Si è tenuta lo scorso 15 novembre, in sala Ajace a Udine, la presentazione del Rapporto sulla sussidiarietà 2023/2024 curato dalla Fondazione per la Sussidiarietà e illustrato dal suo presidente, Giorgio Vittadini, del quale ospitiamo una riflessione sulle questioni che, in tema di welfare territoriale, vanno affrontate più urgentemente.
Il 18° Rapporto della Fondazione per la sussidiarietà, dal titolo “Sussidiarietà e… welfare territoriale”, prodotto in collaborazione con Aiccon, Ifel, Ipsos e Istat e un pull di studiosi della materia, è un’indagine sui servizi rivolti ad anziani, minori, disabili, persone e famiglie in diverso modo fragili, nel delicato momento che il Paese sta attraversando.
La premessa che ha mosso il lavoro riguarda il bisogno di uscire da una certa vecchia logica per cui la Stato sociale è un puro costo, un peso da sopportare (fino a un certo punto). Un buon welfare, invece, è un fattore fondamentale di crescita, oltre che di sviluppo.
Nel contempo, è necessario sottolineare il valore unico e irrinunciabile del welfare come coessenziale alla civiltà europea. Infatti, l’Europa, che ha l’8 per cento della popolazione mondiale, eroga il 58% di servizi di welfare. E solo in Europa il welfare è universalistico, cioè destinato ad affermare il valore di ogni persona. Questa è la tradizione che ha fatto dell’Italia e dell’Europa luoghi dove ogni persona vale, ogni persona è unica e irripetibile. Ed è il fattore fondamentale che le differenzia da tutto il mondo, sviluppato e non sviluppato, anche dai Brics, perché da nessuna parte, al di fuori dell’Europa, è affermato nei fatti questo diritto.
Perciò, investire sullo stato sociale, sulla sua universalità e inclusività, non è solo un dovere di solidarietà verso i più fragili, ma significa anche costruire società più coese, sistemi più resilienti e una crescita economica più stabile. Ed è venuto il momento di rinnovare il patto sociale che ci unisce, con la cultura della sussidiarietà, che è ricerca del bene comune attraverso la messa a sistema del contributo di tutti. Più società e più Stato insieme.
Le macro-questioni che il Rapporto “Sussidiarietà e… welfare territoriale” affronta sono condensabili in sei punti.
Ecco la prima: attualmente, in Italia, la risposta ai bisogni è policentrica e scoordinata. Infatti, rispetto ad un bisogno, ad esempio la necessità di avere più asili nido, gli Enti non si coordinano, ognuno si muove in modo indipendente. Che siano i Comuni, le Regioni, l’Inps, l’Inail, oppure lo Stato centrale, tutti intervengono senza andare a vedere dove sono i bisogni reali, ognuno si muove per conto suo. Quindi la governance è da riordinare.
La seconda macro-questione riguarda la disomogeneità della spesa. Perciò, la spesa pro-capite dei comuni del Mezzogiorno è metà che nel resto d’Italia. E siccome il principio normalmente applicato è la spesa storica, soprattutto laddove i servizi ci sono già, paradossalmente si danno più soldi al Nord che al Sud, alle aree metropolitane rispetto alle aree interne. Occorre una perequazione.
Il terzo grande problema è l’assenza del monitoraggio dei bisogni, che sono in continua e rapida evoluzione. Si tratta di bisogni di lavoro, istruzione, assistenza sociale, sostegno al reddito, relazioni di vicinato e prossimità. Comprendere quali sono i bisogni, avere delle risposte organiche dal pubblico, dal privato e dal privato sociale, in modo che la gente, stando meglio, sia messa nelle condizioni di lavorare di più, di creare socialità e non incrementare i disagi.
Un’altra pecca è la standardizzazione eccessiva dell’offerta, che contrasta con la molteplicità e diversità dei territori, fornendo risposte uguali in situazioni diverse.
La quinta macro questione è la mancanza di una valutazione della qualità dei servizi, perciò, gli sprechi non vengono messi in luce, mentre occorre verificare l’efficacia delle spese e dei servizi. E il Terzo settore viene scarsamente valorizzato, perché gli appalti vengono affidati al massimo ribasso, depotenziando la capacità creativa che il 62% dei cittadini dice esser cruciale nel rispondere ai bisogni.
Infine, l’ultima grande problematica è la prevalenza dei sussidi monetari rispetto alla fornitura di servizi. La scelta di passare dai servizi ai trasferimenti monetari non ha contribuito a dare risposte ai bisogni.
Giorgio Vittadini
Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà













