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L’Arcivescovo: «La comunione è il nostro punto di forza»

Celebrare i Santi Patroni Ermacora e Fortunato? «È ritornare alle radici della fede in Gesù Cristo, nostro Salvatore, che ci è stata trasmessa nel corso dei secoli. Ma farlo restando aperti al futuro». Così l’arcivescovo mons. Riccardo Lamba guarda alla solennità dei Patroni della Chiesa udinese, che a partire dalla sera di venerdì 11 e fino a sabato 12 luglio saranno celebrati con solennità. Proprio in vista delle celebrazioni patronali, il pastore della Chiesa udinese ha anticipato alcune prospettive pastorali derivanti soprattutto dall’ascolto delle persone impegnate ogni giorno nelle Parrocchie e nelle Collaborazioni pastorali che l’Arcivescovo ha visitato una per una nei mesi primaverili. Con lo sguardo (e il cuore) al Giubileo, giunto ormai al suo giro di boa.

Mons. Riccardo Lamba, la Chiesa di Udine celebra i Patroni. Cosa dirà ai fedeli che parteciperanno alle celebrazioni in Cattedrale?

«Direi di guardare verso il futuro continuando ad affondare le radici nel passato. Il futuro chiede a tutti noi un’apertura al dialogo con il mondo nella sua complessità, ma anche nelle opportunità che offre per una nuova evangelizzazione.»

A quali opportunità fa riferimento?

«Portare l’annuncio a tutti è possibile, ma non come singoli: la Chiesa ha sempre lavorato così… Il Vangelo di domenica scorsa diceva che Gesù inviò i discepoli “a due a due”: significa che dobbiamo annunciare il Vangelo come Chiesa. Tutta la Chiesa di Udine in comunione può essere il punto di forza su quale, anche in futuro, far leva per la nuova evangelizzazione.»

Lei ha recentemente completato una serie di incontri nelle Collaborazioni pastorali (in realtà ne mancano due, che saranno recuperati dopo l’estate). Che Chiesa ha trovato?

«Una Chiesa molto viva e variegata, che mette in risalto aspetti diversi a seconda dei territori e delle tradizioni. D’altra parte, non può che essere così perché il territorio è ampio. C’è un grande desiderio di collaborazione da parte dei laici, con una grossa componente femminile e, in generale, persone che si prendono cura di tante piccole chiese con umiltà e semplicità, sentendole come casa propria. L’importante è che tutto questo si tenga vivo con “l’essere” prima che con il “fare”. L’essere Chiesa passa attraverso momenti periodici di preghiera in cui si rafforzano il rapporto con il Signore e con gli altri, nella celebrazione eucaristica, nei momenti di preghiera e di adorazione.»

Se volessimo sintetizzare questo suo giro nelle Cp trovando alcuni punti di forza e alcuni aspetti su cui lavorare, quali indicherebbe?

«Tra i punti di forza direi senz’altro la presenza di tante persone buone che si dedicano alla Chiesa. Questo secondo me è un punto che non va sottovalutato né minimizzato. Poi lo spirito di sacrificio di tanti sacerdoti, che pur essendo (spesso) anziani e avendo responsabilità su tante realtà, cercano di fare del loro meglio venendo incontro alle esigenze delle diverse comunità. Tra i punti da rafforzare favorirei i momenti di incontro in cui le persone si possono conoscere, possono raccontare il bene che già vivono e possono pregare insieme. Poi, momenti di formazione condivisi in modo tale da realizzare anche alcune iniziative comuni… sempre rispettando e valorizzando le singole realtà, anche le più piccole.»

L’intervista integrale, a firma di Giovanni Lesa, è disponibile nel numero de La Vita Cattolica del 9 luglio 2025.

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