Lo sviluppo economico del Friuli-Venezia Giulia sarà compromesso nei prossimi 10 anni dalla mancanza di 48 mila persone in età lavorativa. Le conseguenze? «Meno occupati corrisponderanno a meno reddito – risponde l’economista Fulvio Mattioni che ha redatto il Rapporto Trimestrale Oseè sulle ragioni per cui il Friuli-Venezia Giulia è fermo e su come ripartire –, ma anche a minori entrate fiscali e pure a meno welfare, che da tempo è calante».
Entro il 2034, ha spiegato Mattioni presentando il rapporto nella sede udinese della Regione, lunedì 14 luglio, la disponibilità di lavoratori si contrarrà del 6,5% e non consola affatto il confronto col ventennio precedente in cui la perdita è stata del 7,4%. Tra il 2002 ed il 2024, infatti, i friulani ed i triestini in età lavorativa sono calati di 58 mila unità. Per Mattioni, dunque, non c’è altra spiegazione delle gravissime difficoltà dichiarate dalle imprese nel ricambio dei loro collaboratori che vanno in pensione. In sostanza, tra il 2002 ed il 2034, in Fvg ci saranno ben 106.326 lavoratori in meno – la loro età, si sa, è considerata tra i 15 ed i 64 anni –, pari ad una percentuale in rosso del 13,4%. I possibili rimedi? Dipendono tutti dalla ripresa della natalità – impossibile, in queste dimensioni, anche perché le politiche familiari non sono sufficienti – e dall’immigrazione, anch’essa problematica.
«La crisi ha ridotto del 34,5% i nati tra il 2008 ed il 2024 – riferisce Mattioni –. Meno 3.660. E perfino tra gli immigrati il calo è stato consistente: del 26,7, contro il 48,8% dei friulani e dei triestini. Questo significa che gli “indigeni” – sottolinea ancora l’economista – ignorano i magri incentivi a favore della natalità. E che gli immigrati storici “hanno già dato”. A questo punto bisogna assolutamente chiedersi se dobbiamo proprio morire per consunzione o non invece allestire una saggia politica di accoglienza degli immigrati economici che ci sono necessari»…
Sulla Vita Cattolica del 16 luglio un ampio servizio sul tema.