La curiosità, prima di tutto, accompagnata dal desiderio di affrontare una sfida, mettendosi in gioco in un ambito per molti versi “distante” dal percorso scolastico delle superiori. È stato così che Virginia Piva, classe 1999, udinese, una volta concluso il Liceo Stellini a Udine, si è iscritta alla Facoltà di Fisica all’Università di Trieste. «È una scienza in cui c’è un grande apporto di scoperta dell’ignoto e di creatività. E tutto ciò ben si sposa con le materie umanistiche che hanno caratterizzato i miei anni al classico. D’altra parte, anticamente lo studio della fisica avveniva all’interno delle Facoltà di Filosofia».
La magistrale l’ha poi portata un anno a Milano e uno a Londra. «Mi sento cittadina del mondo – riassume –, ho vissuto un periodo pure negli Stati Uniti. Non amo essere legata ad una particolare zona geografica e credo che anche in questo c’entri la fisica che in fondo è trovare un’unità all’interno di ciò che sembra separato».
Attualmente Virginia è specializzanda in Fisica medica a Milano e il suo impegno si divide tra l’Ospedale Niguarda e l’Istituto europeo di oncologia. E pensare che da piccola, svela, desiderava diventare una spia. «In realtà è qualcosa che mi porto ancora dentro», racconta, e che può essere sintetizzata in «quella spinta verso ciò che non si conosce». Una propensione che si è rafforzata quando, all’ultimo anno di Liceo, a scuola era arrivato lo scienziato Mauro Ferrari a parlare ai giovani della sua attività di ricercatore in campo oncologico. «Mi aveva affascinata l’idea di applicare la scienza pura alla salute. Per la prima volta mi sono detta: vorrei farlo anch’io».
E così è stato. Oggi la giovane friulana è specializzanda all’ultimo anno in fisica medica. «Al momento opero all’Istituto europeo di oncologia e mi occupo principalmente di radioterapia con protoni, mentre quella classica è effettuata mediante fotoni. L’obiettivo è rendere la cura sempre più sicura ed efficace, senza il rischio di complicanze e di recidive e il ruolo del fisico medico è proprio quello di occuparsi dell’efficacia e dell’ottimizzazione nell’utilizzo delle radiazioni».
Una delle “passioni” che sta coltivando, in parallelo, è la predisposizione di modelli che utilizzano l’Intelligenza artificiale. «Per ciascun paziente abbiamo tantissimi dati che provengono da immagini, come Tac, risonanza, raggi, accanto a quelli di laboratorio, come gli esami del sangue, che solitamente non si usano a livello globale. È un peccato perché si può imparare tanto da pazienti che sono già stati curati e grazie all’Intelligenza artificiale si possono predisporre terapie per i nuovi ingressi in ospedale».
Virginia si occupa anche di divulgazione. «Ho iniziato a parlare di questi temi sui social, partendo dall’adroterapia, un tipo di terapia in cui si accelerano protoni e ioni a velocità altissime sui tumori, a cui mi sono avvicinata durante la triennale, partecipando ad un programma dell’Università di Pavia». Da quel momento in poi è stato un susseguirsi di conferenze, incontri nelle scuole, progetti di collaborazione con gruppi europei.
«C’è molta curiosità ed è bello poter parlare di materie scientifiche che di solito incutono timore e di quello che faccio. Inoltre, è importante spiegare che le tecnologie e la ricerca clinica hanno reso oggi la radioterapia, nei cui confronti c’è purtroppo ancora una paura diffusa, sicura ed efficace. La comunicazione e l’informazione corretta in campo oncologico sono determinanti anche per i pazienti». È questo è un altro campo in cui Virginia sta già operando. «È un percorso ancora in fase embrionale, ma è importante che il fisico medico, spesso operante nell’ombra, possa interagire direttamente con chi deve affrontare le cure oncologiche. Ci sono degli studi, avviati negli Stati Uniti e da poco in Inghilterra, che dimostrano come la collaborazione con chi deve sottoporsi alle cure abbia un esito positivo anche a livello psicologico».
Da poco Virginia è stata eletta membro di una commissione di giovani studiosi all’interno dell’European Cancer Organisation. «Si tratta di una realtà multidisciplinare dove non ci sono solo scienziati e medici, che opera per accorciare il passo tra la ricerca e l’effettiva implementazione clinica di nuove terapie».
Insomma, un impegno su più fronti per la fisica udinese che, ammette, di essersi portata “in valigia” dal Friuli «la tenacia e la voglia di non fermarsi davanti alle difficoltà». Col desiderio di dare il proprio contributo alle cure oncologiche.
Monika Pascolo













