«La comunicazione di per sé è qualcosa di buono, ma lo strumento che utilizziamo e il modo con cui si comunica possono trasmettere qualcosa di violento». Cura del contenuto così come della sua forma, ossia del modo in cui il messaggio viene trasmesso. Vanno diritte al punto le parole con cui l’arcivescovo mons. Riccardo Lamba ha introdotto i lavori del convegno diocesano svoltosi sabato 24 maggio a Udine in prossimità della Giornata mondiale per le comunicazioni sociali che la Chiesa celebrerà il prossimo 1° giugno. Il convegno, dal titolo «Disarmare le parole per comunicare speranza», ha visto la partecipazione di circa un’ottantina di persone tra giornalisti, operatori pastorali dell’ambito “Cultura e comunicazione”, sacerdoti, insegnanti, studenti e persone generalmente interessate a quello che, a detta dello stesso Arcivescovo, è un tema oggi sempre più centrale nel dibattito culturale. «Tutti quanti noi – ha ricordato mons. Lamba – sperimentiamo e talvolta utilizziamo parole violente in tanti ambienti della società civile, anche della Chiesa; la cosa che dobbiamo prendere a cuore è la cultura che c’è dietro. E incontri come questo credo che ci aiutino a crescere in una cultura che punta alla verità, avendo come fine comunicare le cose belle».

Una nuova cultura da abitare
La presa di coscienza che la cultura odierna è intrisa di comunicazione, algoritmi e tecnologie è stato il filo conduttore dell’esperienza vissuta dai partecipanti al convegno; proprio di esperienza si può parlare, dal momento in cui la mattinata si è svolta partendo da una riflessione sull’esperienza personale di ciascuno e sulla propria dieta mediatica. Interessanti i riscontri dei partecipanti, i quali hanno avuto modo di riflettere innanzitutto su come gli algoritmi dei social tratteggiano la loro rispettiva presenza sui media, in particolare quelli digitali.

Provocazioni digitali
Attesissimo, poi, l’intervento di Rosy Russo, fondatrice del progetto “Parole O_stili” e coordinatrice del gruppo italiano dei missionari digitali . «I social sono una cultura che abitiamo tutti e tutte, da chi ha 80 anni fino a è chi è nato a gennaio e fa parte della nuova “Generazione Beta” – ha affermato –. Tutti stiamo dentro questa cultura. E la cultura si abita dalla testa ai piedi. Significa che on-line si possono coltivare relazioni, rapporti, conoscenze, saperi. “Cultura” significa proprio “coltivare”: non possiamo più stare a guardare questo mondo». Pensando al rapporto educativo tra gli adulti, le nuove generazioni e le tecnologie, Rosy Russo ha constatato in modo provocatorio che «Per i giovani noi scegliamo la scuola migliore, le proposte migliori… E non ci rendiamo conto che stanno sei ore al giorno on-line. Su queste sei ore – ha proseguito –, a fine giornata, non facciamo nessuna domanda del tipo: “Come è andata? Cos’è successo? Con chi hai litigato? Le nostre comunità cosa stanno facendo per tutto questo? È finito il tempo in cui i social sono intesi come un semplice strumento».
Come vi siete conosciuti? Su Internet!
Nel suo lungo intervento Rosy Russo ha portato numerosi casi di come la nuova cultura digitale stia già irrorando il vissuto di tutti noi. Alcuni esempi? L’utilizzo dei cosiddetti “meme” per trasmettere un messaggio, un’emozione o una sensazione; oppure il fatto che rispetto a 60 anni fa sono radicalmente cambiate le modalità con cui si formano coppie di fidanzati, avendo oggi come primo luogo di incontro proprio la rete Internet. E, ancora, la nascita di nuove espressioni come la parola “Netily”, una crasi tra network e family per indicare un insieme di persone con le quali ci si trova bene come all’interno di una famiglia. Nell’ambito dell’informazione non sono mancati esempi tramite i quali viene narrata la tragedia di popoli vittime di un conflitto come, per esempio, i palestinesi a Gaza. Tutto questo per avvalorare la tesi che davvero il digitale è una cultura che possiamo scegliere di abitare con certe modalità piuttosto che altre.
I temi: «Più “e” che “o”»
Quello di Rosy Russo è stato un intervento ricchissimo, vulcanico e appassionato. Ha parlato della scelta con cura di parole capaci di disinnescare (questo il termine scelto dalla relatrice) la potenziale violenza di cui possono essere portatrici, un’attenzione di carità che non può prescindere dall’empatia con chi si incontra dall’altro lato dello schermo o della pagina. Infine, Russo ha parlato di speranza, un germoglio di tutti i precedenti passaggi. «Ascoltare lo sguardo delle persone; rispettare, accarezzare e custodire il dolore e le fatiche delle persone, usare meno la “o” (che crea polarizzazione) e più la “e” (che invece crea ponti)». Questi gli ingredienti che Rosy Russo, in conclusione del suo intervento, ha consegnato ai partecipanti per costruire una comunicazione capace di portare speranza».
Tre esempi di stampa “di speranza”
Al termine del convegno sono stati presentati ai partecipanti tre strumenti di “comunicazione di speranza”: don Daniele Antonello, nostro direttore, ha parlato della missione di questo settimanale diocesano La Vita Cattolica e del lavoro sinergico e multimediale realizzato assieme a Radio Spazio; Elena Bulfone, presidente di ProgettoAutismo FVG, ha presentato cosa si trova dietro le quinte di “Cose dell’altro mondo”, la recentissima pubblicazione curata dedicata proprio al mondo dell’autismo. Infine, la giornalista di Vita Veronica Rossi ha portato la testimonianza di una testata giornalistica realizzata per il mondo del terzo settore. Esempi di comunicazione costruttiva che da 100, 30 o anche solo 1 anno portano speranza nelle case dei rispettivi lettori. E nei loro cuori.
Celebrare nelle Parrocchie la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali
Domenica 1° giugno la Chiesa celebra la Giornata mondiale per le comunicazioni sociali; per l’occasione, l’ufficio comunicazioni diocesano ha pubblicato una traccia per la preghiera dei fedeli durante le Sante Messe del prossimo fine settimana, scaricabile dal sito www.comunicazionisociali.diocesiudine.it. Presso il medesimo ufficio sono disponibili anche alcune copie del Messaggio che lo scorso gennaio Papa Francesco ha scritto in occasione della giornata mondiale di quest’anno.
Giovanni Lesa