Mercoledì 7 maggio: inizio del Conclave che eleggerà il successore di Francesco, 267° successore di Pietro. La data del solenne “extra omnes” alle porte della Cappella Sistina è scritta con inchiostro indelebile nelle agende di tutto il mondo: sarà il terzo conclave del millennio, dopo quelli del 2005 (che elesse Benedetto XVI) e del 2013 (con Francesco).
Tempi lunghi
Il singolare conclave nell’anno giubilare giunge 16 giorni dopo la morte del Papa (su 20 disponibili), esattamente come accadde nel 2005 dopo la morte di Giovanni Paolo II. Nel 2013 (conclave sui generis, vista l’annunciata rinuncia di Benedetto XVI) l’extra omnes fu pronunciato dopo soli 11 giorni di sede vacante.
Sedici giorni sono un tempo congruo per delineare il profilo del nuovo Papa? Il quesito non è banale, perché i conclavi del 2005 e del 2025 non sono così facilmente paragonabili: mentre al primo parteciparono 115 cardinali da 52 stati, all’imminente conclave i cardinali elettori saranno 135 cardinali (divenuti 133 per la rinuncia di due porporati per motivi di salute) da ben 71 stati del mondo. Non ci sarà il card. Angelo Becciu, la cui presenza nel collegio cardinalizio era discussa e poco chiara.
Ci saranno 19 cardinali elettori italiani, 10 statunitensi e 7 brasiliani, ma anche – alcuni esempi – uno per Tonga, Kenya, Tanzania, Repubblica Centrafricana, Madagascar, Timor Est, Corea del Sud, Singapore, Croazia, Svezia, Haiti e tanti altri.
Curiosità cardinali
Stiamo per vivere, quindi, il conclave più partecipato della storia, in deroga al tetto di 120 cardinali elettori sancito dalla costituzione apostolica Universi Dominici Gregis. Uno spaccato di mondo, eredità del pontificato di Francesco.
Il cardinale elettore più giovane è l’ucraino-australiano Mikola Bychok, 45 anni, il più anziano lo spagnolo Carlos Osoro Sierra con i suoi 79 anni, 11 mesi e 21 giorni.
La grande maggioranza dei cardinali elettori è di nomina bergogliana (ben 108); 22 i cardinali creati da Benedetto XVI, 5 i “veterani” porporati di Giovanni Paolo II (i cardinali Erdő, Barbarin, Bozanić, Turkson e Puljić, quest’ultimo cardinale dal 1994). Il cardinale indiano George Alencherry non entrerà in conclave per un soffio, avendo compiuto 80 anni appena due giorni prima della morte di Francesco.

Cosa stanno facendo i cardinali?
Pregano e parlano. Si incontrano. Discutono. In altri termini: si conoscono. Sinora la partecipazione ai dieci concistori del pontificato di Papa Francesco ha visto la partecipazione di un numero relativamente ridotto di porporati: c’è un urgente bisogno di conoscenza reciproca, a maggior ragione in un momento così importante come la vigilia di un conclave. Domenica 4 maggio i cardinali hanno terminato la celebrazione delle Messe quotidiane per i novendiali per la morte di Papa Francesco e si stanno riunendo una volta al giorno nelle Congregazioni generali, riunioni in cui vengono trattati temi di interesse ecclesiale.

In ogni sessione delle Congregazioni prendono la parola trenta-trentacinque cardinali: è il tempo della conoscenza reciproca, dell’ascolto, del discernimento, del sentire quali idee e pensieri trovano convergenza e quali invece no, quali personalità emergono e quali invece restano sotto traccia. Molti cardinali, peraltro, rischiano già di essere annoverati tra questi ultimi, essendo giunti a Roma soltanto negli ultimi giorni della settimana appena terminata. Eppure anch’essi avranno diritto di voto: sarà necessario dare loro il tempo per integrarsi nelle discussioni e nelle dinamiche del collegio cardinalizio.
La richiesta di preghiera dei cardinali
Intanto, in una nota pubblicata dalla Santa Sede il 30 aprile, i cardinali «coscienti della responsabilità a cui sono chiamati, percepiscono la necessità di essere sostenuti dalla preghiera di tutti i fedeli. Essa – prosegue la nota – è la vera forza che nella Chiesa favorisce l’unità di tutte le membra nell’unico Corpo di Cristo». La Conferenza episcopale italiana, per quanto di sua competenza, ha diramato alcune indicazioni liturgiche diffuse anche dall’Arcidiocesi di Udine.

