In che modo i luoghi influenzano la nostra vita? Perché un posto ci piace più di un altro e lì ci sentiamo subito in sintonia? E in che modo un paese, una città, ma anche un bosco, un lago, un’abitazione possono influenzare i nostri rapporti col prossimo, la nostra salute e pure il successo professionale?
«Perché i luoghi non sono solo spazio fisico, ma portano “dentro” anche identità e memoria». Ad affermarlo è la scienziata Roberta Rio, austriaca di origini italiane, riconosciuta a livello internazionale per i suoi studi e le sue consulenze, sviluppatrice del metodo “Effetto Topofilia®”. Di recente è stata anche in alcune località del Friuli-Venezia Giulia per presentare il suo nuovo saggio dal titolo “Effetto Topofilia. I luoghi dell’anima. L’anima dei luoghi. Ecco il metodo!”.

Dottoressa, partiamo dall’inizio: cos’è l’Effetto Topofilia®”?
«Topofilia è una parola utilizzata per la prima volta all’inizio del Novecento ed è l’unione di due parole greche: “tópos”, che vuol dire luogo, e “philía”, che significa amore, ovvero quell’affetto, quell’emozione che ci lega ai luoghi. Per me “Effetto Topofilia®” è molto di più, ovvero indica come i luoghi agiscono su di noi ed è diventato il nome del metodo che ho messo a punto».
Un sapere antichissimo, dunque, supportato pure da evidenze scientifiche. Ne è riprova il riconoscimento del suo metodo…
«Alla base c’è proprio il sapere degli antichi che parlavano del “genius loci”, attribuendo ad ogni luogo delle qualità intrinseche, specifiche e uniche. Dentro il “genius loci” c’era anche la destinazione d’uso, quindi, non si sarebbero mai permessi di costruire per esempio su un’area cimiteriale degli asili come invece capita si faccia adesso. Riuscivano a comprendere, guardando gli animali, le piante, attraverso l’osservazione sistemica del territorio, qual era il giusto utilizzo di quel luogo in base alla sua natura intrinseca».
Dottoressa, ci racconta quali sono le applicazioni di questo metodo? Può avere utilità anche nei progetti che riguardano lo sviluppo e la riqualificazione urbanistico territoriale?
«Assolutamente sì. Questo è proprio il mio lavoro: da vent’anni mi occupo di perizie nell’ambito di progetti di sviluppo urbanistico territoriale in tutta Europa e di fatto i miei committenti sono privati, aziende, enti e istituzioni. Molte Amministrazioni comunali chiedono la mia consulenza per capire perché alcune aree si spopolano, per rilanciare valli e territori nel rispetto del “genius loci”, della natura intrinseca del luogo. Ci sono privati che mi hanno contattata perché in certe abitazioni si ripropongono sempre gli stessi schemi di malattie o relazionali. I pilastri del metodo “Effetto Topofilia®” sono due scienze: la storia e la statistica; in un arco temporale variabile, in base al tipo di domanda che mi viene fatta e al tipo di luogo (appartamento, edificio, quartiere, terreno, città, regione), indago nel passato alla ricerca di schemi ricorrenti. Abbino la conoscenza antica alle recenti scoperte scientifiche, il tutto per migliorare la qualità della vita e ripristinare l’equilibrio tra uomo e ambiente. Il risultato delle mie ricerche è un dato statistico che non prevede né predice, ma indica un precedente».
Luoghi in cui stiamo bene, dunque, ci influenzano in maniera positiva…
«Assolutamente. Sono caratterizzati da parametri oggettivi e pure da preferenze personali date dalla nostra storia. Quando noi stiamo bene in un luogo respiriamo a pieni polmoni, se siamo stressati invece il respiro diventa clavicolare, respiriamo con la parte alta dei polmoni, e ciò condiziona il nostro benessere. In merito, abbiamo effettuato misurazioni proprio per rilevare i parametri vitali in base ai posti dove si trovano le persone. In quelli in cui erano presenti elementi stressogeni o geopatogeni, come per esempio acque sotterranee in movimento o radon, abbiamo notato un abbattimento dei valori vitali, per esempio la pressione, il tempo di sedimentazione dei globuli rossi piuttosto che il livello di serotonina, la temperatura, la pressione sanguigna… Se stiamo bene in un luogo automaticamente siamo rilassati, la mente è libera, siamo più produttivi, ci relazioniamo con maggiore apertura. Poi ci sono i luoghi in cui non stiamo bene: in questo caso, per capire il motivo invito a studiare la storia e gli aspetti geomorfologici, cercando di capire quali sono i parametri naturali che possono interagire con il nostro benessere, un tema su cui c’è ancora tanto da scoprire. E poi è bene anche chiedersi come mai si è capitati in certi luoghi. In ogni luogo faremo determinati incontri e non altri. Il tutto potrebbe non essere fortuito… Come diceva Carl Gustav Jung, padre della psicologia analitica».
