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Senza comunità non c’è futuro. Le ricette dell’Università di Udine su sanità, demografia, sviluppo

Nel 2050 in Friuli-V.G. ci saranno 50 mila residenti in meno secondo gli scenari più ottimistici, 100 mila per quelli pessimistici. Quale futuro per la nostra regione nella sanità, nello sviluppo economico? Su cosa puntare? In un libro pubblicato dal Cantiere Friuli dell’Università di Udine (edito da Forum) l’Ateneo friulano indica la via. «Il Friuli deve confrontarsi con nuovi problemi. Le idee ci sono. Tuttavia è necessario prima di tutto ritrovare i “fondamentali” dell’essere friulani, ovvero puntare di nuovo sul costruire relazioni. E poi interrogarsi su quale modello di sviluppo valorizzare». Ad affermarlo è stato Mauro Pascolini, responsabile del progetto Cantiere Friuli dell’Università di Udine, in occasione della presentazione del volume, lo scorso venerdì 13 giugno, nella sede della Regione a Udine.

Sull’ultimo numero della Vita Cattolica, in edicola questa settimana, due pagine analizzano i contenuti del libro.

Fornasin: «Dovremo rassegnarci ad essere di meno»

A fornire i dati sulla demografia è il docente Alessio Fornasin. «Credo che dovremo rassegnarci ad essere di meno» ha affermato il demografo alla presentazione del libro. Ciò non toglie che sia necessario adottare politiche per mitigare questo fenomeno, come hanno fatto Germania e Francia, dove il tasso di fecondità è rispettivamente all’1,8 e all’1,6. «Nelle politiche – ha aggiunto Fornasin – l’ambito territoriale dev’essere ampio, possibilmente europeo». L’altra leva è l’immigrazione, l’unica che per il momento sta rallentando il calo demografico, la quale, però, purtroppo è composta per lo più «da giovani senza qualifiche né titoli di studio», a fronte dei tanti laureati friulani che se ne vanno.
Resta il fatto, tuttavia, che il calo di popolazione è ineluttabile. Dunque? «Dovremo trovare soluzioni a tale crisi», ha risposto Fornasin.

Brusaferro: «Rafforzare le reti sociali»

Come? La risposta, riferendosi alla gestione della Sanità pubblica, l’ha data Silvio Brusaferro, docente di Igiene all’Università di Udine e già presidente dell’Istituto superiore di Sanità durante la crisi del Covid. «Quello della solitudine – ha messo in guardia l’ex presidente dell’Issr – è un problema devastante. Nel mondo, nei prossimi anni le persone sole arriveranno a 10 milioni e mezzo rispetto agli attuali 9 milioni. Nessun sistema sociosanitario – e neppure assicurativo – può reggere una situazione simile». L’unica risposta, allora, è «basare il sistema sanitario sul principio della prossimità, a partire dalle comunità locali». E nel saggio pubblicato nel volume precisa: «Abbiamo bisogno di relazioni per vivere bene, da qui la necessità di promuovere le reti sociali che hanno un respiro più ampio anche se sinergico con le case di comunità, elemento cardine della riforma in atto sull’assistenza territoriale».

Molti altri i temi affrontati nel libro del Cantiere Friuli e analizzati nello speciale di Vita Cattolica, da quello del turismo, secondo Cristiana Compagno «settore divenuto trainante», ma che ha bisogno di «mangerialità», a quello della montagna, a proposito della quale Andrea Zannini evidenzia: «Lo sci invernale è di fatto un’industria pubblica, finanziata con fondi regionali, dujnque ha un impato  considerevole sulle tasche dei cittadini». Di qui la necessitàdi una «riconsiderazione in termini di rapporto costi-benefici, non esclusivamente economici, degli investimenti pubblici e della direzione che vuole intraprendere il turismo invernale: bisogna, cioè, mettere a bilancio un cambio di rotta verso modalità differenti di frequentazione della montagna innevata, più rispettose dell’ambiente». Un cambio di passo che dovrà essere «progressivo e misto, tenendo contemporaneamente aperta per l’economia di montagna l’industria della neve».

 

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