Vigilia dei Santi Patroni “bagnata”, con la celebrazione dei Primi Vespri, venerdì 11 luglio, vissuta nell’incertezza del meteo ballerino che ha sferzato il Friuli – compreso il suo capoluogo – fino nel tardo pomeriggio. In barba ai nuvoloni che si stagliano in cielo, decine di croci affollano il piccolo sagrato dell’oratorio della Purità, in piazza del Duomo, i colorati nastri ornamentali accarezzati dal vento umido udinese. Si snoda la processione, si scandiscono i passi, si entra in Cattedrale con solennità. Sullo sfondo, le acclamazioni di Aquileia: «Tu illum adiuva, Tu illum adiuva». Non la folla delle grandi occasioni, il maltempo ha frenato molti dal salire in auto e andare «fin a Udin». Non importa: la partecipazione è reale e non meno intensa. La Chiesa di Udine, frammento di quel Popolo di Dio sparso in tutto il mondo, è in festa: Ermacora e Fortunato, suoi protettori, si celebrano nelle orazioni e nel canto dei salmi, che con una solennità musicale tutta particolare continuano a scandire la preghiera.
L’Arcivescovo: «La Chiesa accoglie l’invito missionario. Non può essere “Cristo sì e la Chiesa no”»
Attesissima, come di consueto, l’omelia dell’Arcivescovo. Che se l’anno scorso aveva preso spunto dalla figura di San Benedetto – che la Chiesa celebra proprio l’11 luglio – stavolta si è lasciato ispirare dal cammino della Parola di Dio del tempo ordinario. «È un percorso – ha ricordato mons. Riccardo Lamba – che vede il Signore affidare la missione dell’evangelizzazione ai suoi discepoli. Ma non li invia da soli: nel Vangelo di Luca i discepoli vengono mandati “a due a due”. È importante sottolineare questo aspetto: non da soli».
Un mandato accolto e raccolto dai cristiani di ogni tempo. Anche il nostro. «Raccogliendo questa missione si stabilisce un’alleanza che niente e nessuno potrà spezzare tra Dio e l’umanità, tra Cristo e la Chiesa. In passato si diceva: “Cristo sì, la Chiesa no”. Ma non è vero! Sant’Ireneo di Lione diceva: “Dove è la Chiesa c’è lo Spirito di Cristo e dove c’è lo Spirito di Cristo c’è la Chiesa”. Con la festa dei Santi Patroni Ermacora e Fortunato possiamo riscoprire questa verità: l’unione indissolubile tra Cristo e la Chiesa».

«Vivere l’unità nella fede»
Forte, da parte dell’Arcivescovo, il richiamo all’unità. Un monito frutto del suo recente “viaggio” nelle Collaborazioni pastorali dell’Arcidiocesi, nel quale ha avuto modo di scoprire la ricca diversità di tradizioni, culture, lingue del territorio diocesano. È tramite l’intercessione e l’esempio dei Patroni che, secondo l’Arcivescovo, «possiamo ritrovare l’unità nella nostra Arcidiocesi». «Non come uniformità, ma come armonizzazione delle differenze che si manifestano anche nelle diverse lingue, nelle tradizioni che caratterizzano la nostra Chiesa e le varie parti del Friuli».
«Noi – ha proseguito mons. Lamba – possiamo vivere l’unità nella fede: attraverso i Patroni possiamo aprirci anche ad altre tradizioni e culture, persino ad altri continenti come avvenne per Aquileia, città dove molte tradizioni si sono incontrate e accolte. Lo facciamo con fiducia, perché – come sancito nel Concilio di Nicea, 1700 anni fa, Gesù Cristo è l’unico Figlio di Dio».
Testimoni di unità e comunione
Un pensiero, quello di mons. Lamba, molto vicino a quello di Papa Leone XIV, che l’Arcivescovo cita espressamente. «In Cristo possiamo davvero essere “uno”, come ricorda il Papa fin dal suo motto episcopale: “In illo uno unum”. È in questo modo che possiamo ritrovare l’unità in un mondo così conflittuale, con tensioni che possiamo sperimentare anche nelle nostre comunità».
Infine l’esortazione a essere testimoni di unità e comunione: «Dopo queste celebrazioni patronali siamo chiamati, dunque, a essere “martiri”, ossia “testimoni”, perché anche i nostri nomi, come i loro, siano “scritti nei cieli”».
G.L.