Mentre a Gemona c’è un apparente unanimismo, a Montenars si va a caccia di voti casa per casa. Seggi aperti dalle 7 alle 23.
Domenica 6 novembre – dalle 7 alle 23 – la parola passa ai cittadini. Anzi il voto: perché gli abitanti di Montenars e quelli della vicina Gemona sono chiamati a dire la loro sulla proposta di fusione dei due comuni. Un’idea «nata» dal sindaco del centro «più piccolo», Claudio Sandruvi che, se non ha trovato il consenso in casa propria – la minoranza in consiglio comunale si è detta contraria -, e stata invece subito accolta con entusiasmo – e all’unanimità – da amministratori e consiglieri di Gemona.
Della bontà dell’apparentamento è convintissimo il primo cittadino della «capitale» del terremoto, Paolo Urbani che, a qualche ora dall’apertura delle urne ribadisce: «Queste nozze, strategiche per i due i comuni, non sono fatte per noi, ma per i nostri figli e i nostri nipoti. È necessario investire risorse sul territorio per avere in futuro un ritorno economico che consenta a chi verrà dopo di noi di rimanere a vivere qui, sviluppando mestiere oggi sconosciuti e in divenire». Il riferimento è al progetto «Sportland. La natura del benstare» (nel giro di pochi anni ha consentito di triplicare le presenze turistiche sul territorio) e a quello che sta mettendo le basi, grazie anche al gemellaggio con Foligno, incentrato sulla coltivazione del tartufo nero in alcune aree di Montenars (dove, tra l’altro, pare sia già presente in maniera spontanea). «La fusione non va fatta per le agevolazioni di oggi, un milione e mezzo di euro e libertà dal patto di stabilità per 5 anni – è l’appello di Urbani -; dobbiamo piuttosto alzare la testa e guardare lontano, a chi potrà sfruttare le potenzialità, che sono tante, di un territorio che si mette insieme».
«Un comune piccolo come Montenars – ribadisce dal canto suo Sandruvi -, non ha difficoltà ad amministrarsi da solo. La sfida è piuttosto quella di mettere in campo progetti che creino reddito, guardando avanti; con la voglia di avere un futuro, anche economico, perchè non si vive di soli servizi». E aggiunge: «Amministro un comune che ho prima guidato da commissario perché la gente del paese mi ha chiesto di farlo; il mio ruolo è quello di dare una mano, ma se ciò non è possibile, se non si può progettare un domani, cosa ci sto a fare?». Ribadisce, dunque, che Montenars non verrà cancellata, ma sarà frazione di Gemona con i suoi 4/5 rappresentanti in consiglio comunale. Conterà poco? «Dipenderà solo dai cittadini. Si è periferia se ci si sente tagliati fuori. E allora io dico: bisogna impegnarsi e avere voglia di mettersi in gioco e rappresentare anche questa porzione di territorio. Perché la fusione è l’unica prospettiva di futuro».
Ma in paese – non è un segreto – queste nozze per più di qualche concittadino non s’hanno proprio da fare. A guidare il fronte del no è Antonino Placereani, capogruppo della minoranza nell’aula municipale di Montenars che ribadisce: «La fusione non è obbligatoria. Così, il nostro piccolo paese, 500 abitanti, verrebbe assorbito da quello più grande, 11 mila residenti, e ridotto a rango di frazione, senza alcuna voce in capitolo sulle scelte future». Placereani è convinto che il matrimonio porterà, poi, un aumento delle tasse: «Oggi la nostra addizionale Irpef è al 4 e 6 per mille, mentre a Gemona è al 7 e 8 per mille». E c’è pure il rischio, a suo dire, «di perdere servizi essenziali, come gli uffici comunali, l’ambulatorio, la posta, la biblioteca, la scuola dell’infanzia». E poi la storia della cancellazione del nome – «E, quindi, della nostra identità» – non va proprio giù: «Si opta per Gemona del Friuli e non Gemona-Montenars perché, si è detto, sarebbe stato troppo lungo. Contate le lettere» -, è il suo invito. Tra le ragioni del no che Placereani ha messo nero su bianco, inviando una lettera a tutte le famiglie del suo paese, c’è anche la questione Uti: «Sarebbe stato più vantaggioso aderire a queste Unioni territoriali – evidenzia -, senza soppressione del Comune e con il vantaggio della gestione associata dei servizi, oltre che della possibilità, come centro montano, di accedere ai finanziamenti dell’Unione Europea». Infine, Placereani, si vuol togliere un sassolino dalla scarpa, mettendo in evidenza – come già fatto durante la seduta del Consiglio comunale del 17 ottobre – che la Regione ha stanziato un contributo di 90 mila euro a Gemona, in occasione del referendum. A conti fatti sono 45 mila euro per Montenars: «Stanziati per la propaganda a favore del “sì” e pure del “no”- commenta -; ma io sto pagando di tasca mia la campagna!». Dal canto suo il sindaco Sandruvi, ha invitato il «collega» di Consiglio comunale a rivolgersi a Gemona in quanto «è stata fatta una deliberazione di approvazione del programma di spesa ancora parecchio tempo fa». Ora la parola passa, dunque, ai cittadini dei due centri. Se la scelta sarà quella di convolare a nozze, già è chiaro che una parte non sarà consenziente.
Monika Pascolo