Abbonati subito per rimanere sempre aggiornato sulle ultime notizie
ChiesaSocietà

«L’ora di Religione per insegnare ai ragazzi a sostituire le paure coi sogni»

Si sono aperte le iscrizioni al prossimo anno scolastico 2024-2025 e le famiglie e gli studenti sono chiamati a scegliere anche se avvalersi oppure no dell’ora di Religione cattolica (IRC). Ne abbiamo parlato con don Giancarlo Brianti, direttore dell’Ufficio scuola dell’Arcidiocesi di Udine.

Don Giancarlo Brianti, direttore dell’Ufficio scolastico diocesano di Udine

Don Brianti, qual è la “salute” dell’ora di Religione nella nostra diocesi?

«I dati dimostrano un consenso solido e diffuso, visto che 8 studenti su 10 si avvalgono dell’ora di Religione. E questo avviene a 40 anni dal nuovo assetto dell’IRC: non è poco».

A Udine abbiamo un dato lievemente inferiore alla media italiana, superiore però rispetto al resto del nord. Come mai?

«In Friuli, rispetto alle grandi metropoli del nord Italia, viviamo in una situazione privilegiata. C’è un tessuto sociale diverso, che mantiene ancora un’identità che nelle grandi città manca».

Le Superiori soffrono di più.

«Questo è un andamento che riguarda tutta l’Italia e dipende molto dalla tipologia dell’utente. I giovani dai 16 anni in poi possono scegliere autonomamente e questa età porta ad esprimere la ricerca della propria identità prendendo una distanza dai modelli genitoriali. Nell’Infanzia e Primaria la scelta dei genitori dipende dal fatto che l’ora di Religione viene vista come un investimento educativo».

C’è anche il problema dell’ora alternativa, di fatto sempre collocata nelle ore iniziali o finali, che invoglia a stare a casa.

«È un tema importante sul quale però è sceso un colpevole silenzio, sia da parte dello Stato che della Chiesa. Dai dati emerge che solo il 10% degli studenti non avvalentisi dell’IRC fa un’attività alternativa programmata dalla scuola. Questo perché gli istituti, per mancanza di risorse, ma non solo, vedono nell’ora alternativa un peso, non un’opportunità formativa. Ciò però è discriminante per l’ora di Religione. Per questo ribadisco con forza che è importante che le scuole riempiano l’”alternativa” con un’opportunità formativa. Del resto è il Ministero che lo prevede laddove dice che chi non fa Religione deve fare Studio dei diritti umani».

Nell’invitare ad avvalersi dell’ora di Religione, i Vescovi italiani parlano di una «disciplina attenta ai bisogni educativi delle persone e condotta nel rispetto più assoluto della libertà di coscienza di ognuno» ed evidenziano come «la relazione che si instaura fra insegnanti e alunni fa sì che si possano intercettare tematiche culturali ed esistenziali altrimenti non trattate a scuola».

«È vero. Io ho fatto 35 anni di insegnamento in istituti superiori. Effettivamente nell’ora di Religione trovano piena cittadinanza domande come quelle sul senso della vita che altre materie, come filosofia o italiano, sfiorano soltanto se l’insegnante è sensibile. E i ragazzi hanno molto bisogno di luoghi in cui confrontarsi su questi argomenti. Frequentare l’IRC quindi è un’opportunità educativa al di là della pratica ecclesiale. Inoltre non è un’ora di indottrinamento, ma un’occasione per conoscere il territorio in cui il ragazzo vive: il suo patrimonio culturale e la sua storia. Lo dimostra il fatto che ci sono famiglie di bambini musulmani che alla Primaria, ma anche alle Medie, iscrivono i loro bambini all’ora di Religione perché si integrino nel tessuto sociale e culturale del paese in cui vivono».

In una scuola che cambia, qual e il futuro per l’ora di Religione?

«Dopo 40 anni è inevitabile che ci sia un’erosione dei numeri. La strategia, però, non è rincorrerli abbassando la qualità della proposta, ma piuttosto investire risorse della Chiesa sugli insegnanti – in Diocesi ne abbiamo oltre 130 – perché crescano nella loro professionalità e tengano alta la qualità dell’insegnamento. L’insegnante di Religione preparato trova un consenso da parte dei colleghi e del dirigente che favorisce poi l’iscrizione dei ragazzi».

Nel loro messaggio i Vescovi hanno fatto anche riferimento alle parole di Papa Francesco ai giovani di Lisbona…

«Sì, il Papa esorta i giovani ad avere il coraggio di sostituire le paure con i sogni. È vero, i giovani oggi hanno un po’ la tendenza alla fragilità. Ebbene, questo appello del Papa può essere anche uno stimolo per fare bene l’ora di Religione, affinché gli studenti in classe non siano amministratori di paure, ma diventino imprenditori di sogni».

Stefano Damiani

Articoli correlati