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L’Arcivescovo ai ministranti: «Da San Giuseppe possiamo imparare come da uno specchio»

«Batto il “cinque” a chi mi dice chi festeggia, oggi, la Chiesa. San Giuseppe! Batto tre “cinque” a voi tre, qui vicino, per batterli a tutti». Ha preso il microfono e si è immerso in quella folla di vestine bianche, l’arcivescovo Riccardo Lamba, per raccontare alle centinaia di ministranti convenuti all’annuale Festa diocesana loro dedicata, nel seminario di Castellerio, chi è il Santo di cui la Chiesa oggi celebra la memoria: San Giuseppe – appunto – con il titolo di lavoratore.

L’inizio del tradizionale corteo dei ministranti verso la chiesa di Pagnacco

Come ogni anno, l’icona del laborioso padre putativo di Gesù accompagna la Festa dei ministranti, che si celebra ogni primo maggio. Da tutto il territorio diocesano bambini e bambine, con i rispettivi gruppi parrocchiali, si sono riversati nei locali del seminario, in una splendida e caldissima giornata primaverile. E dopo i momenti formativi – orchestrati, come il resto della giornata dai giovani seminaristi di Castellerio -, ecco snodarsi il coloratissimo corteo tra le strade di Pagnacco, per giungere alla chiesa parrocchiale dove mons. Lamba ha presieduto la Santa Messa.

Uno dei momenti formativi per ministranti, prima della Messa

«Giuseppe? Faceva bene il suo lavoro ed era un buon padre»

«Avanti: come abbiamo battuto il “cinque”, ora mi dite cinque caratteristiche di Giuseppe», ha stuzzicato i ragazzi. Come prevedibile, una distesa di mani sollevate ha circondato mons. Lamba, che ha passato il microfono tra i ragazzi e le ragazze assiepati in ogni angolo della chiesa. E poi ha fatto sintesi.

«Prima caratteristica: Giuseppe, il falegname, cerca di fare bene il suo lavoro, come un servizio alla società. Anche i ministranti, gli “zagos“, cercano di fare bene il loro servizio: nel canto, portando la croce o la “navicella”. Da Giuseppe impariamo a specchio. Poi Giuseppe era padre e una delle caratteristiche dei padri è di trasmettere ai propri figli le cose che ha imparato. Anche gli Zagos, soprattutto i più grandi, hanno voglia di trasmettere ai più piccoli i servizi che hanno imparato qualche anno fa».

L’Arcivescovo: «Impariamo da Giuseppe a essere fedeli ma non appiccicosi»

Al di là del servizio liturgico dei più piccoli, mons. Lamba ha poi ricordato loro che «si è ministranti dentro e fuori la Messa». Così, snocciolando le caratteristiche del padre putativo di Cristo, ha aggiunto alcuni aspetti particolarmente interessanti. «Terza caratteristica, Giuseppe era uno sposo. Qual è la caratteristica degli sposi? Essere fedeli, bravissimi, amorevoli, gentili, aiutare in casa, rispettosi, collaborativi. E poi, avete detto, era maschio: possiamo dire che sicuramente aveva un rapporto non appiccicoso. Sapete cosa significa?», ha incalzato Lamba. «Appiccicoso vuol dire che io sto sempre con le stesse persone. Invece Giuseppe aveva rapporti belli e aperti con tutti, cercava di stare con tutti senza appiccicarsi solo a un servizio o a qualche persona».

Dal novero manca un ultimo aspetto, di cui parlano i Vangeli ma che anche Papa Francesco ha più volte ripercorso durante i suoi discorsi ai giovani. «Abbiamo detto – ha proseguito l’Arcivescovo – che Giuseppe sognava. È una caratteristica importantissima! I nostri sogni dovrebbero essere sempre dei sogni belli come quelli di Giuseppe. Giuseppe ha sognato un dialogo con Dio. Qualcuno ha detto anche di fede, ricordo. Perché lui anche di notte aveva un rapporto con Dio».

«Anche voi ministranti, zagos, dovreste avere un rapporto con Gesù così bello, così frequente, pensando a lui e ascoltandolo giorno e notte. Allora – ha concluso – io vi auguro che voi possiate essere proprio come San Giuseppe, secondo queste caratteristiche. Proviamo a ripeterle?»

Giovanni Lesa
Hanno collaborato Matteo Ranieri e Paolo Miani

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