L’amministrazione comunale ha promosso, per la prima volta, un’indagine a tutto tondo sulla popolazione giovanile che frequenta gli istituti secondari di secondo grado udinesi. In particolare, la ricerca, realizzata in collaborazione con IRES FVG, traccia un ritratto sfaccettato dei neo-maggiorenni delle scuole superiori cittadine, con il coinvolgimento di oltre duemila studenti e studentesse. Ad essere esplorati alcuni aspetti della vita dei giovani, tra cui la soddisfazione per la vita attuale, l’atteggiamento verso il futuro, i progetti post-diploma, ma anche la partecipazione civica. I risultati offrono indicazioni preziose su una fascia d’età spesso ai margini dei processi decisionali sia da un punto di vista attivo che passivo, in maniera tale da orientare le future politiche giovanili, culturali e di sviluppo del Comune.
Sono state coinvolte tutte le scuole superiori udinesi e la rilevazione è durata circa due mesi. Delle ragazze e dei ragazzi che hanno partecipato, circa il 30% abitano a Udine, mentre il restante 70% proviene dalla provincia o dal territorio regionale.
“Questa indagine non è stata pensata come un esercizio fine a se stesso, ma come uno strumento concreto per comprendere davvero una fascia di popolazione troppo spesso esclusa dalle dinamiche decisionali: i neomaggiorenni. Parliamo di ragazze e ragazzi che vivono una fase cruciale della vita, quella del passaggio dalla scuola all’età adulta, fatta di scelte complesse e nuove responsabilità. I dati raccolti ci restituiscono un quadro prezioso: mostrano disagi e desideri, insoddisfazioni e aspirazioni, ma anche la persistenza di disuguaglianze – di genere ed economiche – che influenzano il presente di ragazze e ragazzi. È proprio a partire da queste evidenze che vogliamo orientare con maggiore consapevolezza le nostre politiche, per rispondere ai loro bisogni reali. Un’attenzione che fino ad oggi non c’era mai stato. In una società in cui la pressione verso il futuro inizia sempre prima, e in cui l’ansia per ciò che verrà rischia di pesare sul benessere quotidiano degli studenti, il nostro dovere è ascoltarli. Solo così possiamo tutelare quel diritto alla serenità che ogni giovane dovrebbe poter vivere durante il proprio percorso di crescita e formazione e agevolare la partecipazione attiva promuovendo il protagonismo giovanile”, è il commento dell’Assessora alle politiche giovanili Arianna Facchini.
Il presente dei neomaggiorenni: il 26% si dichiara insoddisfatto. La condizione economica influenza anche le relazioni
In linea generale, poco più della metà degli intervistati si dichiarano almeno “abbastanza soddisfatti” della propria vita, circa il 56%. Un ragazzo su tre si dichiara invece poco soddisfatto o infelice, mentre circa il 20% si dichiara molto contento. Al contrario, le relazioni con i coetanei ottengono giudizi complessivamente positivi: il quasi l’88% dei giovani è contento delle proprie amicizie, mentre quasi un ragazzo su 10 (circa il 12%) si dichiara infelice. A impattare maggiormente sulla soddisfazione personale dei neo maggiorenni sembra essere soprattutto la condizione economica: prendendo infatti in considerazione anche questo criterio, quando risulta essere molto buono quasi uno su tre dichiara di essere molto soddisfatto, quanto la condizione economica è più complessa, chi si dichiara felice è solamente il 5% degli intervistati. Anche nei rapporti con gli amici il fattore economico sembra dirimente: se i “ricchi” felici delle proprie relazioni sono quasi uno su due, chi si trova in situazioni economiche meno stabili dichiara di essere soddisfatto solo nel 28,5%.
Dai dati registrati compaiono inoltre notevoli differenze di genere: i ragazzi riportano livelli leggermente più elevati di benessere personale rispetto alle ragazze. Ad esempio, la quota di chi si dichiara “molto soddisfatto” delle proprie relazioni è del 48% tra gli studenti maschi a fronte del 39% tra le femmine; analogamente, seppure con un leggero appianamento, anche la valutazione del proprio presente varia tra maschi e femmine, con i primi che esprimono tendenzialmente più soddisfazione (22% molto, 56% abbastanza) delle seconde (15% molto, 56% abbastanza).
Il futuro a metà tra fascino e timore
L’orizzonte del futuro suscita sentimenti ambivalenti nei giovani udinesi, divisi tra entusiasmo e timore. Quasi la metà degli intervistati (il 43%) ammette che “il futuro mi fa paura”, mentre solo il 15% è deciso e convinto che gli anni a venire non portano preoccupazione. In un quarto dei casi “il futuro mi affascina”, mentre i restanti si ripartiscono tra chi preferisce “non pensarci” e gli indecisi. Le differenze di genere anche qui sono marcate: le ragazze guardano al domani con maggiore preoccupazione, dichiarando più spesso paura per il futuro, mentre tra i ragazzi prevale l’interesse fiducioso verso le opportunità a venire: sei ragazze su dieci ammettono un certo grado di timore, a fronte di poco meno di tre maschi. Influisce, anche in questo caso, anche la condizione socio-economico: la paura del futuro risulta significativamente più diffusa tra i giovani provenienti da famiglie con difficoltà economiche (54%) mentre la fiducia e l’ottimismo aumentano al crescere del benessere familiare, anche se rimane un certo grado di timore anche in questa situazione (il 38% degli intervistati in condizione economica molto buona ammette di avere paura del futuro).
