«Il Friuli è vivo perché sono vivi i valori che ne costituiscono l’anima». Così il presidente della Repubblica Mattarella nel discorso tenuto alla riunione straordinaria del Consiglio regionale, nell’auditorium della Regione di Udine, per l’occasione intitolato al presidente della Regione Antonio Comelli, «grande figura». Interventi di Serracchiani, Iacop, Zamberletti e Honsell.
“Il Friuli è vivo perché sono vivi i valori che ne costituiscono l’anima”. Così il presidente della Repubblica Mattarella nel discorso tenuto alla riunione straordinaria del Consiglio regionale, nell’auditorium della Regione di Udine, per l’occasione intitolato al presidente della Regione Antonio Comelli, con una semplice cerimonia – alla presenza dei figli del politico friulano, Gianfranco, Donatella e Antonella – che ha visto lo scoprimento di un ritratto dell’ex presidente della Regione dipinto dall’artista Dora Bassi.
Qual è stato l’esempio del Friuli al Paese? “Rialzarsi e ripartire”, ha detto Mattarella aprendo il suo discorso. “Un esempio – ha proseguito – che le popolazioni del Friuli ci hanno dato più volte, come dopo la prima Guerra mondiale combattuta in queste contrade. Questa capacita’ conferma che le prove della vita esaltano i valori positivi delle persone e delle comunità e le proiettano verso traguardi più ambiziosi”.
“Il Friuli è un crocevia dell’Europa. Da qui si comprendono, meglio che da altri luoghi, le ragioni che sorreggono la visione di un’Europa più forte e più solidale”, ha proseguito Mattarella. “La capacità della società friulana di fare sistema nei suoi organi rappresentativi, nei suoi apparati pubblici e nel coinvolgimento delle forze sociali ha delineato un modello, a partire proprio dalla collaborazione civile-militare, che ha ispirato ogni successivo sviluppo in materia di Protezione civile”, ha aggiunto. Precisando: “Anche di questo dobbiamo dirci debitori”. La “chiave” fu “far ciascuna la propria parte”, “il senso della comunità”, insieme “cittadini, Comuni, Regione, Stato”. A fronte dell'”abbraccio dell’intero Paese” che “fu immediato: dal presidente del Consiglio Aldo Moro al Ministro dell’Interno dell’epoca, Francesco Cossiga, sui luoghi della tragedia nelle ore immediatamente successive”. Infine, “non vi fu alcuna sottovalutazione dell’evento”.
“Un dolore che non potrà mai essere colmato”. E’ quello provato dopo il terremoto del 1976, ha indicato Mattarella. Il Capo dello Stato ha parlato di una “sfida lanciata dalla natura” che “ha colpito una terra da sempre porta aperta verso l’Italia”. Ricordando le “prospere comunità friulane insediate all’estero, raccolte nei Fogolar Furlans”, Mattarella ha detto che “è la volontà degli uomini che provoca la differenza”.
I “protagonisti assoluti” del terremoto del 1976 “sono stati gli abitanti delle zone colpite, con i loro amministratori, comunali e regionali, a partire da Antonio Comelli, grande figura alla quale abbiamo intitolato oggi questo magnifico auditorium”. Il Capo dello Stato ha poi ricordato i dati della tragedia: quasi mille vittime, centinaia di migliaia di persone, 119 Comuni coinvolti, 31.000 posti letto nelle tende il 10 maggio e 80 mila alla fine del mese, 32 mila persone ricollocate sul litorale, danni per 3.500 miliardi di lire. E le figure protagoniste di quegli anni: Giuseppe Zamberletti, l’assessore alla ricostruzione, Adriano Biasutti.
“Protagonisti del soccorso anche i volontari, giovani e meno giovani che, come in tante altre situazioni, nel nostro Paese evidenziano i tratti migliori del carattere italiano: l’altruismo, la gratuità, la solidarietà”. Lo ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo discorso alla seduta straordinaria del Consiglio FVG. Il Capo dello Stato ha ricordato gli sforzi della macchina dei soccorsi e della popolazione locale segnalando la strategia, fondata sulla “consapevolezza che sarebbe stato un grave errore rompere un tessuto sociale, già tanto provato”. Insomma, “decisioni sagge e che, inevitabilmente non sempre comprese, recarono sicuramente amarezze al presidente Comelli, ai suoi più stretti collaboratori”.
In chiusura del suo discorso al Consiglio FVG in seduta straordinaria, il Presidente Mattarella ha riportato una frase che Giuseppe Zamberletti pronunciò al termine del suo mandato, il 30 aprile del 1977: “Un popolo non muore con il crollo delle case e il Friuli è vivo perché sono vivi i valori che ne costituiscono l’anima”. Infine, il Presidente ha salutato con “Viva il Friuli! Viva la Repubblica”.
