Si è messa nei panni di un bullo quindicenne, cercando di immaginarne i pensieri. E pure le motivazioni alla base dei suoi comportamenti prevaricatori e violenti. E con il suo elaborato (che pubblichiamo integralmente qui sotto) ha partecipato (insieme a oltre mille studenti) al Concorso nazionale “Legalità e cultura dell’etica 2025”, promosso dal Rotary Club Italiano, vincendo il terzo premio. Lei è Giada Burba, ha 13 anni e in questi giorni è impegnata con gli esami di terza media alla Scuola “G. Bianchi” di Codroipo, cittadina dove vive assieme ai genitori.
Di recente, per celebrare il prestigioso riconoscimento – che è stato ritirato a Roma, nella cornice della Bibilioteca Nazionale –, proprio a Codroipo è stato reso il doveroso omaggio alla giovane che, nonostante l’età, con grande capacità espressiva ha dimostrato sensibilità e maturità non comuni riguardo al bullismo, tematica purtroppo sempre d’attualità, soprattutto nelle scuole e tra i giovanissimi.

Durante la serata ospitata al Nodo Hotel, i complimenti e gli applausi – come racconta papà Massimo, che insieme a mamma Marta ha partecipato alla premiazione nella capitale – sono giunti dal Rotary Club Codroipo Villa Manin, rappresentato da Remigio Venier e presieduto da Marco Gasparini, dalla dirigente scolastica Erminia Salvador e dalle docenti Ketty Dal Lago e Lucia Shilter, oltre che dalla scrittrice Federica Ravizza.
Giada, appassionata lettrice fin da piccola («Abbiamo la casa piena di libri», rivela il papà), il prossimo anno sarà al Liceo scientifico Malignani di Udine, proseguendo anche lo studio del pianoforte con il maestro Geremy Serravalle, alla Scuola di musica “Città di Codroipo”. Per ora non ha ancora bene in mente cosa farà da grande. Ma una cosa è certa: leggendo il suo testo, di sicuro qualcosa in cui potrà mettere a frutto la sua profonda sensibilità.
Monika Pascolo
Il testo vincitore
“Avevo bisogno di sentirmi forte e che qualcuno mi notasse”
“Non mi piaceva questa sensazione. La luce del lampione era fioca. Quella faccia non mi piaceva. Era un ragazzo poco più alto di me, questo non mi andava bene. E poi era confuso. Sembrava spaesato. Forse si era appena trasferito. Non mi sembrava tanto muscoloso. Decisi di avventarmi su di lui. Prima però lo seguii, lentamente. Lui stava sul cellulare. Non mi notava. In quel momento. E poi niente. Non mi ricordo tanto. Quel drink aveva fatto effetto. Era appena stato il mio compleanno, ma, come ogni anno, lo odiavo. Lo odiavo perché era un giorno come un altro; nessuno mi faceva gli auguri. Volevo che qualcuno si ricordasse di me. Neanche mia madre mi calcolava.
Io avevo molta paura di non essere all’altezza dei miei amici. I miei amici erano senza paura, superiori a tutti. E io volevo essere come loro; volevo che mi notassero. Volevo che avessero paura di me come io avevo paura di loro. Quell’anno compivo quindici anni. Mi sentivo grande. Succedettero tanti episodi così, ma non mi fecero niente, ero ancora minorenne. Mi portarono sempre qualche ora in caserma per dirmi di darmi una regolata e poi mi lasciarono sempre andare. Ormai ero abituato. Non mi spaventavo più tanto quando uscivo sul giornale, anzi, ero contento, visto che così mi avrebbero notato.
I miei non dicevano niente, non mi consideravano più. A scuola andavo male e succedevano queste cose: ormai per loro ero un caso perso e non ci facevano più caso. Non ero mai stato con una ragazza, a differenza dei miei amici: loro se ne vantavano ed io ero molto geloso.
Ero brutto, lo sapevo.
Pensavo che facendo queste bravate avrei attirato più ragazze; invece non cambiò niente. Mi chiesi come fosse possibile. Passò molto tempo, finché non capii tutto. Quello che stavo facendo era sbagliato. I miei amici ed io facevamo queste cose per mostrarci superiori agli altri, perché evidentemente dentro non ci sentivamo così forti.
Mi sentivo uno schifo. Piansi, piansi tanto. Quello che avevo fatto finora era irrecuperabile. Capii che se avevo paura dei miei amici era perché loro non mi accettavano così com’ero. Ci vollero un po’ di anni, ma alla fine presi una decisione importante: diventare la persona che volevo. Una persona che avrebbero notato, si, ma per altri motivi. Iniziai a prendere sul serio la scuola, aiutavo la mamma in casa, ero gentile e simpatico con tutti.
Mi feci nuovi amici. Con loro uscivo e ci sostenevamo l’un l’altro. Non avevo paura di loro. Non avevo paura di deluderli.
Capii che andava bene così.
Questa è la mia storia ragazzi.
Vi prego, non fate i miei errori.”
Giada Burba