A tre giorni dalla violenta alluvione che ha colpito il Friuli-Venezia Giulia, anche i volontari di Greenpeace sono all’opera per supportare la popolazione, in particolare a Versa di Romans d’Isonzo devastata dall’esondazione del fiume Torre, dove molte case sono ancora invase dal fango e le strade sono piene di oggetti personali irrimediabilmente danneggiati, destinati alla discarica. Da mercoledì 19, Greenpeace ha organizzato insieme alla comunità e alle associazioni sul territorio un’unità di soccorso, per dare aiuto e conforto agli abitanti. Con l’aiuto di idropulitrici, bidoni e generatori, volontarie e volontari provenienti da tutta Italia sono all’opera per aiutare a liberare strade e case dal fango.

«Siamo vicini alle comunità del Friuli-Venezia Giulia e delle altre regioni che in queste ore stanno facendo i conti con la devastazione causata dalle recenti alluvioni e da una crisi climatica sempre più grave», dichiara Federico Spadini della campagna clima di Greenpeace Italia. «Abbiamo scelto di intervenire per fare la nostra parte e aiutare la popolazione, ma anche per denunciare le responsabilità delle grandi aziende del petrolio e del gas che, con la complicità del governo, alimentano questi eventi climatici estremi con le loro emissioni fuori controllo. Dovrebbero essere loro a pagare per i danni che hanno causato, non le persone».

«Le piogge eccezionali, gli allagamenti e le frane che hanno colpito tutto il centro-nord negli ultimi giorni – sottolinea Greenpeace – sono una ulteriore conferma di quanto gli eventi estremi siano diventati più frequenti e più intensi in un clima ormai destabilizzato a causa della nostra dipendenza dai combustibili fossili. Fenomeni estremi di questo tipo si abbattono inoltre su territori sempre più devastati dal consumo di suolo, rendendo gli effetti delle precipitazioni ancora più drammatici e aumentando il rischio di dissesto idrogeologico». «La crisi climatica e ambientale – conclude l’organizzazione ambientalista – ha costi umani, sociali ed economici altissimi, che ricadono sulle persone e sulla spesa pubblica».

Per questo, ai governi riuniti alla Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima (COP30) in corso a Belém, in Brasile, Greenpeace chiede di ridurre le proprie emissioni e accelerare l’uscita dall’era del petrolio e del gas, impegnarsi per la protezione dei territori e tassare le aziende fossili, principali responsabili della crisi climatica, per farle pagare per i danni che stanno causando.