La seduta era stata aperta dall’intervento del sindaco di Udine, Furio Honsell. Il quale ha parlato di terremoto come di una Rinascimento merito “di ogni singolo friulano, di ogni singolo cittadino che venne da fuori a prestare soccorso e a aiutare. E fu merito dell’autorevolezza della politica e delle istituzioni sia nazionali che locali, e della fiducia che i cittadini riponevano in tali istituzioni, proprio quelle che oggi invece vengono denigrate da tanta antipolitica. Fu merito della forza di quelle organizzazioni e di quegli organismi intermedi che oggi tanti giudicano inutili, come i partiti e i sindacati. Ci fu una straordinaria partecipazione popolare, ma questa non fu individuale, bensì collettiva, come ai tempi della Resistenza”. “Un passaggio straordinariamente innovativo, ma decisivo – ha proseguito Honsell – fu proprio la delega operativa sostanziale ai Sindaci. Il conferire loro l’autonomia di funzionari regionali, permise di superare grazie anche alla Commissione Speciale, quella carestia di responsabilità che è la burocrazia, di quel governo di nessuno, che oggi paralizza noi sindaci rendendoci subalterni ad un apparato dirigenziale esecutivo irresponsabile. Quell’autonomia di potere delegato ai Sindaci permise anche di risolvere i conflitti che inevitabilmente emersero senza dover consegnare all’ignavia di un farraginoso sistema giudiziario amministrativo o di controllo, quanto poteva molto più rapidamente essere deciso direttamente. Quella fu una stagione nella quale la politica seppe essere vicina ai cittadini, seppe essere attiva proprio perché non fu delegittimata, o commissariata da superburocrati o da organi di controllo autoreferenziali. Anche questa è una lezione che viene dal Friuli: fiducia ai cittadini, fiducia ai sindaci che sono da loro eletti, fiducia nella politica e nella sua organizzazione. Questa fiducia, questa autonomia, questa operatività deve continuare ad essere delegata a chi opera sul territorio perché è l’unica soluzione anche per affrontare le grandi e urgenti questioni di questa nostra epoca, come il flusso dei richiedenti asilo che a decine vengono scartati dai Paesi del Nord Europa ed entrano dall’Austria in Friuli giungendo quotidianamente a Udine”. Al termine il saluto al presidente “che ricorda i 40 anni del terremoto, i 70 anni del voto alle donne (anche se nella Libera Repubblica Partigiana della Carnia le donne votarono già nel 1944) , e i 150 anni dell’ingresso di quasi tutto il Friuli nell’Italia Unita, dopo il plebiscito seguito alla Terza Guerra di Indipendenza. Sia sempre vivo il ricordo di coloro che perirono nel terremoto del Friuli del 6 maggio 1976 e il ringraziamento a coloro che seppero ricostruirlo!”.
E’ intervenuto, poi, il presidente del Consiglio regionale, Franco Iacop: “A 40 anni dal terremoto del 1976 siamo chiamati a ricordare non solo quei drammatici momenti, con il loro carico di lutti e sofferenze, ma anche l’esaltante processo di rinascita che ha assicurato nuove condizioni di crescita e di sviluppo del Friuli”. Secondo Iacop “l’attribuzione della responsabilita’ diretta alla Regione e ai comuni nell’opera di ricostruzione fu resa possibile dal decentramento di poteri e di funzioni da parte del Governo nazionale; la nostra specialita’ statutaria – ha aggiunto Iacop – unita alla capacita’ di attuare un’efficiente programmazione delle risorse attribuite dallo Stato, risulto’ la chiave di volta che consenti’ di risolvere con grande efficacia le problematiche connesse alla ricostruzione: la storia di quelle prime drammatiche ore ci racconta di un momento in cui le istituzioni nazionali e tutto il Paese diedero fiducia al Friuli – ha proseguito – per affidare, per la prima volta, strumenti straordinari proprio a chi dalla tragedia era stato colpito, assicurando il collegamento attraverso l’opera infaticabile del Commissario straordinario di governo”. Il presidente Iacop ha anche sottolineato che “decisivo e ‘ stato aver impostatola ricostruzione guardando al futuro del Friuli, puntando alla prioritaria riattivazione dell’apparato produttivo (allora si disse ‘prima le fabbriche, poi le case, infine le chiese’) e alla rinascita dei paesi originari, all’approvazione e promozione di nuovi strumenti di progresso civile e di crescita economica e culturale”. Iacop – dopo aver ricordato il ruolo del Consiglio regionale nella ricostruzione – ha sottolineato ancora che “essa fu ‘eticamente corretta’ perche’ era fondata su alcuni valori condivisi dalle popolazioni” concludendo con un accenno alla Specialita’. “Allora il patto tra Stato e regione funziono’ – ha concluso Iacop – mentre oggi vogliamo lanciare un appello a rinnovare la responsabilita’ e l’impegno per una nuova ricostruzione nel segno della solidarieta’ e della coesione, per una Regione che, unita, esalti il proprio modello di autonomia”.
