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Commento al Vangelo

Maria ha scelto la parte migliore

XIV domenica del Tempo ordinario (anno C)

Dal Vangelo secondo Luca (10,38-42)

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.

Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.

Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

 

Il commento

La Parola di Dio oggi ci fa abitare la quotidianità di un giorno assolato all’ombra di alcune querce, quando, per il sole a picco, si cerca la frescura di una brezza ombreggiata. Ci fa abitare l’accogliente casa di Betania, meta e riposo dopo tanto peregrinare. Uomini e donne seduti nell’intimità delle loro relazioni che accolgono la visita di Dio, che, come pellegrino e ospite familiare, chiede di essere accolto, ascoltato.

Il Vangelo ci presenta una scena inusuale per il tempo: una donna, Maria, seduta in mezzo agli uomini, ai piedi del Maestro, incantata nell’ascolto delle sue parole. E poi c’è Marta, che entra in questo quadro rompendo l’idillio e chiedendo a Gesù una parola per quella “sfaticata” sorella. L’Evangelista scrive con una sottile ironia: Marta, distolta com’è dai suoi molti servizi, non ha avuto tempo per accorgersi che Gesù ha parlato con la sorella sino a quel momento e che la sorella lo ha ascoltato assorta. Marta non ha tempo per ascoltare, ma trova il tempo per insegnare a Gesù quali parole deve dire: in particolare una parola di rimprovero a Maria, che questa volta sarebbe disposta ad ascoltare e con viva soddisfazione!

Ecco una tentazione in cui rischiamo di cadere: ascoltare dal Signore soltanto ciò che vorremmo dicesse, senza essere disposti ad accogliere ciò che desidera rivelarci.

Così, quella che riceve un benevolo rimprovero non è la sorella seduta, ma quella che corre. «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose…» (Lc 10, 41). Dicono gli studiosi che quando Dio si rivolge a qualcuno pronunciando due volte il suo nome, parla il linguaggio della misericordia e della tenerezza.

Marta si rivela una padrona di casa eccellente e generosa, che desidera dare a Gesù il meglio delle sue possibilità, ma così facendo cade nell’agitazione e nell’affanno tipici di chi non riesce ad arrivare a tutto, pretendendo troppo da se stesso.

Come non vedere anche qui un’altra tentazione? Quando ci occupiamo dell’altro può capitare che, pur convinti di metterlo al centro delle nostre cure, mettiamo al centro noi stessi. Rischiamo di porre attenzione soltanto a ciò che riteniamo giusto fare o dare, senza porre lo sguardo su ciò che l’altro davvero attende o desidera, ciò di cui ha realmente bisogno.

Luca sottolinea che Marta «si fece avanti» (Lc 10, 40), cioè che sopravanza, che mette al centro se stessa scalzando da questo posto il Signore. Ecco il cuore di questo Vangelo: non la contemplazione contrapposta all’azione, non l’ascolto contrapposto al servizio, ma il Signore che deve rimanere al centro della nostra vita e delle nostre relazioni; è questa centralità che, sola, può dare unità alla nostra vita sia quando ascoltiamo, sia quando serviamo, sia quando facciamo ogni altra cosa necessaria.

Se torniamo idealmente all’ombra delle querce di Mamre, ci accorgeremo che è proprio l’ospitalità, la disponibilità ad accogliere, a legare i due episodi. Sara diventa feconda e genera Isacco dopo aver accolto nella sua vita, con generosità e disponibilità, la presenza di Dio, dopo avergli fatto spazio; ospitare significa proprio mettere da parte se stessi perché l’altro venga messo al centro, non solo della nostra casa, ma della nostra esistenza. Ecco la misteriosa fecondità che può rivelare la nostra vita se mettiamo al centro il Signore.

don Alex De Nardo

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