
Commento al Vangelo del 15 giugno 2025,
Santissima Trinità
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 16, 12-15
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Parola del Signore.
A cura di don Marcin Gazzetta
La festa della Santissima Trinità, che segue la Pentecoste, rinnova la grande promessa di Gesù: «Verrà lo Spirito e vi annuncerà le cose future». Queste parole indicano il dono dello Spirito che ci permette di guardare al di là di quello che i nostri occhi, chini sul presente, riescono ad osservare. È l’annuncio di una certezza che va ben oltre a quello che ciascuno di noi può decidere, programmare e ottenere. Questo sguardo però non sbilancia le cose su di una realtà inconsistente e inarrivabile, ma è l’invito costante a vivere come se queste realtà fossero già presenti e sperimentabili.
«Lo Spirito prenderà del mio e ve lo annuncerà; tutto quello che il Padre possiede è mio». In questo scambio di doni cominciamo a intravedere il segreto della Trinità: non un circuito chiuso, ma un flusso aperto che riversa amore, verità, intelligenza oltre sé, come effusione di vita divina. In questo modo nel dogma della Trinità c’è qualcosa che riguarda tutti noi. L’essenza di Dio, relazione tra le tre persone della Trinità, indica che anche l’uomo sarà uomo solo in una analoga relazione d’amore. Tutto questo trova le sue radici in una parola antica, ma fondativa, quando in principio il Creatore disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza» (Gen 1,26). Tuttavia, se guardiamo bene, vediamo che Adamo non è fatto a immagine del Dio che crea, non a immagine dello Spirito che si libra sulle acque e, nemmeno, a immagine del Verbo che è da principio presso Dio.
Molto di più, Adamo ed Eva sono fatti a immagine della Trinità, a somiglianza quindi di quella comunione, del loro legame d’amore, della condivisione. Qui sta la nostra identità più profonda, il seme divino in noi: in principio è posta una relazione, in principio a tutto un legame.
Al termine di una giornata faticosa puoi anche non aver pensato a Dio, ma se hai creato legami, se hai procurato gioia a qualcuno, se hai portato il tuo mattone di comunione, hai fatto la professione di fede nella Trinità.
Il vero ateo, quindi, è chi non vive creando legami, comunione, accoglienza, chi diffonde gelo attorno a sé. Chi non entra nella vita delle relazioni non è ancora entrato in Dio, il Dio che è Trinità, che non è una complicata formula matematica in cui l’uno e il tre dovrebbero coincidere. «Se vedi l’amore, vedi la Trinità» come ha detto in modo splendido sant’Agostino.
Per questo la solitudine pesa tanto e fa paura: perché è contro la natura dell’uomo. Quando sono con chi mi vuole bene, quando accolgo e sono accolto da qualcuno, vivo la mia umanità in pienezza e realizzo la mia vocazione, diventando presenza di Dio in questo mondo. Questa diventa così la “legge” della Chiesa e delle nostre comunità che, se si chiudono, si ammalano, come spesso diceva il compianto papa Francesco.
La celebrazione liturgica della Santissima Trinità ci permette così di cogliere, certo, un mistero di fede, ma ancora di più, attraverso questo mistero, qualcosa della nostra identità.
Tracciare su di noi il segno della Croce, invocare Dio per la nostra vita e nelle nostre assemblee non può risultare quindi indifferente o neutro, ma ogni volta uno sguardo a ciò che abbiamo ricevuto, alla profonda essenza del credente e ad un impegno a fare della nostra vita un’immagine della Trinità.
La Speranza che il Giubileo ci invita a non dimenticare è così profondamente legata a Dio. Essa non può risiedere solo nelle nostre forze o capacità, ma ritrova la sua origine, la sua immagine nel Creatore che invita a fare della nostra vita comunione, per realizzare una speranza in questo mondo: dove c’è l’amore c’è Dio e dove c’è Dio c’è il vero amore.
don Marcin Gazzetta