: ci sta», risponde Gloria con un’espressione tipica dei ragazzi della sua età.
Don Brianti: «Moltiplicare iniziative di questo genere»
«Nella Festa – aggiunge don Brianti – dietro i colori diversi di volti, storie e vissuti si scopre l’umano che ci accomuna. Si impara l’arte del buon vicinato che rassicura, che rende desiderabile la convivenza dei molti e dei diversi per lingua, cultura, colore della pelle, credo religioso. L’integrazione è un valore aggiunto nella società multietnica e multireligiosa dei nostri tempi, per il cristiano uno di quei segni dei tempi che la chiesa del Concilio Vaticano II indica come segni del disegno di Dio nella storia degli uomini, da riconoscere e nei quali impegnarsi».
Un evento la Festa dei Colori sul cui esempio il Comune ne potrebbe organizzare altri nel quartiere, auspica il parroco, «coinvolgendo volontari e associazioni, la parrocchia, gli scout, ad esempio utilizzando il cortile della scuola Dante, ora in ristrutturazione, magari facendovi un cinema all’aperto d’estate, come avviene in altre zone della città».