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Al Giubileo a Roma anche due detenuti da Udine e il crocifisso fatto a Tolmezzo

Roma si prepara a vivere, il 14 dicembre, uno dei momenti più intensi dell’anno santo, il Giubileo dei detenuti, e con la città tutta la Chiesa, anche quella friulana. Persone recluse in permesso, cappellani, agenti di polizia penitenziaria, operatori pastorali, dopo aver attraversato la Porta Santa, si raduneranno attorno all’altare del “principe degli apostoli”, per partecipare alla solenne Eucaristia presieduta dal Santo Padre Leone XIV. Ci saranno anche delegazioni delle case circondariali di Udine e Tolmezzo, i rispettivi cappellani, i vincenziani padre Lorenzo Durandetto e padre Claudio Santangelo, con alcuni volontari, detenuti e loro familiari.
E quel giorno, ad accogliere in basilica questi speciali pellegrini ci sarà anche un’opera d’arte nata tra le mura del carcere di alta sicurezza di Tolmezzo.

Il crocifisso del detenuto

Uno degli elementi più significativi dell’evento, infatti, sarà la presenza del crocifisso realizzato da G.C., detenuto del carcere di Tolmezzo: un manufatto che ha lasciato senza parole quanti l’hanno osservato per la prima volta quando è stato esposto nel Duomo di Tolmezzo la scorsa quaresima.
La possibilità di portare l’opera in Vaticano è nata grazie all’interessamento e al generoso impegno di don Alessio Geretti, collaboratore esterno del Dicastero per l’Evangelizzazione e parroco di Illegio e Betania, e la proposta di accogliere questo speciale segno di speranza è stata accolta con favore dalla Santa Sede. Si tratta di un’opera eccezionale nella sua semplicità, per realizzarla, G.C. ha utilizzato esclusivamente materiali poveri, tutti riciclati: 186 giornali per la croce; 28 cartoncini “finali” della carta assorbente per lo scheletro; 8 cartoncini dei rotoli di carta igienica per i chiodi; un mocio per capelli, barba e ciglia; un lenzuolo per rivestire e dare forma al corpo.

G.C.: «Questo crocifisso è la mia preghiera»

«Ho usato ciò che agli occhi di tutti non vale niente. Perché spesso anche noi ci sentiamo così: senza valore – testimonia con profondità lo stesso autore dell’opera –. Ma nelle mani di Dio anche la carta stracciata può diventare qualcosa di vivo. Questo crocifisso è la mia preghiera affinché nessuno sia giudicato per sempre dal proprio errore». Parole straordinarie, che restituiscono la possibilità, anche in un contesto segnato da limiti e solitudine, di percorrere un cammino di redenzione.
Alla celebrazione a San Pietro saranno presenti anche i familiari di G.C., per quali la possibilità di veder esposto il crocifisso rappresenta un’emozione profonda, difficile da esprimere a parole. Attraverso quell’opera, la sofferenza legata alla detenzione si apre a un raggio di speranza: uno spazio possibile di riconciliazione, dove la ferita non viene nascosta, ma consegnata a un volto d’amore che salva.

Padre Santangelo: «Dio non scarta nessuno»

«Impossibile non richiamare alla mente le parole di papa Francesco sulla cultura dello scarto – osserva il cappellano del carcere di Tolmezzo, padre Claudio Santangelo –. Chi vive dietro le sbarre è spesso percepito come uno “scarto” della società. Ma Dio non scarta nessuno: la sua misericordia trasforma ciò che è rifiutato in qualcosa di nuovo, di bello, di prezioso, capace di parlare al cuore di tutti».
L’opera, alta due metri, rappresenterà un segno significativo di speranza anche per tutti gli altri pellegrini: il corpo scuro e magro, i segni dei chiodi, il capo reclinato, la materia ruvida che sembra conservare ancora un’eco di piaghe e misericordia… Il suo autore racconta di aver provato un profondo malessere nel momento in cui ha inserito i chiodi nel palmo delle mani del Cristo. Gli sembrava di trafiggere Nostro Signore. E gli ha chiesto perdono.

Due detenuti dal carcere di Udine

Al Giubileo ci saranno anche due persone detenute nel carcere di Udine. Ad accompagnarle a Roma saranno il cappellano padre Lorenzo Durandetto e la comandante della Polizia penitenziaria della casa circondariale, Monica Sensales.
«Si tratta di due persone che nel tempo si sono guadagnate la fiducia dei responsabili e del personale dell’Istituto – racconta p. Lorenzo – ottenendo tra l’altro la possibilità di lavorare all’interno della struttura. Uno di loro, sulla quarantina, è friulano ed è già da tempo tra coloro che in gergo vengono definiti “lavoranti”, da qualche mese è stato assunto da una cooperativa per la quale lavora come cuoco. La domenica non manca mai a Messa». L’altro uomo è sulla settantina, di origini croate. «L’ho sempre visto venire a Messa e pregare, discreto, non ha mai chiesto nulla. Sono stato io ad un certo punto quasi ad insistere perché mi raccontasse la sua vicenda», continua p. Lorenzo.

Al più giovane il cappellano ha parlato subito della possibilità di andare a Roma e l’attesa per la concessione del permesso è stata carica di speranze. All’altro uomo , invece, ha voluto fare una sorpresa, «perché non volevo illuderlo e immaginavo che sarebbe stato molto felice di questa opportunità, anche perché per lui si tratterà di una prima volta a Roma. Quando è arrivata l’autorizzazione aveva le lacrime agli occhi dalla gioia e mi ha abbracciato, ringraziandomi».
«Entrambi sono felicissimi e anche io sono molto contento per loro – conclude p. Lorenzo –. Sono convinto che entrambi se la meritino questa occasione di preghiera e di “Giubileo”».
Bruno Temil e Valentina Zanella

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