Se i luoghi che amiamo sono lo specchio delle nostre emozioni, qual è il suo consiglio?
«Proprio conoscerli a fondo può aiutare a comprendere parti di noi ancora nascoste, aiuta a migliorare il nostro benessere, il nostro stare al mondo anche in relazione con il prossimo. Darsi tempo per poterli percepire al meglio. Più ci rendiamo conto che i luoghi possono essere nostri fedeli alleati nella scoperta di noi stessi, più la relazione con il posto e i suoi abitanti diventa pacifica e ci fa stare bene».
Dottoressa, se il posto in cui stiamo non ci piace, ma è impossibile prevedere un trasferimento, è possibile agire per migliorare la nostra relazione con esso?
«Certo. Molte volte lo si rende colpevole di qualcosa, ma i luoghi non sono positivi o negativi. È sempre come ci poniamo noi nei loro confronti o come li vogliamo utilizzare che fa la differenza. Capita che ci siano delle tensioni oggettive, come ad esempio la presenza di elementi geopatogeni naturali – e al proposito esistono studi importanti che parlano degli effetti sulla salute umana –, e se non possiamo andarcene, dobbiamo ricordare che la salute non è il risultato della perfezione, ma dell’equilibrio. Possiamo, dunque, ridurre o eliminare le altre fonti che potrebbero causare stress al corpo, migliorando l’alimentazione e le relazioni. Quando ci riappacifichiamo con un luogo, cambiano pure postura, respiro, …».
Tornando al concetto di “Genius loci”, lei è stata incaricata di effettuare una perizia molto affascinante. Su uno dei più grandi artisti che l’Italia abbia avuto: Michelangelo. E ne parla anche nel libro.
«Il borgo dove nacque, Caprese Michelangelo, in provincia di Arezzo, in occasione delle celebrazioni per i 550 anni dalla sua nascita mi ha chiesto – e si è trattato del primo incarico istituzionale in Italia per me, mentre all’estero è prassi ormai e sono molte le istituzioni che da anni ricorrono alle mie perizie – di studiare se il “genius loci” del paese potesse aver influenzato la sua genialità artistica. Non era per me la prima ricerca del genere, in quanto tipologie simili le avevo già effettuate su alcuni personaggi, tra cui l’inventore austriaco Carl Auer von Welsbach, di cui tutti in casa abbiamo un suo pezzo, essendo il “padre” della lampadina Osram e molto altro. Ebbene, dai miei studi è emerso che sì, il luogo in cui Michelangelo è nato, nonostante vi sia rimasto solo tre settimane e mezzo, ha avuto un’influenza su di lui e i tratti del territorio si possono vedere nella sua personalità, nella sua opera, nei personaggi che rappresenta. Tre settimane e mezzo possono sembrare un periodo breve, ma basta poco a darci un “imprinting” (particolare tipo di apprendimento per esposizione, ndr.) così importante. A questo va aggiunto che la madre è rimasta a Caprese gli ultimi sei mesi di gestazione e ci sono studi, tra gli altri quelli prestigiosi del dottor Akira Ikegawa, che rivelano come le memorie dei neonati derivino anche dalle sensazioni vissute dalla mamma, da ciò che fa, da ciò che osserva…».
Dottoressa, per lei quali sono i luoghi dell’anima?
«Sono posti in mezzo alla natura incontaminata che però non svelo (sorride, ndr.) affinché restino “solitari” come piacciono a me, dove mi ricarico e mi ritrovo molto più vicina alla mia anima».
Come si è avvicinata a questi studi?
«Mi piace dire che la vita ci porta sempre a fare ciò che sappiamo fare bene. Il metodo “Effetto Topofilia®” non è nato a tavolino. Mia madre si è ammalata improvvisamente; era una tipica mamma italiana piena di energia, molto attiva, la chiamavamo “la Tigre”… I medici, dopo le prime indagini, non sapevano darci risposte. E allora sono andata a cercare in un libro antico, il “Corpus Ippocraticum”, una raccolta di studi attribuita a Ippocrate, il padre della moderna medicina. Trovai questa frase: “In caso di malattia cronica si consiglia di cambiare casa”. Mia madre purtroppo morì, ma ho voluto relazionarmi ugualmente con il pensiero di Ippocrate, non da medico, non da biologa e nemmeno da geologa, ma da storica quale sono e così ho iniziato a studiare i luoghi in un arco temporale variabile, cercando schemi ricorrenti. Il metodo che ho messo a punto è nato dalla necessità di dare risposta a un bisogno scientifico: ho unito la storia alla statistica, quindi il risultato è un dato che non predice, ma suggerisce e aiuta a comprendere le caratteristiche di un luogo in potenza. E mi sono imbattuta nel “genius loci”, ovvero le leggi universali che governano la natura».
Monika Pascolo













