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Chiesa

È morto pre Meni Zannier, candidato al Nobel letterario

Il sacerdote-poeta di Majano fu candidato al Nobel per la Letteratura dalle Università di Innsbruck e Salisburgo per le sue profonde liriche in lingua friulana. L’ultima sua battaglia fu quella contro la riforma delle Uti e lo smembramento del Friuli in 18 “miniprovince”

Gravissima perdita per la Chiesa Udinese e per il mondo culturale friulano. Ci ha lasciati ieri sera, mercoledì 11 gennaio, nell’Ospedale di San Daniele, don Domenico Zannier, il sacerdote poeta di Majano che con le sue liriche in lingua friulana intrise di fede e di impegno civile era arrivato a farsi candidare nel 1986 dalle Università di Salisburgo e di Innsbruck al premio Nobel per la Letteratura. Nato a Pontebba nel 1930 da genitori artigiani e emigranti, don Zannier fu ordinato sacerdote l’8 luglio del 1956, aveva, infatti, festeggiato domenica 10 luglio 2016 a Majano il 60° di sacerdozio. Cooperatore parrocchiale a Sutrio fino al settembre del 1958, fu poi cappellano a Pradamano (fino al settembre ’59) e in seguito a Pocenia e a Castions di Strada, fino al 1960, per poi diventare parroco di Lusevera, comunità che ha guidato fino al 1972. Successivamente insegnante di scuola media è rientrato nella sua Majano, a Casasola, paese di origine della madre.

Figura poliedrica, pre Meni Zannier è stato uomo di cultura a tutto tondo: non solo sacerdote e insegnante, ma anche poeta e scrittore, traduttore e giornalista pubblicista – ha diretto «la Vita Cattolica» nei tempi del terremoto, dal 1975 al 1976 –, critico d’arte. La sua attività letteraria è cominciata in giovane età, raggiungendo, passo dopo passo, vertici consistenti, tanto da ottenere innumerevoli premi e riconoscimenti nazionali ed internazionali: dal premio «Nadâl Furlan» del 1979, per i valori di civiltà cristiana espressi nella sue opere, passando per il «Premio della Cultura » della Presidenza del Consiglio dei Ministri e il «Premio Campidoglio d’Oro» della Internazionale Burkhardt Akademie, per citarne solo alcuni. Don Zannier dimostrò fin da giovanissimo uno spiccato interesse per la poesia. Il suo primo componimento fu un sonetto dedicato alla Madonna, nel giugno del 1946. Non aveva ancora compiuto 16 anni. Quindi ha scritto liriche in italiano, abbozzi in francese e in inglese. Sono del 1949 pochi versi friulani. La svolta verso il friulano comincia agli inizi degli anni Cinquanta e giunge attraverso la consapevolezza di appartenere all’area linguistica ladina. La su volontà di valorizzazione etnica è stata in concreto affidata alla “Scuele Libare Furlane” (Scuola Libera Friulana), una Istituzione-Associazione che dal 1952 al 1975 ha operato in Friuli tra i ragazzi e i giovani. La novità assoluta era quella di un popolo che che solo prendeva coscienza della sua cultura e del dovere di trasmetterla. “Per chi crede che il friulano sia un’appendice linguistica e culturale dell’italiano e che le esperienze letterarie compiute in letteratura italiana rendono inutili certe forme d’arte del genere in friulano – sosteneva don Zannier -, io ritengo che le due lingue sono indipendenti e che le esperienze dell’una non sono quelle dall’altra. Si deve quindi realizzare in friulano quanto manca d’ogni genere letterario. Le due culture non sono convergenti, ma parallele e nella loro evoluzione neppure contemporanee, se non per cronaca”. Di qui il suo impegno poetico per esprimere i contenuti umani, civili, religiosi che coltivava nel cuore e che voleva comunicare e per ripercorrere il cammino del Friuli e dell’Europa nelle sue millenarie vicende. “Il mio è un cammino fattuale ed etico .- spiegava -. Richiamo il passato come fonte di conciliazione e di amore. Rifiuto la memoria quale alimento di rivendicazione e di odio. I miei versi sono illuminati dalla trascendenza”.

Un’altra gravissima perdita per la Chiesa e per il mondo culturale friulano

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