Orizzonti lontani dall’Italia: l’apertura verso l’estero
L’indagine rivela poi una forte apertura verso l’estero da parte dei giovani che frequentano le scuole udinesi. Quasi uno su due immagina il proprio futuro fuori dai confini nazionali: il 42,2% del campione dichiara che vorrebbe vivere all’estero. Al contrario, solo il 29% preferirebbe rimanere in Italia, mentre il restante 28,8% è incerto e “non sa” dove si stabilirà in futuro. Questo desiderio di trasferirsi all’estero risulta leggermente più diffuso tra le ragazze (circa 45%) rispetto ai ragazzi (39%). Inoltre, incide molto l’origine la provenienza: tra gli studenti nati all’estero ben il 64% vorrebbe continuare la propria vita fuori dall’Italia, un valore nettamente superiore rispetto al 41%, comunque alto, registrato tra i coetanei nati in Italia. Esperienze e background differenti possano influenzare la propensione alla mobilità geografica e alle esperienze internazionali già in questa fascia d’età.
“Un numero importante di giovani in Italia frequentano scuole e università che offrono formazione di altissima qualità e poi però si orienta verso un percorso professionale e di vita altrove. Questa è un’enorme perdita per i nostri territori, che devono poter garantire un futuro sostenibile alle nuove generazioni: indipendenza economica, accesso ai servizi, partecipazione”, aggiunge Facchini.
Dopo il diploma: università, lavoro autonomo e preoccupazioni
Guardando ai progetti dopo il diploma, la maggioranza intende proseguire gli studi. Ben 7 ragazzi su 10 (70,9%) pianificano di iscriversi all’Università, con un divario di genere molto accentuato: vogliono intraprendere un percorso universitario quasi l’80% delle ragazze, a fronte del 61% dei ragazzi. Allo stesso tempo, emerge un precoce spirito di iniziativa verso il mondo del lavoro: quasi il 40% dei maturandi aspira ad intraprendere un lavoro indipendente, avviando magari un’attività in proprio o come libero professionista.
Non mancano però le preoccupazioni riguardo all’ingresso nel mercato del lavoro. Oltre la metà degli studenti (51,8%) si dichiara infatti almeno un po’ preoccupata per il proprio futuro professionale. Il divario di genere è evidente anche su questo fronte: le ragazze appaiono molto più in ansia, con ben il 66,8% che si sente “molto o abbastanza preoccupata” per la propria carriera lavorativa, a fronte di appena il 34,6% dei coetanei maschi. Dall’indagine emerge inoltre quale sia il principale timore condiviso: la maggioranza dei giovani indica infatti la paura di ritrovarsi con un lavoro sottopagato come prima preoccupazione per il futuro. A seguire, tra le altre ansie segnalate figurano il timore della disoccupazione, della precarietà e di non riuscire a realizzarsi pienamente.
Il rapporto con le istituzioni: i giovani udinesi e la voglia di partecipare
Tra i giovani maturandi delle scuole di Udine emerge un’immagine complessa del loro rapporto con le istituzioni. Più della metà degli intervistati (58,3%) individua nel voto uno strumento efficace per far sentire la propria voce, anche qui con una marcata differenza di genere: le ragazze (64,3%) vi ripongono maggiore fiducia rispetto ai ragazzi (51,6%). Altre forme di partecipazione civica, meno “istituzionali”, raccolgono consensi molto più contenuti: il 29,7% pensa che aderire a organizzazioni studentesche o giovanili sia utile, mentre appena un quarto degli intervistati considera efficace impegnarsi attraverso lo strumento per eccellenza della condivisione, i social media. Ancora più bassa la percentuale di chi ritiene significativo il contatto diretto con la politica (9,5%). Sul fronte delle proposte, è ancora il lavoro e l’occupazione futura al centro dei pensieri: i giovani chiedono infatti con forza più stage e corsi per sviluppare competenze professionali (54,2%), ma anche maggiori occasioni culturali e ricreative.
“Il messaggio è chiaro: la politica, per includere davvero l’interesse giovanile, deve passare da ascolto attivo e canali comunicativi più vicini. I giovani non sono una categoria astratta e omogenea. Per la prima volta ci siamo confrontati su una fascia di età specifica e coinvolgendo tutti gli istituti scolastici superiori della città, nessuno escluso. Per questo un sincero ringraziamento va ai dirigenti scolastici e ai docenti per aver aderito con entusiasmo. Credo che i ragazzi possano finalmente essersi sentiti ascoltati”, conclude l’assessora alle politiche giovanili.
“Nonostante dall’indagine emerga chiaramente i giovani esprimano una certa ansia rispetto al proprio futuro e all’ingresso nel mondo del lavoro, e il timore più diffuso sia già incentrato su una futura retribuzione, motivo che peraltro spinge molti a immaginare un trasferimento all’estero, a sorprendere è comunque una certa fiducia che le nuove generazioni ripongono nel voto e nella partecipazione come strumento per farsi ascoltare”, fa notare Alessandro Russo, ricercatore di Ires FVG.