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Catechisti: «I giovani ci chiedono una Chiesa più “autentica”. Noi raccogliamo la sfida»

«Il vostro ministero non è “da soli”. E non lo dico perché l’unione fa la forza, ma perché essere insieme è costitutivo del progetto di Dio, secondo cui “Non è bene che l’uomo sia solo”». Non è andato molto per il sottile l’arcivescovo mons. Riccardo Lamba quando, sabato 13 settembre, ha aperto il Meeting diocesano “Chiesa in cammino” che ha visto convergere in Seminario a Castellerio circa duecento catechisti e catechiste di bambini, ragazzi e adolescenti. Nel suo intervento introduttivo, l’Arcivescovo ha esortato i presenti a “pensarsi insieme” anche nell’azione pastorale più concreta, che li pone come annunciatori del Vangelo ai più piccoli. «Quanto è importante la condivisione!», ha ricordato ancora mons. Lamba. «Stare insieme alle famiglie dei ragazzi è un modo di evangelizzare che precede le parole e i contenuti. Siamo chiamati dal Signore a condividere, è la missione che ci ha dato Gesù».

L’intervento dell’Arcivescovo (Foto: Federico Muzzolini)

«Mi ha aperto un mondo»

Le parole dell’Arcivescovo, dicevamo, hanno introdotto una giornata densa di appuntamenti formativi. I catechisti dei bambini hanno potuto scegliere tra quattro laboratori. Gettonatissimo l’incontro su “Bibbia e catechesi” con don Stefano Romanello («Mi ha aperto un mondo – ci svela una catechista della città di Udine – Dopo questo incontro ho capito molte cose in più sulla Bibbia e su come far sì che i bambini possano immedesimarsi nelle figure del Vangelo»), così come il laboratorio «Incontro a Gesù: una fede in cammino» con la prof.ssa Susi Del Pin. E mentre un altro gruppo ha lavorato sodo con suor Fabrizia Baldo sul rapporto tra catechesi e liturgia, una «“spa” dell’anima» è stato definito, da un’altra catechista, l’incontro con la psicologa Giulia Bentivogli sul tema «Catechesi e fragilità».

Altro registro per i catechisti di pre-adolescenti e adolescenti: dopo una ricca mattinata alla scoperta degli “animatori di comunità” – progetto avviato dalla Diocesi di Vicenza per affiancare dei giovani, regolarmente assunti e retribuiti, ai percorsi di formazione di diverse unità pastorali del territorio vicentino –, nel pomeriggio ha avuto luogo l’attesissimo incontro con la ricercatrice e pedagogista Paola Bignardi. Un appuntamento aperto con alcuni dati-shock sul calo (anzi: sul crollo) dell’appartenenza religiosa dei giovani – 18-30 enni – alla fede cattolica. E alla Chiesa.

Paola Bignardi con i catechisti (Foto: Ilaria Bersan)

Giovani e fede: solo un crollo di partecipazione?

Nel suo intervento, la ricercatrice ha condensato i dati pubblicati nella ricerca “Cerco, dunque credo?” (Vita e pensiero, 2024) dedicata ai giovani che si sono allontanati dalla Chiesa. Entrando nel merito dell’indagine, nel 2013 il 56% giovani italiani si proclamava “cattolico/a”, un dato che nel 2023 è calato al 33,7%. Proprio il nord-est è l’area con i dati più bassi. Un autentico crollo di appartenenza si registra nelle giovani donne, passate dal 61% del 2013 al 33% del 2023. «Questo dato ha implicazioni enormi e ci interroga molto: stiamo dedicando una nuova indagine alla religiosità delle giovani donne» ha anticipato Bignardi. Secondo l’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo di Milano, di cui Bignardi è coordinatrice, nel 2033 solo il 18% dei giovani si dichiarerà cattolico, mentre la proiezione per il 2050 è del 7%. «Non si parla soltanto di giovani, ma della tenuta delle comunità cristiane. Serve riflettere e lavorare fin da ora».

