Le comunità di Monai, Salârs, Zuviel, Comeliàns, Tualias, Naiarêt, Mieli, Povolâr e Maranzanas, Runcja e Cjalgjarêt gli rinnovano il “Grazie di cûr!” di 10 anni fa, quando don Guido Mizza compiva 50 anni di ministero sacerdotale e 35 di servizio pastorale in queste comunità. Oggi sono 10 anni di più e sabato 28 giugno, alle ore 18, nella chiesa di san Matteo di Ravascletto, le comunità si raduneranno per celebrare l’Eucaristia di ringraziamento. «O preìn par lui – gli assicurano – par che il Signôr lu compagni a lunc te sô mission. Ad multos annos, siôr plevan!».
Era il 1965 quando don Guido con altri 17 compagni venne ordinato dall’arcivescovo Giuseppe Zaffonato.
Originario di Pagnacco, don Guido ha iniziato il suo ministero nella Parrocchia di San Daniele come cooperatore del parroco mons. Egidio Fant, impegnandosi soprattutto in mezzo ai giovani. Esperienza i cui ricordi sono ancora vivi. Dopo alcuni anni viene inviato a Cave del Predil quale cappellano dei minatori e, in seguito, diventa cappellano nell’ospedale civile di Udine. Nel 1980 l’arcivescovo mons. Alfredo Battisti lo invia come parroco in Carnia a Ravascletto, successivamente a Zovello e, qualche anno dopo, anche a Comegliàns e Tualis.
Diventato sacerdote quasi alla chiusura del Vaticano II, don Mizza ha messo a frutto i suoi talenti per rendere attuali le grandi linee del Concilio, privilegiando l’esperienza liturgica quale momento sorgivo della vita pastorale e puntando al cammino comune di comunità cristiane chiamate ad essere sorelle nell’annuncio coraggioso del Vangelo e nel tentativo di rispondere alle sfide del nostro tempo.
Il ricordo dei 60 anni di sacerdozio è occasione anche per dire grazie a don Guido – dicono in parrocchia – per il suo servizio generoso per queste piccole comunità di montagna all’insegna della promozione della loro identità culturale e cristiana, un servizio vissuto sempre con ostinata speranza. «Un prete, tanto più sulle terre alte falcidiate dallo spopolamento e da una progressiva riduzione dei servizi – affermano i parrocchiani –, è un presidio di umanità e di socialità, oltre che religioso e pastorale».