
Commento al Vangelo del 7 settembre 2025,
XXIII Domenica del Tempo Ordinario
Lc 14, 25-33
In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
Parola del Signore.
A cura di don Francesco Ferigutti
Le pagine della Bibbia sono attraversate da cima a fondo da una caratteristica fondamentale: l’urgenza. La vita stessa è segnata dall’urgenza, perché il tempo che abbiamo a disposizione è limitato, prezioso e il kairos del vivere è fugace. Non a caso anche il vangelo di Luca è mosso da un contesto di urgenza che fa risuonare la chiamata incondizionata di Gesù a seguirlo nel suo cammino senza anteporgli niente altro. Ci riconosciamo in cammino, discepoli desiderosi di fare strada. Il vangelo ci invita prima di tutto a sederci per riflettere su come inserirci in questo cammino: “Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine?” (Lc 14, 28).
La Parola di Dio di questa XXIII Domenica del tempo ordinario dell’anno liturgico ci offre l’opportunità di riflettere e mette in evidenza le caratteristiche del discepolo di Gesù: amare il Maestro con un legame forte. La pagina evangelica proposta con qualche sua espressione urta la nostra sensibilità, ma scuote anche lo spirito dalla sua mediocrità. Il Signore propone ai suoi una scelta radicale, che supera qualsiasi altro legame. Emerge il rischio della delusione, una dichiarazione di guerra improvvida o una costruzione avventata (vv.28-32) che nasce dall’aver preso la scelta troppo alla leggera, pensando di essere discepoli di Gesù solo perché ci si entusiasma di fronte alle sue idee. Così, Gesù esorta ad aprire bene gli occhi e a misurare attentamente le proprie forze prima di mettersi con Lui. «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo» (vv. 25-27). Com’è possibile che Gesù sia così duro nell’indicare tali requisiti, senza che venga contraddetto il comandamento: “Onora il padre e la madre”?
I genitori, la famiglia, e i propri cari sono cosa molto buona, ma il pericolo di restare schiavi tutta la vita delle aspettative familiari è molto forte. La vita vera, quella in grado di colmare il nostro desiderio di pienezza, la vita in abbondanza (Gv 10,10) non può scaturire solo da noi stessi e nemmeno genitori e amici sono la sorgente della vita: l’unica sorgente è Dio. Solo questa verità ci consente di seguire il Signore. Pensiamo a san Francesco di Assisi e al suo distacco dalle aspettative paterne, che erano radicate in lui molto più di quanto si pensi: egli avrebbe dovuto diventare cavaliere per riscattare la condizione non nobiliare della sua famiglia; invece scelse la condizione del povero, esattamente opposta a quella del nobile.
Allora da chi dipende la mia vita? E da chi la faccio dipendere?
Il brano evangelico di questa domenica non sta parlando di nostro padre e nostra madre, ma del nostro cuore schiavo di alcuni legami e della nostra attitudine a far dipendere la nostra vita dagli altri.
Non è assolutamente possibile essere di Cristo se non si cambiano gli assoluti del cuore, le priorità e le necessità della propria esistenza. Ci siamo messi al servizio di un padrone esigente e buono; esigente perché vuole portarci in alto, buono perché ci prende come siamo e ci aiuta. Pretende molto da noi, ma Egli stesso è disposto a darci, con la Sua grazia, ciò che chiede.
don Francesco Ferigutti