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E se Udine fosse stata fondata da cristiani arrivati dalla Tunisia?

Il 13 settembre si è festeggiato l’802° compleanno della città di Udine, ma più esattamente della sua nascita come «città-mercato, con governo autonomo e con un ruolo centrale nel Friuli patriarcale». “Un” compleanno, non “il” compleanno propriamente detto, possibile soltanto per le città di fondazione, mitica o storica che sia, non per Udine. Ma come per alcune persone il compleanno coincide con l’onomastico, è il nome di una città che può dirci qualcosa sulla sua origine. Molti studiosi si sono interrogati – per secoli – sull’etimologia e l’eziologia del nome oscuro di Udine, dandone spiegazioni (e conseguenti cronologie) diversissime ma ugualmente improbabili. Vincenzo Joppi le liquidò tutte facendo iniziare la storia della nostra città dal 983, anno della prima attestazione del nome di Udine. Se la critica storica ha fatto giustizia dei miti di origine, la linguistica ritiene che il nome di Udine sia antichissimo: secondo Giovanni Frau quasi certamente preromano, derivante dalla base oudh-, udh-, che significa “mammella” e per traslato “collina”, in riferimento al colle su cui sorge il castello. Lo stesso Frau segnala che in Tunisia sorge la città di Oudna, anticamente Uthina, poi Utina; un antichissimo sostrato linguistico comune all’intera area mediterranea spiegherebbe come, in presenza di conformazioni geologiche simili, due località così lontane siano state chiamate allo stesso modo.
Congetturare anche un nesso storico tra la città africana che fino al quarto secolo dopo Cristo fiorì venticinque miglia a sud di Cartagine e quella che sorse venticinque miglia a nord di Aquileia sembrerebbe un nuovo azzardo mitopoietico, se non fosse per una scoperta che ha reso l’ipotesi almeno «possibile, del tutto verosimile, in definitiva probabile». La si deve a Paolo Chiesa, storico illustre, che nel 2004 la espose in un libro dal piacevolissimo tono divulgativo: Udine prima di Udine? Una nuova ipotesi per un enigma antico. A indurre il professor Chiesa a un’indagine fin troppo affascinante fu il ritrovamento, in un passionario raccolto intorno alla metà del XII secolo da un ecclesiastico di nome Iohannes per l’uso liturgico della chiesa aquileiese, del racconto del martirio di un santo, Gallonio, il cui nome non figura in alcun altro calendario liturgico o martirologio o breviario dell’Europa cristiana. Vero è che Gallonio fu perseguito e giustiziato, assieme ad altri cristiani, l’11 giugno dell’anno 303, a Utina. Gli Acta (i verbali) del suo martirio giunsero ad Aquileia verosimilmente tra il IV e il VI secolo. Che il culto, le reliquie, l’agiografia dei santi varcassero il Mediterraneo non è fatto unico o inconsueto: le grandi persecuzioni anticristiane, lo scisma donatista, la conquista da parte dei Vandali, l’invasione araba costituirono i fattori di una frequente migrazione verso settentrione dall’Africa latina, cristianizzata fin dalla metà del II secolo.
Possibilissimo dunque che un gruppo di cristiani provenienti da Utina si siano spinti sino ad Aquileia, ottenendo il permesso di insediarsi – o almeno di edificare una propria chiesa utinensis – sul colle che si ergeva nel mezzo della pianura friulana come quello di Utina tra la valle dello Oued Miliane e la piana dell’odierna Tunisi. Udine ne avrebbe derivato il nome, riformulato dall’aggettivo utinensis in Utinum. (Secoli dopo il monaco Iohannes fraintese e ritenne o volle avvenuta a Udine la condanna al rogo del martire di Utina; ciò spiega l’inclusione altrimenti incomprensibile degli Acta di Gallonio nel passionario aquileiese).
Paolo Chiesa, pur ammettendo che la sua ipotesi si colloca sul crinale tra storiografia e romanzo – ma al tempo stesso rivendicandola come «plausibile ed economica» – conclude che «se non è vera … piace pensare che avrebbe potuto esserlo». A me piace pensare che lo sia, e che davvero Udine debba il proprio nome ai profughi di allora.

Mario Turello

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