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Friuli Centrale

Cargnacco. Da 70 anni il Tempio «incarna memoria e conforto»

Sulla facciata imponente e austera del Tempio di Cargnacco, che ospita le spoglie di 9 mila soldati e i registri con 100 mila nomi tra dispersi e caduti dell’Armir, l’Armata italiana in Russia che nel 1942-43 combatté nella zona del Don, svetta la parola “Pace”. Un monito per le generazioni future e un auspicio fortemente voluto da don Carlo Caneva, che il dramma della guerra e della prigionia l’ha vissuto al fianco dei soldati dell’Armir, e che con gli altri sopravvissuti si è adoperato per la costruzione del tempio. Ricorre quest’anno il 70° dalla consacrazione del luogo di culto dedicato alla Madonna del Conforto e giovedì 11 settembre, con inizio alle 11, è in programma una celebrazione speciale presieduta da mons. Gian Franco Saba, arcivescovo ordinario militare per l’Italia, e dall’arcivescovo di Udine, mons. Riccardo Lamba.

«Il tempio è un luogo di memoria – spiega don Michele Frappa, parroco di Cargnacco – dove riposano circa 9.000 salme di caduti, migliaia di giovani che non hanno potuto fare il ritorno alle loro case, e un soldato ignoto a cui vengono attribuiti gli onori militari. Nella cripta del tempio troneggia la scritta “Ci resta il nome”, ma dietro quei nomi ci sono volti e famiglie che hanno sofferto. Così – aggiunge – la memoria diventa un atto di giustizia per loro e questo luogo di eterno riposo grida a tutti noi che nessun sacrificio va dimenticato e che la sofferenza di un popolo deve diventare radice di coscienza e di unità».

Don Frappa sottolinea la forza della parola “Pace” sulla facciata del tempio, edificio realizzato secondo lo stile dell’architettura monumentalista degli anni Quaranta del Novecento dall’architetto udinese Giacomo Della Mea, a sua volta reduce dalla campagna di Russia. «Un monito al mondo perché mai più si ripeta l’orrore della guerra. Oggi, invece, dopo l’invasione russa in Ucraina, proprio quegli stessi luoghi dove persero la vita questi soldati nella Seconda Guerra mondiale sono nuovamente teatro di guerra».

Il conflitto in corso avrà effetti pesanti anche sul rimpatrio delle spoglie di ciò che rimane dei soldati italiani. «Diventa sempre più difficoltoso ricercare nei terreni ora minati i resti e rimpatriare i corpi. Per quello sono necessari la memoria e il conforto che questo tempio incarna. Non è un museo, non è solo pietre, ma è casa di preghiera dove si trovano una parola che consola, un segno che solleva e una fede che illumina».

Marta Rizzi

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