I giovani di Tor Vergata non saranno più come prima.
Molti – più di quanto ci si possa aspettare – di coloro che hanno partecipato al Giubileo dei giovani, conclusosi sabato 2 e domenica 3 agosto nella grande spianata all’ombra della “vela” di Calatrava, sono figli di coloro che nel 2000 ascoltarono San Giovanni Paolo II pronunciare parole rimaste, poi, nella storia: «È Gesù che cercate quando cercate la felicità. Non abbiate paura!». I figli di quei “papaboys” (allora si chiamavano così) la paura non l’hanno avuta e ora hanno sperimentato un frammento di quella felicità. È l’eredità della fede che si trasmette, di generazione in generazione, a dare prova del fatto che – come fu per i loro genitori – ciò che hanno vissuto questi giovani li cambierà per sempre: c’è un prima e un dopo, come in una porta santa della vita varcata a Tor Vergata. Cambiano i papi, cambiano i numeri, non cambiano l’entusiasmo, la fede e, soprattutto, la speranza, autentica protagonista del Giubileo.
Quante vite sono cambiate in eventi come questi! Il silenzio dopo la benedizione conclusiva di Giovanni Paolo II è lo stesso che ha letteralmente impressionato chi si trovava, con Leone XIV, sabato sera davanti al Santissimo Sacramento. Ne parlavano, i ragazzi, più ancora dell’«aver visto il Papa». Un milione di silenzi apparenti, tramutati in dialoghi intimi e interiori. È uno dei momenti che non si dimenticano, cullati da “Jesus Christ, you are my life” e “L’Emmanuel” che hanno fatto da colonna sonora a entrambi gli eventi, oggi e venticinque anni fa. E che diventa preghiera. Come questo, ci sono altri momenti indelebili, che a pensarci fanno riflettere non poco: le code di giovani per vivere il Sacramento del Perdono, ragazzi che scavalcano transenne non per compiere atti di vandalismo, ma per ricevere l’Eucaristia, le ore sotto il sole di Roma per andare, in fondo, a una Messa, la bottiglietta d’acqua offerta a quel giovane di chissà dove. Momenti che generano commozione, lacrime che indicano un’acqua viva che questi giorni romani hanno fatto sgorgare da occhi e cuore.
Dove arriverà quella sorgente, saranno le comunità di partenza a dirlo. Quando torneranno a casa, chiedete a questi giovani cosa hanno vissuto. Ma non fermatevi alla stanchezza, al sole, alle lunghe camminate e ai disagi: chiedetegli cosa hanno provato. Vedrete luccicare gli occhi. È l’acqua viva che sgorga, ricevuta al Battesimo e rivitalizzata con questa enorme “Cresima collettiva” e mondiale.
Questi ragazzi non saranno più gli stessi. Alle comunità, con le rispettive famiglie, ora il compito di accogliere la sorgente che sono diventati. E accompagnarla con speranza.
Giovanni Lesa