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Chiuso anche a Udine il Giubileo. «Rinnoviamo la speranza in Cristo»

«Questo Giubileo è stato pieno di grandi opportunità. Ti ricordi il pellegrinaggio a Roma?», «È una Messa importante, guarda quanta gente!», «Peccato che Papa Francesco non l’abbia potuto vivere fino in fondo». C’è un gran vociare fuori dalla Cattedrale di Udine, nel pomeriggio di domenica 28 dicembre. Sta per iniziare la celebrazione con cui si chiude il Giubileo, l’Anno Santo inaugurato esattamente un anno fa, il 29 dicembre 2024. In Cattedrale a Udine la folla è quella delle grandi occasioni, con fedeli da tutta l’Arcidiocesi: mezz’ora prima della “campana” si stenta a trovare posto a sedere. Moltissimi i preti – complice anche la sospensione delle Messe vespertine –, diverse anche le autorità civili presenti in duomo a Udine, su tutte il sindaco di Udine prof. De Toni. C’è la sensazione di un momento di grande respiro spirituale, pur se posto accanto alle festività natalizie che già riempiono le chiese. Ma il Giubileo è il Giubileo, viene una volta ogni venticinque anni.

Eccola, la campana. Dalla sagrestia la processione di casule bianche è preceduta dalla grande croce nera fiorita, con il crocifisso dorato, che ha accompagnato il Giubileo nella Cattedrale udinese.

La numerosa assemblea in Cattedrale

Mons. Lamba: «La speranza in Dio non va mai delusa»

Nella sua omelia, mons. Lamba si è lasciato guidare – come di consueto – dalle parole proclamate nella liturgia. «Per Maria e Giuseppe non dev’essere stato facile farsi da tramite per la venuta nel mondo di Dio», ha esordito. «La loro vita e la loro esperienza di fede sono state stravolte. Qual è il filo conduttore della loro nuova esperienza? Quando il loro figlio entrò nel mistero della morte, così poi nella risurrezione e nella gloria, essi hanno sentito che la loro missione si era davvero compiuta: la speranza che per tanti anni hanno riposto solo in Dio, non è andata delusa!» Eccola, la speranza, parola guida dell’intero anno giubilare. Nelle parole dell’Arcivescovo, dall’annunciazione alla risurrezione «si era teso un arco». «Anche per noi, oggi, si conclude un “arco” iniziato un anno fa per volere di Papa Francesco: il Giubileo».

Quale l’eredità di un’esperienza spiritualmente così forte, tanto da portare in pellegrinaggio a Roma – e non solo – migliaia di persone? «Penso che ognuno abbia fatto l’esperienza di un amore rinnovato, personalmente e singolarmente, da parte di Dio», ha constatato mons. Lamba. «Tutto questo ci invita a continuare il cammino con fiducia e con la consapevolezza – come Maria e Giuseppe – che una speranza riposta in Dio non andrà mai delusa».

La croce fiorita, nera con il crocifisso dorato, ha accompagnato il Giubileo in Cattedrale

Il grazie per le grazie

Al termine della celebrazione, il canto del Magnificat ha chiuso definitivamente i battenti al Giubileo friulano, il grazie per un anno di grazie durante il quale la più ardua tra le virtù, la speranza, è stata posta al centro delle riflessioni. E dei cuori. Difficile trovare nuovo carburante alla speranza, soprattutto in tempi – per essere generici – di grande incertezza, conflitti, insicurezze. Trovano senso, quindi, le parole con cui mons. Lamba ha concluso la sua omelia: «Rinnoviamo con fiducia la nostra speranza in Gesù!»

Come ultimo segno di speranza, le offerte raccolte durante la celebrazione saranno devolute a due centri di cura e istruzione per persone sordomute, il “Gualandi Effatà” di Cebu (Filippine) e il “Don Giuseppe Gualandi” di Butembo (Rep. Dem. del Congo). Proprio nella Cattedrale udinese, infatti, è attivo un gruppo di persone sordomute che con il parroco mons. Luciano Nobile celebra ritiri e liturgie con la lingua dei segni. Un ulteriore arco di vicinanza e prossimità, segno concreto di Speranza, segno concreto del Giubileo.

G.L.

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