C’è un dato che, a modo suo, è drammatico: solo negli ultimi 12 mesi e solo nel territorio dell’Arcidiocesi di Udine hanno chiuso i battenti ben quattro comunità di suore (i dettagli a fondo pagina). Niente più francescane a Palmanova e a Savorgnano del Torre; addio alle Ancelle della Carità di San Daniele, mentre Cavalicco ha salutato le Ancelle di Gesù Bambino. I motivi? L’età sempre più avanzata e la carenza di vocazioni. Si direbbe – ed è così – che le suore stanno abbandonando i paesi del Friuli, lasciando dietro di sé decenni di carità, assistenza ai malati, insegnamento nelle scuole dell’infanzia, attività parrocchiali. Vere colonne, insomma, della Chiesa in Friuli.
Ma il dato va letto in una chiave più profonda rispetto alle due motivazioni riportate sopra: da diversi anni, infatti, è in atto un drastico calo della spiritualità e dell’appartenenza religiosa delle donne. A partire dalle più giovani. «Parlando di religiosità, nel giro di un decennio, dal 2013 al 2023, le giovani donne che si dichiarano atee sono passate dal 12% al 29,8%. Coloro che oggi si dichiarano cattoliche sono il 33%, nel 2013 erano il 61%». È il prof. Fabio Introini a snocciolare questi dati. Docente di sociologia generale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Introini è anche membro del Comitato scientifico dell’Osservatorio giovani dell’Istituto “Giuseppe Toniolo”, realtà che da anni indaga la spiritualità e la religiosità delle giovani generazioni e che ha raccolto questi (e altri) dati. Sotto la lente, in questo caso, sono finite le giovani donne di età 18-30 anni provenienti da tutta Italia. «Un dato che ci colpisce è la frequenza alla pratica religiosa: il 20,6% dei maschi e l’11,9% delle femmine dichiara di partecipare a un rito religioso “almeno una volta alla settimana”. È un dato che mette in discussione lo stereotipo per cui la religiosità dovrebbe intercettare maggiormente la componente femminile».

Professore, dalla ricerca che avete già pubblicato (“Cerco, dunque credo?”, Vita e Pensiero, 2024) scrivete che le giovani donne non rivendicano più spazio nella Chiesa. Di cosa sono in cerca dunque queste giovani?
«Non rivendicano più spazio se lo spazio che viene loro riservato è quello che è sempre stato attribuito loro per tradizione. Forse vorrebbero spazi diversi, forse sono in cerca di ruoli con maggiore responsabilità, ruoli ancora da “inventare”. Un elemento importante è emerso leggendo le storie che abbiamo raccolto e lo ritengo un elemento positivo.»
Ossia?
«Rispetto alle loro coetanee di alcuni anni fa, oggi le ragazze vivono in una prospettiva emancipata, acquisitiva, puntando a una affermazione e una realizzazione di tipo professionale. La loro capacità è proprio quella di saper leggere in termini “vocazionali” questa loro ricerca di emancipazione, quindi come ricerca della loro autenticità e del significato della loro esistenza.»
Possiamo fare qualche esempio?
«Spesso parliamo di giovani donne che si impegnano in lavori che mettono al centro la persona: sono studiose di scienze dell’educazione o di psicologia o, ancora, sono legate al mondo della medicina e della salute. Riescono a vivere questa loro realizzazione anche come conquista di una vita ricca di senso.»
Questo aspetto intercetta la proposta vocazionale della Chiesa o ci sono altri motivi di distanza?
«La distanza si apre quando la Chiesa tocca da vicino questioni che sono legate alla femminilità in carne e ossa, alla sfera più intima, per esempio la maternità. Ecco, sono questioni nelle quali molte donne si attendono un ascolto di tipo diverso: probabilmente trovano un po’ “intrusive” alcune forme di pensiero da parte dell’istituzione-Chiesa».
L’intervista integrale con il prof. Fabio Introini si può leggere sul numero de La Vita Cattolica del 1° ottobre 2025.
Quante sono le suore nell’Arcidiocesi di Udine?
Innanzitutto, intendiamoci: ci riferiamo, qui, alle suore c.d. “di vita attiva”, non alle comunità di vita claustrale. Dal computo sono quindi escluse le monache clarisse di Moggio e Borgo Faris (Attimis), così come le carmelitane di Montegnacco (Cassacco).
Nel 2018 le congregazioni religiose femminili presenti nell’Arcidiocesi di Udine erano 23, tre delle quali avevano un’origine non italiana. Oggi, le congregazioni di suore sono 21, mentre quelle nate all’estero sono salite a 6. Nell’Arcidiocesi udinese non hanno più una presenza le Ancelle di Gesù Bambino (erano a Cavalicco), le Paoline (Udine, con la nota libreria gestita oggi da dipendenti laiche), le Adoratrici del Ss. Sacramento (erano a Palmanova), le “Pastorelle” di Oleis, le “Dorotee” di Forgaria e Udine e le Suore povere scolastiche di Nostra Signora (Camporosso).
Simile è la situazione delle singole comunità religiose. Se nel 2018 le “case delle suore” erano 52, sette anni dopo il numero è sceso a 40; di queste, esattamente un quarto (quindi 10 comunità) risiedono in città a Udine. La congregazione che ha visto chiudere più comunità è quella delle Francescane missionarie del Sacro Cuore (le “suore di Gemona”), storicamente radicatissime nel territorio: negli ultimi sette anni hanno salutato le comunità di Cavazzo Carnico, Cedarchis, Palmanova, Paluzza, Savorgnano del Torre e Sedegliano. Le Ancelle della Carità hanno chiuso le comunità di San Daniele e Zovello.
Per contro, negli ultimi sette anni diverse comunità religiose hanno inaugurato una loro presenza in Friuli, provenendo sempre dall’estero. Le suore del Sacro Cuore immacolato di Maria “Bene Mariya”, dal Burundi, hanno messo radici a Enemonzo e a Mortegliano; le suore indiane “I discepoli” vivono a Forni di Sopra, mentre il seminario di Castellerio ospita le messicane Serve del Sacro Cuore di Gesù e dei poveri. Presenze messicane anche a Imponzo e Zuglio con le Missionarie della Madre di Dio.
Se guardiamo ai numeri assoluti, il calo è tristemente evidente. Nel 2018 le suore erano 218; mentre scriviamo, invece, le consacrate presenti in Diocesi sono 185, delle quali 64 sono molto anziane e residenti nelle rispettive “casa madre” o casa provinciale. Oggi, dunque, sono solo 121 le suore attivamente presenti nella vita caritatevole, formativa e liturgica delle comunità friulane, con una media quasi esatta di 3 suore per ogni comunità.
Giovanni Lesa