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Commento al Vangelo

Chi crede nel Figlio ha la vita eterna

Commento al Vangelo del 2 novembre 2025,
Commemorazione dei defunti
Gv 6, 37-40

In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

Parola del Signore.

A cura di don Alberto Santi

Quando pensiamo ai nostri fratelli defunti, li immaginiamo spesso in una dimensione lontana dalla nostra; loro sono “nell’al di là” noi invece “nell’al di qua”. Eppure, le nostre nonne e le nostre mamme ci hanno insegnato a pregare per loro. Ma se non ci fosse comunione tra noi e loro, a cosa servirebbero queste preghiere? Se non esistesse un dialogo tra il nostro mondo e quello dell’eternità, perché continuare a pregare per i nostri cari che ci hanno preceduti?
La risposta è nel nostro battesimo. San Paolo, scrivendo ai cristiani di Roma, ricorda che attraverso il battesimo siamo stati innestati nella persona di Cristo (cfr. Rm 6). E poiché Cristo è figlio di Dio, anche noi siamo diventati figli di Dio.

Noi siamo parte integrante di Cristo e, poiché Egli è risorto, anche noi siamo già risorti. Nel capitolo terzo della Lettera ai Colossesi, san Paolo ricorda con la consueta limpidezza: «Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio» (Col 3,1) e prosegue «quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria» (Col 3,4).

Noi siamo già risorti, non ancora però manifestati come tali. Lo saremo quando Lui si manifesterà al suo ritorno. Sarà una manifestazione di ciò che già siamo.
La grazia del battesimo infatti ci rende una sola cosa con Cristo: viviamo nel tempo, ma siamo già immersi nell’eternità.
Per questo non possiamo sentirci separati dai nostri fratelli che ci hanno preceduti nella storia e che adesso vivono con Dio. Siamo parte della stessa realtà: noi i vivi nella storia, loro i vivi nell’eternità; ma anche noi siamo già nell’eternità pur vivendo nella storia. Anche loro sono uniti a Cristo come noi, perché il battesimo li ha innestati nello stesso tronco che è Gesù risorto.
Ecco il senso profondo per cui la nostra preghiera è una realtà vera e valida.
Pregare per i nostri cari defunti significa far del bene a questa grande comunità di cui facciamo parte anche noi. Il bene che desideriamo per loro è anche un bene per noi, perché siamo membra dello stesso corpo.

E sempre san Paolo ci ricorda che in un corpo «se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui» (1Cor 12,26).
«Ti voglio bene»: lo diciamo ancora ai nostri cari defunti. Come li abbiamo amati in vita, continuiamo ad amarli anche ora, anche se non li vediamo e non li sentiamo. Preghiamo per loro, perché questa nostra preghiera li accompagni nell’incontro definitivo con il Signore, nella consapevolezza che il bene che doniamo ritorna a noi.
Così, nell’abbraccio della fede, il nostro gesto d’amore per loro diventa anche il loro gesto d’amore per noi.
Questa è la logica dentro la quale vogliamo celebrare la Commemorazione di tutti i fedeli defunti: un’opera di fede e di affetto, che unisce cielo e terra, vivi e defunti, in un’unica comunione d’amore in Cristo Signore.
don Alberto Santi

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