Cosa succederà il 7 maggio
Sarà un giorno di solenne intensità. E di attesa. Alle 10 i cardinali celebreranno la Messa “pro eligendo Pontefice”, la celebrazione eucaristica presieduta dal decano del Collegio cardinalizio (Giovanni Battista Re, che ha presieduto il funerale di Francesco) il quale inviterà i confratelli a procedere verso la Cappella Sistina con queste parole: «Tutta la Chiesa, unita a noi nella preghiera, invoca costantemente la grazia dello Spirito Santo, perché sia eletto da noi un degno Pastore di tutto il gregge di Cristo».

Il pomeriggio del 7 maggio, alle 16.30, una solenne processione dei cardinali elettori, in abito corale rosso, si snoderà verso la Cappella Sistina invocando lo Spirito Santo con l’inno del “Veni, creator Spiritus”. Giunti dinanzi al meraviglioso Giudizio universale di Michelangelo, i cardinali presteranno giuramento di segretezza. Al termine del giuramento, fuori tutti: extra omnes, secondo la formula che sarà pronunciata da mons. Diego Ravelli. I cardinali entrano dunque in un tempo segreto nel quale sono privati di contatti con l’esterno.
Anche il personale di supporto al conclave – laici e consacrati – ha fatto giuramento di segretezza.
Gli scrutini
Sono previsti quattro scrutini al giorno i cui esiti – elezione avvenuta o non avvenuta – sono comunicati al mondo con le fumate rispettivamente bianca o nere dal comignolo della Cappella Sistina, visibile da Piazza San Pietro, sul quale saranno puntati gli occhi del mondo. I lavori saranno presieduti dal cardinale Pietro Parolin, che nell’ordine dei cardinali vescovi è il più anziano di nomina a essere ancora elettore.

Se i cardinali lo vorranno, la prima votazione sarà già il 7 maggio: fino al 33° scrutinio servirà una maggioranza di due terzi degli elettori, dopodiché si passerà al ballottaggio tra i due nomi più votati. Per eleggere Benedetto XVI, nel 2005, furono necessarie 4 votazioni, una in meno di quelle necessarie per eleggere Francesco nel 2013. Entrambi i conclavi, dunque, si conclusero il giorno successivo al loro inizio. Verosimilmente, quindi, nell’imminente conclave il nuovo Papa sarà eletto la sera di giovedì 8 o il mattino di venerdì 9 maggio, anche se che le complicazioni legate alla poca conoscenza reciproca dei cardinali potrebbero far slittare l’elezione al pomeriggio/sera del venerdì.
Il nuovo Papa
Al momento dell’elezione, il decano del collegio cardinalizio (card. Giovanni Battista Re, che in virtù dei suoi 91 anni non è un elettore) chiederà al cardinale eletto se accetta l’incarico. In caso di accettazione, questi sceglierà il nome papale e si recherà nella “stanza delle lacrime” attigua alla Sistina, così chiamata perché in quell’aula spesso il neo-eletto Papa dava sfogo alla sua commozione. Vi si troveranno tre vesti papali bianche di diverse misure. Indossata la veste più appropriata, il nuovo Papa rientra in Sistina, mentre dal comignolo si sprigiona il fumo colorato di bianco e le campane di San Pietro suonano a distesa.
Circa un’ora dopo la fumata bianca toccherà al cardinale protodiacono (il card. Dominique Mamberti, il più anziano per nomina tra i porporati che appartengono all’Ordine dei Diaconi) affacciarsi dalla loggia benedizioni sulla facciata della Basilica di San Pietro per annunciare al mondo il nuovo Papa con la tradizionale formula: «Annuntio vobis gaudium magnum: habemus Papam!». Il nuovo papa si presenterà quindi ai fedeli e impartirà la sua prima benedizione Urbi et Orbi. Avrà così inizio un nuovo capitolo della storia della Chiesa.
Giovanni Lesa