È un angolo appartato, uno spazio tenuto ben distinto dal resto dell’ampio cimitero. Qui le tombe sono poco più di venti. Piccole lapidi scure che danno conto di chi è morto inseguendo un sogno: entrare in Europa e provare a rifarsi una vita, lontano da guerre, violenza e miseria. Di queste persone ci è dato sapere ben poco, l’anno di morte, nulla di più. La sigla «N.N.» – «No name» – dice infatti di come, insieme alla loro vita, sia andato perso perfino il nome.
Ad appena sei chilometri scorre la Drina, il fiume raccontato dal premio Nobel Ivo Andric, fiume che segna il confine con la Serbia. È nelle sue acque che sono morte queste persone, migranti che percorrevano la “rotta balcanica”, provenienti prevalentemente dalla Siria e dall’Afghanistan.
«Provano a passare il confine attraversando la Drina. A volte a nuoto, a volte con piccole imbarcazioni messe a disposizione, a poco prezzo, dai trafficanti. Ma il fiume è profondo, la corrente fortissima è facile morire annegati. I corpi vengono ritrovati anche a distanza di mesi». A raccontare, dopo essersi brevemente raccolto in preghiera di fronte alle lapidi, è Nihad Suljic, attivista che opera a Tuzla, la prima grande città bosniaca dopo il confine con la Serbia. Il suo impegno per le persone migranti è iniziato sette anni fa, quando la città divenne uno degli snodi principali della rotta balcanica. «Da un momento all’altro il flusso di persone si fece imponente, ci trovammo davanti uomini e donne che erano in cammino da mesi e non avevano nulla. Le istituzioni erano completamente impreparate. Ho sentito di dover fare qualcosa, mi sono messo così a raccogliere e distribuire cibo e vestiti alla stazione degli autobus. Un po’ alla volta, attorno a me si è creata una rete preziosa di persone, soprattutto donne, mosse dal desiderio di restituire dignità ai migranti».
Sul numero della Vita Cattolica in edicola questa settimana, in occasione della giornata mondiale del rifugiato, che si celebra il 20 giugno, ci sono due pagine di un ampio reportage da Bijeljina, nel nordest della Bosnia Erzegovina.
Anna Piuzzi