Illegio e le ricerche archeologiche che lì sono state condotte tra il 2002 e il 2012 – e che hanno consentito di individuare probabili tracce della prima cristianizzazione di questa valle carnica risalenti già al IV secolo – hanno rilevanza non soltanto per la storia del Friuli, ma, in generale, per la ricerca archeologica nazionale.
Martedì 9 settembre, infatti, nel paesino carnico è salita una rappresentanza degli oltre 100 fra i massimi studiosi italiani di archeologia medievale che, dal 9 al 13 settembre, hanno partecipato al decimo Congresso nazionale di archeologia medievale che si è tenuto tra Udine e Cividale, organizzato dal Dipartimento di Studi umanistici e del patrimonio culturale dell’Università di Udine e dal Museo archeologico nazionale di Cividale. Gli stessi hanno anche visitato l’area archeologica di Ovaro. E due giorni dopo, venerdì 12 settembre, a palazzo Di Toppo Wassermann, a Udine, ai convegnisti è stato presentato il nuovo volume “Luoghi di culto e popolamento in una valle alpina dal IV al XV secolo. Ricerche archeologiche a Illegio” (2002-2012) curato da Aurora Cagnana e Stefano Roascio, due degli studiosi che quelle ricerche hanno condotto.
Un libro non solo per gli specialisti
Il libro, per la prima volta, racconta, «con un linguaggio preciso, ma chiaro anche ai non archeologi», ha affermato aprendo l’incontro la prof.ssa Simonetta Minguzzi, gli esiti di quell’importante campagna di scavo realizzata sotto la direzione di Cagnana e Roascio, con il contributo finanziario del Comitato di San Floriano di Illegio e il sostegno della comunità locale, come ha ricordato subito Aurora Cagnana, ringraziando «pre Agnul e don Aessio», ovvero mons. Angelo Zanello, parroco di Tolmezzo e presidente del Comitato di San Foriano, e don Alessio Geretti, l’organizzatore delle mostre d’arte di Illegio, «che ci hanno invitato a lavorare per 10 anni e che con il Comitato hanno sostenuto, anche finanziariamente, il nostro lavoro».
Ricerca archeologica e comunità locale
Se oggi il rapporto tra ricerca archeologica e comunità locale è un tema noto, a Illegio si è realizzato già vent’anni fa all’epoca degli scavi, contribuendo a fare di Illegio un caso di interesse nazionale. In sostanza, alcune delle scoperte fatte sono state possibili grazie alla collaborazione della gente di Illegio. A partire dallo scavo della chiesa di San Pauli dove è stato rintracciato quello che, molto probabilmente, fu un antichissimo sacello paleocristiano risalente al IV secolo. Ebbene, il luogo dove scavare è stato indicato da un agricoltore, Angelo Job, che ne aveva avuta consapevolezza arando il suo terreno. Non solo: un’area cimiteriale, abbandonata addirittura nel ‘300, è stata scoperta grazie al fatto che la gente del posto la chiama ancor oggi “via dei morti”.
«Sarà che gli illegiani hanno custodito – scrivono nella prefazione mons. Angelo Zanello e don Alessio Geretti – una singolare e straordinaria procedura collettiva e domestica di conservazione della memoria, sarà che le caratteristiche morfologiche e le vicende storiche della conca di Illegio hanno favorito la resistenza, seppure sotterranea, di una serie di vestigia della movimentata stirpe illegiana, il fatto è che il patrimonio della memoria orale di una comunità ha dimostrato un valore di fondamentale importanza per il progresso scientifico, chiamato a sviluppare intuizioni e a purificare suggestioni, ma mai a ignorare o a sottovalutare la serietà con cui le generazioni hanno consegnato ciò che han visto e ciò da cui hanno imparato».
Scavi di interesse nazionale
Oltre a questo aspetto ve ne sono altri, ha spiegato Cagnana, per i quali Illegio ha una rilevanza per la ricerca di carattere nazionale. Innanzitutto è la sua posizione a renderla interessante, nei pressi del passo di monte Croce Carnico, «una delle tre più importanti vie di passaggio dall’Italia nord orientale verso il Norico. C’è poi la geomorfologia: in questo piccolo territorio sono stati scavati tre chiese e due castelli, riscontrando una fortissima densità di presenza umana. Questo è dovuto, oltre che alla vicinanza al valico, al fatto che quello di Illegio è un piccolo pianoro molto protetto dalla sua altezza e dalla presenza di montagne alte e pendenti. Inoltre, essendo stato fino a 30-40 mila anni fa un lago alpino, i sedimenti rimasti lo hanno reso adattissimo all’agricoltura e quindi molto ricco. La Pieve di Illegio, infatti, era la più piccola della Carnia, ma pagava il reddito più alto, proprio per la fertilità del suo territorio».
Cristianizzazione già nel IV secolo
Scopo della campagna di scavo era quello di capire la storia della cristianizzazione di questo luogo. «Pensavamo – ha raccontato Cagnana – che la Pieve di San Floriano fosse il luogo più antico, ma la ricerca ci ha consentito di individuare l’edificio sacro nel fondovalle», ovvero appunto nell’area della chiesa di San Pauli. «Non ci sono certezze assolute – ha precisato Stefano Roascio – ma la cosa più ragionevole da pensare è che quello che abbiamo individuato e risalente al IV secolo, sia stato un edificio cristiano, dove era presente anche un piccolo fonte battesimale su stelo». Un’altra prova, quindi, dell’antichità della cristianizzazione delle valli della montagna friulana, di poco successiva all’editto di Costantino del 313 d.C.
Come per altre zone della Carnia – Ovaro in primis –, quest’area sacra venne poi abbandonata in epoca carolingia, per realizzarne una nuova in posizione più arroccata e sicura, ovvero dove oggi si trova la Pieve di San Floriano. Nel fondovalle venne realizzato anche un cimitero che gli archeologi hanno scoperto. Tra i ritrovamenti più interessanti una veste liturgica, una dalmatica, e alcuni rosari.
Gli altri ritrovamenti
Cagnana poi ha ricordato anche altri ritrovamenti effettuati: la chiesa “privata” di San Vito, a soli 300 metri dalla Pieve di Illegio, le tracce di un antico insediamento romano e alcune fortificazioni, tra cui una torre di 40 metricubi – risalente alla seconda metà dell’XI seecolo – in cui sono state scoperte anche alcune pedine del gioco degli scacchi, testimonianza della ricchezza di Illegio nel Medioevo.
Una campagna di scavo, quindi, che ha permesso di fare luce sul passato, ma non solo. «Non si tratta soltanto – scrivono mons. Zanello e don Geretti – di riscoprire, di indagare, di chiarire cosa fu visto e cosa accadde in stagioni remote, partendo da narrazioni e giungendo a scavi e analisi: si tratta anche di cogliere cosa quegli eventi e quei monumenti insegnarono e cosa ancora oggi possono testimoniare». Ebbene, le scoperte di Illegio, concludono, «dichiarano quanto chiaramente la gente di quassù ha visto che la vita umana è pellegrinaggio, lavoro paziente di raffinamento, battaglia e precarietà, grandezza incancellabile, slancio verso l’immensità, intuizione e percezione del lato visibile della realtà, introduzione alla vita di Dio».
Stefano Damiani