
Leone XIII è passato alla storia come “il Papa sociale” e “il Papa dei lavoratori”, avendo espresso ufficialmente la posizione della Chiesa sulla “questione operaia” con l’enciclica Rerum Novarum del 1891. Nella seconda metà dell’Ottocento, l’Europa attraversava profonde trasformazioni: la rivoluzione industriale aveva sconvolto gli assetti sociali della prima modernità, polarizzando la società nelle due “classi” borghese e proletaria, di cui la Chiesa condanna entrambe le ideologie: quella capitalista da una parte, e quella socialista dall’altra. In effetti, la Rerum Novarum è il primo grande documento sociale della Chiesa, punto di riferimento anche per tutte le encicliche successive in tema sociale sino alla Fratelli tutti di papa Francesco. Leone XIII inizia prendendo atto delle pericolose tensioni della società di allora: ormai «pochissimi ricchi e straricchi hanno imposto un giogo quasi servile all’infinita moltitudine dei proletari» (RN 2). Ne va di mezzo l’inalienabile dignità della persona umana.
Leone XIII liquida la tesi dell’abolizione della proprietà privata, propugnata da quel «falso rimedio» che era l’ideologia socialista. La proprietà privata resta di diritto naturale, riconoscendo però che «Dio ha dato la terra a uso e godimento di tutto il genere umano» (RN 7). Il principio della “destinazione universale dei beni” rimarrà cardine di tutta la Dottrina sociale della Chiesa. Ecco allora i rimedi positivi alla questione operaia. Togliere le disparità sociali è cosa impossibile: nessuno può permettersi di illudere gli operai in tal senso (RN 14); tuttavia «lo scandalo maggiore è questo: supporre una classe sociale nemica naturalmente dell’altra» (RN 15). I lavoratori hanno i loro obblighi di giustizia verso i padroni, cui corrispondono i doveri dei datori di lavoro nei confronti dei proletari e operai. L’azione della Chiesa si concentrerà sulla carità e la fraternità cristiana, che devono animare tutte le parti sociali come membra di un unico corpo, bisognose le une delle altre.
La Rerum Novarum delinea poi il diritto-dovere dello Stato di intervenire a favore della classe operaia, per garantire il diritto alla proprietà privata, al lavoro in condizioni dignitose, al riposo festivo e al rispetto di tempi e ritmi adeguati alle forze dei lavoratori (il Papa ricorda in particolare minatori, donne e fanciulli: RN 33). Quanto ai salari, lo Stato dovrà garantire che la paga non sia inferiore al necessario per il sostentamento dell’operaio «frugale e di retti costumi» (RN 34), favorendo inoltre l’educazione al risparmio. L’enciclica dichiara infine la libertà di associazione: sia di soli operai, sia di operai e padroni insieme – meglio se di ispirazione cristiana, mai con fini contrari «all’onestà, alla giustizia, alla sicurezza del consorzio civile» (RN 38).
Possiamo dire che papa Leone XIII fu un “progressista” quanto alla Dottrina sociale, ma fermamente “conservatore” in ambito dottrinale: avversario della secolarizzazione e della massoneria, difensore del ruolo della famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile. Le due cose stanno insieme: ogni battezzato è chiamato a essere insieme “progressista” nel discernimento continuo sulla Parola del Signore – scoprendo problemi nuovi, difficoltà e interrogativi magari mai posti prima, semplicemente perché il mondo cambia – e saldamente “conservatore” nella fede in Gesù, come trasmessa dagli Apostoli. Il Romano Pontefice rimane in questo salda guida e pastore di tutta la Chiesa.
Don Agostino Pitto