Guardando oltre ai numeri e ascoltando 100 giovani di tutta Italia, 97 hanno dichiarato di aver svolto tutto (o quasi) il percorso dell’Iniziazione cristiana. Insomma, quasi tutti sono andati a catechismo. Ma i ricordi, per lo più, hanno a che fare con noia, obblighi, “lezioncine” o “favolette”. Le eccezioni positive riguardano non tanto la catechesi tradizionale, quanto le esperienze che esulano dalla classica oretta in aula. I giovani parlano bene dei campi estivi, dei Grest, delle esperienze associative con scout, Azione cattolica, salesiani. Per tutto il resto la Chiesa – per citare testualmente le interviste con i giovani – è percepita come «vecchia, lontana e lenta». Per i giovani intervistati, ha ricordato Bignardi, «Essere cristiani significa andare a Messa la domenica e comportarsi bene. Tutto qui? Dov’è tutta la bellezza del Vangelo?».

Eppure, dalle parole di Paola Bignardi filtra non poco ottimismo, da lei stessa esplicitato. «I giovani non contestano la Chiesa in quanto tale, ma come si pone. Dicono di volere una Chiesa “come una cena a casa di amici in cui ti senti a tuo agio e stai bene”. Chi non vuole una Chiesa così? Non è impossibile! E poi – ha proseguito Bignardi – non si tratta di un abbandono della fede: questa si sta tramutando in qualcosa di più intimo e personale, ma c’è ancora. Essi cercano una fede contemporanea, amica della vita, più “umana”. Se ci pensiamo non è niente di nuovo: Giovanni XXIII lo disse esattamente con queste parole all’inizio del Concilio Vaticano II. In questo – ha concluso Bignardi – i giovani sono un autentico “luogo teologico” perché ci fanno intravedere un orizzonte dello Spirito».

I partecipanti al Meeting (Foto: Federico Muzzolini)

Le parole dei partecipanti

A margine dell’incontro con Paola Bignardi è interessante cogliere alcune impressioni da chi ha quotidianamente a che fare con gruppi di “teenager parrocchiali”. «Ciò che mi ha colpito è stata la presentazione di uno scenario sulla spiritualità giovanile che sembra allarmante, ma può essere uno sprone per ripensare la proposta che facciamo ai giovani e dare una risposta che soddisfi la loro ricerca». Le parole sono quelle di Massimiliano Agostinis, catechista che dopo diversi anni trascorsi in Carnia ora vive e fa servizio nella Parrocchia di Martignacco. «La sfida è non guardare ai giovani con occhi giudicanti, ma comprendere che ciò di cui hanno esperienza è il mondo di oggi; per avvicinarsi a loro è necessario entrare proprio in questo mondo».

«Paola Bignardi mi ha commossa» confessa un’altra delle partecipanti, Michela Masarotti, che a San Giorgio di Nogaro si prende cura dei percorsi formativi per gli animatori dell’oratorio. «Mi ha colpito il fatto che i nostri giovani non sono indifferenti, vuoti o rifiutano Dio, ma cercano modi nuovi e “più personali” di credere, lontano da schemi imposti e da linguaggi che non li rappresentano. Questo cambiamento non è segno di disinteresse – afferma Masarotti –, ma di una fede in trasformazione, più intima e libera».

Condivisione di esperienze tra catechisti (Foto: Ilaria Bersan)

Tra i partecipanti anche alcuni catechisti delle Parrocchie cittadine, come Manoela Tortato di San Pio X. «L’incontro ha offerto molti spunti di riflessione e una bella spinta a rivedere sia i percorsi di catechismo sia lo sguardo alla comunità e ai suoi componenti, per cercare di tessere relazioni e connessioni tra le varie figure». A suo dire, l’incontro con Paola Bignardi è stato particolarmente “stimolante”. «Ho avuto un primo momento di sconforto nella lettura dei dati sull’abbandono dei giovani nei confronti della Chiesa – ammette Tortato –. Mi sono vista passare davanti gli anni di catechismo fatti alle elementari, cercando soluzioni alternative alla scuola che forse verranno ugualmente ricordate come noia, lezioncine, obbligo». Tuttavia, Bignardi ha offerto una lettura della realtà carica di speranza: «Molti giovani hanno un sogno di Chiesa, non hanno abbandonato la fede, ma sono “in ricerca” per reinterpretate il loro modo di credere. Ho capito – conclude Manoela – che è finito un tempo e se ne apre un altro davanti a noi: i giovani stanno dicendo cose belle, ci stanno facendo vedere un orizzonte nuovo. Ora spetta a noi catechisti, educatori, riflettere e confrontarci, aprirci e osare per cambiare il modo di fare catechismo».

Giovanni Lesa

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