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Costruire la pace iniziando dalla scuola. L’esperienza delle “Classi Rondine” alla Percoto di Udine

Italia-Israele un anno dopo. Se in Terra Santa in questi ultimi 12 mesi la storia ha preso una piega sempre più drammatica, qui in Friuli, oltre all’indignazione per quanto si sta perpetrando nei territori palestinesi, è cresciuta, silenziosa, anche l’attenzione alla costruzione della pace, a partire dal mondo scolastico. Questo grazie al percorso avviato (anzi: consolidato e allargato) con Rondine-Cittadella della pace, che ha visto convergere attorno alla realtà aretina numerosi soggetti istituzionali tra cui il Comune di Udine e l’Arcidiocesi udinese. Il risultato? Un coinvolgimento di numerosi insegnanti nella conoscenza e diffusione del “Metodo Rondine” nelle classi degli istituti secondari di secondo grado, con annessa la possibilità – per gli studenti – di trasferirsi un anno ad Arezzo e vivere il quarto anno di studi superiori nella cittadella di Rondine. «A oggi è attiva una “Sezione Rondine all’istituto Percoto di Udine e un’altra al Petrarca di Trieste» afferma Alberto Fabris. Udinese, attivo anche nel Movimento del Volontariato italiano, Fabris è tutor di Rondine per gli insegnanti che, in accordo con i dirigenti, scelgono di avvalersi del Metodo Rondine. «È un percorso più ampio, che coinvolge i consigli di classe e l’intera scuola», svela. Nel concreto, «Nelle sezioni Rondine il triennio è dedicato ad approfondire il conflitto interiore e la relazione con l’altro, con un’attenzione alle ricadute sul territorio. Il tutto secondo tre “pilastri”: la comunicazione interpersonale, la vicinanza con l’altro e la sua scoperta».

Alberto Fabris

Una ricetta, quella del Metodo Rondine, che ha bisogno di tre elementi: innanzitutto un consiglio di classe – quindi tutto il gruppo dei docenti di una classe – interamente formato al Metodo. In secondo luogo, un tutor che interviene in compresenza per otto ore settimanali in ogni classe, intrecciando le materie dei diversi docenti con i tre pilastri citati. Infine, alcune ore pomeridiane in cui, assieme ai ragazzi, si vivono attività più specifiche (per esempio la simulazione di un conflitto, uscite sul territorio, ecc.). «Sosteniamo anche colloqui individuali (non terapeutici) con i ragazzi, per capire come vivono le relazioni a scuola, con docenti e compagni». Tra gli approfondimenti pomeridiani figurano anche situazioni che contengono i germi di una possibile tensione conflittuale: la giustizia e la pena, la fragilità, le nuove povertà, la parità di genere, la salute mentale.

Studenti di Udine e Trieste in visita a Rondine (febbraio 2025)

«Rondine prevede un metodo che lavora sulla consapevolezza del conflitto, non necessariamente nella sua versione estrema, armata» testimonia una delle docenti coinvolte nel progetto. «Si inizia dai conflitti quotidiani, compresi quelli in sé stessi, lavorando poi sulle relazioni in cui il conflitto è presente, per gestirlo. Il conflitto vero e proprio nasce quando l’altro diventa “nemico”, mentre la tensione va trasformata in qualcosa di costruttivo dando spazio a dialogo e confronto (anche animati) purché si curi e si “salvi” la relazione», spiega.

Su spinta dell’Arcivescovo, il Metodo Rondine è stato condiviso anche con diversi insegnanti di religione. Per loro un nuovo appuntamento conoscitivo è previsto il 22 ottobre: sul tavolo, le proposte di Rondine: il “quarto anno” ad Arezzo, il Metodo e le classi Rondine.

Giovanni Lesa

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