Dopo l’intervento del Commissario straordinario del terremoto, Giuseppe Zamberletti, che ha ricordato l’importante ruolo dei sindaci e della delega ad essi dei poteri di intervento – principio da cui è nata la moderna protezione civile, è intervenuta la presidente della Regione, Debora Serracchiani, la quale ha sottolineato «come il terremoto sia stato prova terribile che ha forgiato il popolo friulano e da allora, le tante peculiarità storiche e linguistiche che lo caratterizzano, si sono avviate a diventare la ricchezza di una sola comunità che prima ha scavato tra le materie poi si è conosciuta e ha camminato insieme».
La Presidente ha evidenziato, inoltre, che «senza la forza incredibile del popolo friulano, dimostrato nella tragedia, mai sarebbe nato il “modello Friuli”, frutto anche di quel rapporto che si è instaurato tra la Regione e i parlamentari che parlarono a una sola voce». Ha ricordato «l’opera di ricostruzione affidata alla Regione e la possibilità ricorrere alla delega agli enti locali», quale passo fondamentale del dopo sisma. Nel suo intervento un pensiero di gratitudine a tutti i volontari arrivati da ogni parte d’Italia e del mondo e in particolare agli alpini – ha ricordato i 29 giovani militari morti nel crollo della Caserma Goi Pantanali di Gemona –, che insieme alle Forze dell’ordine si sono immediatamente mobilitati in aiuto della popolazione.
Non solo. «Allora il Friuli ha preso coscienza di avere un ambasciatore silenzioso nel mondo: i friulani emigrati per lavoro» che si sono organizzati e hanno dato una mano preziosa per la rinascita del Friuli. «Allora – ha aggiunto –, evitando qualsiasi discorso di tipo assistenziale fu fondamentale che alla perdita della casa non si sommò anche la perdita del lavoro» e le fabbriche cominciarono da subito a riaprire i battenti. Serracchiani, ricordando anche la nascita della Protezione civile, ha concluso il suo discorso puntando l’attenzione sul fatto che «i friulani hanno ricostruito il Friuli non solo dove era e come era ma meglio di prima».
E tanti sono stati «i segni di civiltà scaturiti dalla tragedia; dobbiamo avere l’orgoglio di continuare ad esserne all’altezza. Fermarsi dove siamo arrivati non sarebbe nella natura della nostra gente per questo dobbiamo essere ancora costruttori di benessere per tutti a partire dalle nostre radici, dalla storia di cui andiamo fieri».
Squinzi a Udine ricorda mons. Battisti
Oggi il Presidente nazionale di Confindustria Giorgio Squinzi si è seduto accanto al Presidente di Confindustria Udine Matteo Tonon nella sala del Consiglio di Largo Carlo Melzi 2, davanti ai membri del direttivo. Come l’allora Presidente di Confindustria Gianni Agnelli, che l’11 maggio 1976 si recò nei centri industriali più colpiti manifestando la vicinanza dell’Associazione agli industriali friulani, oggi il Presidente Squinzi ha ricordato l’impegno di Confindustria nella ricostruzione post-terremoto, nell’accogliere l’invito dell’allora arcivescovo di Udine monsignor Battisti “prima le fabbriche, poi le case” e nell’appoggiare le istanze friulane del post terremoto, “com’erano, dov’erano”. Inoltre ha confermato il ruolo dell’Associazione, allora come oggi, a difesa della cultura di impresa e di mercato. «Un ruolo che abbiamo sempre vissuto e sentito – ha sottolineato Squinzi – per radicare l’importanza dell’industria come unico motore di benessere e sviluppo, per promuovere e ricercare soluzioni che rintraccino le condizioni di competitività necessarie per affrontare su basi solide i mercati e assicurare al territorio e la Paese stabilità e nuove opportunità di crescita e lavoro».
Il Presidente di Confindustria Udine Matteo Tonon ha ricordato come la determinazione che 40 anni fa gli imprenditori, insieme ai lavoratori e alle istituzioni, seguirono nel riattivare tempestivamente le fabbriche distrutte o danneggiate dal terremoto, non solo testimonia una pagina virtuosa della storia del Friuli, ma evidenzia un insieme di valori che ha preso vita in un momento particolare e che ci accompagna ancora. «Possiamo affermare – dichiara Tonon – che quel saper fare e la capacità di attuarlo esisteva allora, ci ha accompagnato nel periodo del terremoto e continua oggi. Sono gli stessi valori cui tante volte il nostro sistema fa riferimento quando, nonostante tutti i problemi e tutte le sfide, continua a guardare avanti. Questi valori sono ciò che veramente contraddistingue il Friuli». Un modello virtuoso riconosciuto anche dal Presidente Squinzi: «Ancora oggi si cita la gestione friulana del post terremoto come modello virtuoso, esempio di serietà, rapidità ed efficienza».
Il Capo dello Stato alla seduta straordinaria del Consiglio regionale. E il Presidente di Confindustria Squinzi ricorda mons. Battisti