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Oltre le sbarre, il Natale dell’arcivescovo Lamba con i detenuti di Tolmezzo

Non numeri, non schede anagrafiche, non “dati” in un sistema burocratico, ma volti unici, irripetibili e amati. È questo il messaggio di speranza che l’arcivescovo di Udine, mons. Riccardo Lamba, ha portato nel cuore della casa circondariale di massima sicurezza di Tolmezzo, dove venerdì 26 dicembre ha celebrato la Santa Messa nell’Ottava di Natale.
Nella sala teatro trasformata in spazio di preghiera, tra le mura del penitenziario carnico, la liturgia ha assunto il sapore di un abbraccio che non conosce confini. Accanto all’Arcivescovo, hanno concelebrato l’arcidiacono di Tolmezzo, mons. Angelo Zanello, e il cappellano, padre Claudio Santangelo. Una presenza corale che ha visto la partecipazione anche dell’assessore comunale alla Famiglia e all’Inclusione, Cristina Dalla Marta, della Vice comandante della polizia penitenziaria e di diversi agenti, a testimoniare una vicinanza istituzionale che va oltre il dovere formale.

L’Omelia: «Non siete numeri, siete Figli»

Al centro della riflessione di mons. Lamba, la vertigine dell’Incarnazione: un Dio che si fa uomo per restituire a ogni uomo la propria luce. «Il Natale è un evento unico perché ogni nascita lo è», ha esordito l’Arcivescovo, tracciando un netto confine tra l’essere umano e le sue moderne “imitazioni” tecnologiche. «Oggi si parla tanto di intelligenza artificiale, capace di clonare voci e corpi. Ma noi non siamo fotocopie. Siamo unici».
Il presule ha poi rivolto lo sguardo alle ferite del mondo e a quelle personali, ricordando come ogni vita spezzata, sia essa un bambino o un soldato in guerra, rappresenti una perdita incolmabile proprio per questa unicità. Una riflessione che ha toccato profondamente i numerosi detenuti presenti, ai quali l’Arcivescovo ha ricordato: «Dio ha preso carne per permetterci di sperimentare un amore gratuito. Senza questa esperienza l’uomo vive nello smarrimento e facilmente si può perdere nelle tenebre del Male; chi invece si lascia toccare vede ogni cosa tornare in ordine. Non siete numeri: siete Figli».

Un Natale che trasforma il presente

La celebrazione, animata dal canto dei cori di Cazzaso e Fusea, non è stata solo un rito, ma un momento di concreta fraternità, culminato in un incontro conviviale curato dai volontari.
«Questa non è una storia di duemila anni fa», ha proseguito nella sua significativa omelia mons. Lamba, «è una realtà che possiamo sperimentare oggi, anche in una cella, nel dolore più acuto o nelle tenebre più fitte». L’invito finale è stato quello di riscoprire la propria dignità per farsi riflesso dell’amore di Cristo nelle relazioni quotidiane, anche dentro la durezza del carcere. Un augurio affinché la luce del Bambino, accolta nella fragilità, possa trasformare l’ambiente penitenziario in un luogo dove la dignità di figli di Dio sia il linguaggio comune tra chi custodisce e chi è custodito.

Bruno Temil

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