Domenica 23 novembre si celebra la Giornata del Seminario. Richiamiamo qui la riflessione del direttore spirituale del Seminario interdiocesano di Gorizia, Trieste e Udine, don Davide Gani, pubblicata in apertura all’inserto dedicato al Seminario, allegato all’edizione 46, del 19 novembre 2025, della Vita Cattolica
“L’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore” (1 Sam 16,7). Se ognuno di noi ripercorre le tappe del proprio cammino con Cristo, scopre di aver già sperimentato l’autenticità di questa espressione nel momento in cui ha accolto il suo invito. Quando abitiamo il nostro cuore e frequentiamo con costanza la sacra stanza della nostra coscienza scopriamo che il mondo invisibile interiore, con l’aiuto della Grazia, si manifesta nelle scelte della nostra vita; ciò che è interiore si manifesta in frutti esteriori. Nel percorrere questa strada l’uomo impara che il proprio cuore, quando non rimane unito al Signore, è capace di partorire anche sentimenti negativi; Cristo, in Marco 7,14, dice: «È quello che esce dall’uomo che contamina l’uomo; perché è dal di dentro che escono pensieri cattivi (…) queste cose cattive escono dal di dentro e contaminano l’uomo». Non può esistere un autentico itinerario di fede in cui l’uomo non sperimenti la propria fragilità adamitica. In un cammino di conversione siamo sempre chiamati a distinguere tra il sentire del cuore e l’acconsentire a quanto sentiamo. Alla scuola della Parola e della preghiera scopriamo che se metteremo nelle mani di Dio questo nostro sentire, sarà lo Spirito stesso a placare i moti interiori che ci possono allontanare dall’amore; conversione significa anche decidere di prendere le distanze dal negativo interiore perché convinti che le strade evangeliche a lungo tempo vincono sempre. Decidere di seguire con tutta la volontà e con tutte le forze la Parola del Signore non significa essere esenti dalla fatica dei moti negativi dell’anima, ma lavorare su sé stessi perché interiormente possiamo raggiungere quelle mete evangeliche per una vita anche esteriore radicata nel comandamento dell’amore.
Ogni invito di Dio coinvolge tutta la persona e richiede onestà, impegno, perseveranza, coerenza e responsabilità. È un cammino che richiede di diventare poveri, liberi, ricchi solo ed esclusivamente dell’amore di Dio e di accogliere e fare la sua volontà.
Oggi assistiamo, in questa parte di mondo, ad un grande disorientamento dovuto ad una cultura sempre più edonista, commerciale e ideologicamente perfezionista; nessun giovane che si prepara al sacerdozio come nessun giovane sacerdote ne è esente. In un cammino spirituale, curare e crescere costantemente nel rapporto con Dio significa svestirsi con libertà e serenità del proprio io per percorre le strade del Regno senza essere troppo preoccupati della propria persona, ma liberi di incontrare ogni situazione umana, anche la più contraddittoria, sapendo che prima di tutto la nostra presenza rimanda a quella dell’Altro. Conversione è, in fondo, abbandonarsi alle logiche del Vangelo imparando a fidarsi prima di tutto di Dio e non delle proprie forze. Dice ancora Gesù: «Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete (…) cercate prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia» (Mt 25-26.33). Meditando questo brano, penso a quanta libertà il Signore ci chieda; ai discepoli domanda di non essere preoccupati se non della forma da dare ai gesti dell’amore.
Nel cammino verso il sacerdozio e nel sacerdozio, scopriamo che come ogni uomo siamo creature fragili che sbagliano e che come Pietro anche noi abbiamo bisogno di essere perdonati; scopriamo che le nostre proiezioni ideali sono fonte di esasperazione e che queste esasperazioni quando incontrano il fallimento intaccano la serenità della nostra anima. Scopriamo che quando Cristo chiama, lentamente insegna il suo sguardo, quello della misericordia e del non giudizio; uno sguardo d’amore verso l’uomo ferito che percorre le strade del vivere.
Esiste una stanza in cui la persona può trovare profonda pace: nel lungo silenzio della preghiera, impastato di Vangelo, di Eucarestia e di Misericordia. L’uomo che si abbandona con piena libertà e per amore al suo Creatore viene rivestito di quei frutti spirituali che spandono il buon profumo del Signore e tutta la sua persona sperimenta l’unità di corpo, anima e spirito vestendosi di amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza e dominio di sé. Il discepolo scopre di essere terra, percepisce di poter diventare mani che sostengono, sperimenta la sua fragilità, ma che in questa fragilità Dio gli consegna comunque e sempre il compito di servire e di amare. È possibile maturare sempre nel cammino della pace interiore e dell’unità tra cuore, anima, forza e mente, tra interiore ed esteriore, se rinnoviamo costantemente il nostro amore a Dio e al prossimo; nel vangelo di Luca il Signore con poche parole esprime il frutto del cammino dell’amore e della misericordia: «Una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo».
don Davide Gani













