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Chiesa

In preghiera per le persone detenute, le loro famiglie e per i morti in carcere

Nella cappella della comunità dei Padri Vincenziani di Udine, in via Marangoni, si è rinnovato oggi il mensile appuntamento di preghiera dedicato ai fratelli detenuti e alle loro famiglie, un gesto di vicinanza e speranza in questo Anno Giubilare promosso dall’Arcidiocesi e dalla Cappellania penitenziaria. La celebrazione eucaristica è stata presieduta da mons. Angelo Zanello, parroco di Tolmezzo – la cui Parrocchia include la locale casa circondariale – che ha accolto l’invito di padre Claudio Santangelo, cappellano del carcere di Tolmezzo.

P. Claudio Santangelo

All’inizio della liturgia, arricchita nel finale da un momento di adorazione eucaristica, parte Santangelo ha espresso la sua gratitudine a mons. Zanello per la disponibilità e ha rivolto un pensiero commosso alle vittime dei numerosi suicidi che hanno segnato le carceri italiane in questo inizio d’anno, già una trentina, sottolineando come la Santa Messa fosse offerta anche in loro suffragio.

L’omelia: «Nutrire le pecore affamate di amore e verità»

Mons. Angelo Zanello

Particolarmente intensa e ricca di spunti di riflessione è stata l’omelia di mons. Angelo Zanello. Muovendo dal Vangelo del giorno, che presenta Gesù come il “Buon Pastore sulla terra”, il presule ha citato un grande scrittore per poi attualizzarne il monito: «Le pecore affamate alzano la testa e non vengono nutrite». Un’esortazione rivolta ai pastori di ogni tempo, ma che oggi risuona con particolare urgenza.
«Preghiamo – ha invocato mons. Zanello – Signore, dona il tuo nutrimento a queste pecore affamate di amore, di verità, di volontà. Offri loro quella finezza di vita che hanno cercato anche attraversando il dolore, i fallimenti, l’estremo smarrimento». Un nutrimento che giunge, ha proseguito il sacerdote, dall’offerta del sacrificio di Cristo e dalla preghiera della comunità.

Riferendosi al Salmo meditato durante la celebrazione, mons. Zanello ha evidenziato la figura del «vero Pastore che illumina, guida, ridona speranza, che ci riconduce sempre al volto tenero di Dio, il volto del Padre». Una consolazione profonda per le «anime assetate di Consolazione» che possono contemplare un Padre così, il Padre di Gesù Cristo, nella certezza che un giorno potranno vederne il volto misericordioso.

Il Vangelo odierno, ha ricordato mons. Zanello, proclama con forza: “Io sono il Buon Pastore”. È Gesù, la cui vocazione “rischiosa” implica il dono della vita, offerta in piena libertà per la salvezza dell’umanità. La sua unica preoccupazione è «custodirci, salvarci, condurci alla vita».

L’esempio di Papa Francesco e la centralità della misericordia

Mons. Zanello ha poi richiamato l’esempio vivo di Papa Francesco, un “Buon Pastore” che va alla ricerca delle pecore ferite e smarrite, ricordando come le opere di misericordia debbano essere al centro della vita e della testimonianza cristiana: “Ero carcerato e siete venuti a trovarmi”. Il Pastore buono, ha sottolineato, raggiunge i luoghi più nascosti della condizione umana per ricordare a chi si sente dimenticato di non esserlo. «I più abbandonati sono al centro del cuore di Cristo. E se stanno al centro del suo cuore, allora anche ciascuno di noi vi sta».

«Io sto a cuore al Signore Gesù. Tu stai a cuore al Signore Gesù. Accogli questa certezza», ha esortato mons. Zanello, invitando a meditare e amare questa verità profonda. «Gesù ti conosce profondamente, molto più di quanto tu conosca te stesso». Un amore incondizionato che non dipende dal valore attribuito dal mondo, ma che abbraccia ogni aspetto dell’essere umano.

Riprendendo una riflessione sulle difficoltà nel percorso di fede con le famiglie condivisa da don Alessio Geretti, che presta servizio in Carnia al suo fianco, mons. Zanell ha tratto un insegnamento di speranza: «Guarda avanti. Non restare fermo a ciò che non c’è più. Lavora con chi c’è, anche se fossero pochi». L’esempio di Gesù con i suoi pochi apostoli è illuminante: il Signore non chiede numeri, ma fedeltà. La via indicata è dunque quella di «abitare con amore il presente, anche se imperfetto, e valorizzare ogni disponibilità, ogni apertura, perché proprio lì, anche nei frammenti, lo Spirito può operare». Una certezza che infonde forza per affrontare ogni fatica e sfida: «Siamo amati, così come siamo».

Un amore universale che chiama a non ostacolare l’opera di Dio, ma a collaborare con Lui, in questo «tempo di fede, tempo di Spirito, tempo di nuova vita».

In conclusione, in vista della festa della Madonna di Fatima, mons. Zanello ha invitato a riflettere sull’esempio dei tre pastorelli e a chiedersi cosa si è disposti a offrire per la salvezza degli altri, affidandosi all’intercessione di Maria.

Bruno Temil

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