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Economia

“I migranti in Friuli garantiscono la sopravvivenza di alcuni territori”

Lo sostiene la Cisl, in un’indagine su crisi, natalità e stranieri in regione. Tra le assunzioni nell’Uti delle Dolomiti Friulane, ad esempio, il sindacato nota un aumento di cittadini europei non italiani (+2,8%) ed extra Cee (+1%9), a fronte di un calo di quasi 4 punti percentuali per quanto riguarda gli italiani.

“Sono i cittadini provenienti da altri Paesi a garantire talvolta in Fvg la sopravvivenza di alcuni territori, ma anche di cicli produttivi”. E’ la conclusione a cui giunge la Cisl Fvg, che oggi ha diffuso un’indagine su crisi, natalità e stranieri in regione. Per quanto riguarda la natalità, ricorda la sigla sindacale, in Fvg, dal 2012 al 2018, i nuovi nati sono scesi da 9.824 a 7.829. Incide il numero degli stranieri, che in 39 comuni, in particolare tra le province di Udine (19) e Pordenone (17), è uguale o supera il 20%. A Monfalcone (Gorizia), “caso eclatante”, 144 nati su 255 non sono italiani. Secondo la Cisl, “i centri più piccoli devono in qualche modo la propria sopravvivenza proprio agli stranieri: tra questi, Prata di Pordenone (18/64), San Vito al Tagliamento (24/112), Spilimbergo (25/91), Pravisdomini (14/37) e Pasiano (29/57), senza contare i Comuni come Andreis, Sgonico e Pulfero, dove più della metà dei pochi nati sono figli di stranieri residenti”. Questi dati, osserva la Cisl, si accordano a quelli del mercato del lavoro: tra le assunzioni nell’Uti delle Dolomiti Friulane, ad esempio, il sindacato nota un aumento di cittadini europei non italiani (+2,8%) ed extra Cee (+1%9), a fronte di un calo di quasi 4 punti percentuali per quanto riguarda gli italiani. “E’ chiaro – osserva il segretario generale della Cisl Fvg Alberto Monticco – che l’andamento e le dinamiche della popolazione vanno di pari passo con quelle del mercato del lavoro”. “Soltanto nel manifatturiero – aggiunge – ci risultano in piena crisi ben 29 aziende: parliamo di quasi 3mila 200 lavoratori sottoposti a licenziamento o a qualche ammortizzatore sociale”. Quindi, “piuttosto che pensare a muri e fili spinati o ad altre manovre di distrazione, la Regione farebbe meglio a spiegare quali sono i piani che ha in mente per uscire dall’impasse reale in cui ci stiamo trovando”.

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