di Paolo Patui
Diceva – e lo dimostrava assai bene – Elio Bartolini di quanto i suoni e i ritmi della lingua friulana si adagiassero perfettamente sui versi della poesia e della lirica. E questo è un fatto comprovato dai tanti autori che in questo esercizio si sono cimentati con risultati lusinghieri. E i suoni e i ritmi della lingua friulana danzano facilmente anche sulle note musicali, così come riescono a adattarsi efficacemente alla spontaneità dei dialoghi che prendono vita su un palcoscenico. Da questo elenco sembrerebbe rimanere esclusa la narrativa, se è vero che ultimamente è avventura rara imbattersi in produzioni capaci di dimostrare una abilità letteraria di grande valore, o che non siano strettamente legati a una letteratura “di genere”. Molte sono le schegge che si muovono in questo campo in maniera autonoma, altri autori invece si affidano alle valutazioni di giurie e commissioni e in questo campo il San Simon di Codroipo è il più antico e prestigioso premio letterario per componimenti in lingua friulana. Quest’anno la giuria, presieduta da Martina Del Piccolo, coadiuvata da Maurizio Mattiuzza, con i quali ho avuto il piacere e l’onore di collaborare, unitamente all’assessore Silvia Polo, ha segnalato la meritevole raccolta “Lis Contis sot les stelis” di Roberto Meroi, ma si è anche astenuta, così come avvenuto in alcune delle recenti edizioni, dall’assegnazione di un premio effettivo e i motivi di questa decisione risiedono nella considerazione che molti dei lavori presentati, pur se pregevoli e frutto di una appassionata e creativa ricerca letteraria, apparivano privi di quel frammento, di quella tessera in grado di comporre la perfezione di un mosaico. La storia del Premio, ma anche e più in generale della produzione narrativa in friulano, racconta di testi scritti da Pre’ Toni Beline e Dino Virgili, da Amedeo Giacomini e Gianni Gregoricchio, da Franco Marchetta e Carlo Tolazzi, da Alberto Luchini o Stefano Moratto, testi che “mordevano” il Friuli, lo raccontavano con la stravolgente forza dell’attualità o della metafora. Oggi molto spesso, seppur scritti in un friulano corretto e sincero, non si avverte più quel morso, ma semmai una carezza affettuosa, annodata al ricordo del Friuli che c’era e intessuta di storie dai buoni sentimenti, frequentemente destinate a un lieto fine. A leggere i testi della narrativa più recente in friulano, succede spesso che il Friuli di oggi sia il grande assente e con lui i mutamenti, gli stravolgimenti, gli sguardi volti al futuro. Così come sono assenti nelle pubblicazioni e nei concorsi nomi significativi e già affermati della nostra narrativa. Perché mai? Si tratta di un quesito dal respiro ampio e complesso che riguarda scuola, società, cultura. Se una canzone in friulano viaggia all’interno delle orecchie di molti possibili ascoltatori, se il teatro stesso prende vita dinanzi a platee più o meno istituzionali, intraprendere la lettura di un romanzo o di una raccolta di racconti in friulano non trova sempre un pubblico di lettori adeguato, almeno per ciò che riguarda la quantità. E allora perché scrivo, se il mio romanzo, i miei racconti devono essere letti solo da una manciata di accoliti che hanno sposato la causa della salvaguardia della lingua friulana? Forse bisognerebbe trovare un aggancio con case editrici di distribuzione nazionale, forse bisognerebbe corredare le pagine in friulano con una sinossi se non addirittura con una traduzione a fronte (espediente già sperimentato da Kappa Vu), forse bisognerebbe far leggere la narrativa friulana all’interno delle scuole. Un tentativo sicuramente meritevole è quello intrapreso dal Teatri Stabil Furlan che ogni anno produce la traduzione in friulano di un racconto di autori locali, allestendo poi una lettura scenica che Massimo Somaglino cura con perizia encomiabile. Può bastare? Temo di no. Confesso che fatico a trovare una soluzione. Quello che è certo è che non possiamo ignorare il precario stato di salute della narrativa in lingua friulana. Speriamo si tratti di un malanno passeggero, dovuto ai rigori dell’inverno.












