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L'editoriale

Padrone del tuo destino

Attesa e paura, trepidazione e scongiuro, ansia e preparazione: gli esami di maturità sono un rito che corona un percorso e mostra in un colpo solo la gamma di emozioni che albergano nell’animo acerbo di piccole donne e piccoli uomini che si affacciano al mondo. C’è chi la definisce una formalità anacronistica, ma nell’epoca dei cervelli artificiali e dell’accesso facilitato a ogni tipo di informazione, un banco di prova che per una settimana ti inchioda come candidato alle tue responsabilità è un modo per affrontare più sfide in una. Ti permette di: 1) venire a patti con la tensione, i dubbi, le insicurezze; 2) mostrare quanto hai appreso, non solo le nozioni ma anche le strategie di espressione; 3) dimostrare a te stesso e agli altri di aver raggiunto l’età adulta non solo per fatto anagrafico, ma perché sei capace di muoverti in autonomia in orizzonti sconosciuti.

Ogni classe è diversa, ogni ragazzo ha le sue prerogative: ma la reazione di fronte a una commissione composta anche da membri esterni, di fronte a tracce e prove del tutto ignote, è la cartina di tornasole per capire chi sei. Se conti giorni, ore e minuti, per invocare o esorcizzare il momento, sappi che te lo ricorderai per sempre: elettrizzante o paralizzante, è il “giorno dei giorni” ma non è e non sarà mai il Giorno del Giudizio. I commissari che incontrerai non sono lì per giudicarti, ma per accompagnarti nell’ultimo tratto di strada che affronterai con i tuoi compagni dopo cinque anni insieme. E anche se alla fine la legge richiede che vi sia un esito numerico delle prove, quell’indice di valutazione finale che sarà scritto sul tabellone e sul pezzo di carta che ti licenzierà da scuola, quel numero non sei tu.

Anzi, l’esame di maturità è forse l’ultima volta nella tua vita in cui non sarai considerato un numero. Da domani la tua vita si condenserà in Pin, Spid, Partita Iva, Iban, codici alfanumerici che per il mondo esauriscono la tua identità: ma davanti alla commissione d’esame hai l’opportunità di far vedere chi sei davvero, di lasciare la tua impronta inimitabile, di aprirti una strada. L’impazienza adesso è finita, e con questo esame finirà – a un tratto – anche l’adolescenza. Anche se per tutti questi anni hai maledetto i banchi di scuola, stai certo che a un certo punto li rimpiangerai: e la “balorda nostalgia” ti riporterà a quei giorni, carichi di ansia ma anche di aspettative per la vita che verrà.

Sì, ricorderai le bischerate improvvisate, i ripassi dell’ultimo minuto, le occhiate furtive alla compagna di banco per copiare i compiti e intercettare i suoi sorrisi; ma dell’esame resta netta e inconfutabile, sempre, la sensazione che per la prima volta ci viene davvero richiesto di essere “grandi” e condividere esperienze di vita coi relativi insegnamenti, per crescere in consapevolezza e senso critico. Perciò, se in questi anni la scuola oltre a farti saltare i nervi ti ha regalato una prospettiva sul tuo avvenire è giunta l’ora che tu la condivida con i commissari, per farti conoscere per ciò che sei e per quel che aspiri a diventare.

Per questo, il momento della maturità va affrontato senza patemi, e senza piani dettagliati. “La vita è ciò che ti accade mentre fai altri progetti”, diceva John Lennon: e davvero, se per essere felici è necessario imparare a ricostruire i nostri castelli in aria a ogni turbolenza che li abbatte, stai certo che il primo momento in cui si impara a farlo è quello in cui l’ultima campanella scolastica suona, e tu diventi padrone del tuo destino. Senza rete, sì, ma anche senza zavorre, per liberarti e librarti dove tu vorrai.

Walter Tomada

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