Con l’arrivo della bella stagione, si affaccia anche il problema della presenza di zecche per chi ama trascorrere tempo all’aria aperta. Ormai questi parassiti, anche in Friuli-Venezia Giulia, probabilmente a causa dell’aumento delle temperature, si trovano un po’ ovunque, non solo in ambiti montani, rappresentando un rischio per la salute. Attraverso il loro morso, infatti, sono portatrici di infezioni e potenziali veicoli di malattie infettive. Dei rischi, dei sintomi che indicano una puntura di zecca e di come comportarsi in caso di morso, ne abbiamo parlato con la dottoressa Maria Merelli, dirigente della Clinica di Malattie infettive dell’Ospedale di Udine.

Dottoressa, quando si viene morsi da una zecca, a quali sintomi bisogna fare attenzione?
«In regione il morso della zecca può correlarsi a diverse infezioni. La più nota è la Borreliosi, conosciuta anche come Morbo di Lyme: si manifesta a distanza di alcuni giorni dal morso, con un tipico eritema, cosiddetto a bersaglio, nell’area coinvolta o anche distante da dove è avvenuto il morso. All’esordio è una macchia rosata, di forma vagamente ovale, non dolente, magari minimamente pruriginosa che tende poi ad espandersi in modo centrifugo, trasformandosi in lesioni anche di svariate decine di centimetri di diametro, che tendono poi a sbiancarsi centralmente».
Il morso di questo parassita può dare sintomi tardivi?
«Certo, è possibile. Si tratta di dolori alle articolazioni, talvolta febbre, confusione, stordimento e pure a distanza di anni potenziali effetti tardivi del morso».
Non sempre l’eritema compare, vero?
«Esatto. Pertanto è fortemente caldeggiata l’osservazione per almeno 4/6 settimane dopo il morso, proprio perché ci sono dei casi in cui non si osserva il tipico eritema. Ci possono essere forme caratterizzate proprio dai dolori articolari e muscolari, da febbricola, da malessere che dura nel tempo. Con una certa anamnesi, attraverso le domande giuste, il medico curante o lo specialista possono ricostruire il pregresso e indirizzare il paziente versi gli accertamenti adeguati, ovvero esami del sangue, che potrebbero portare alla diagnosi».
Se la malattia è confermata, qual è il trattamento previsto?
«Se si tratta di Morbo di Lyme, la cura antibiotica».
Quali altre malattie possono essere causate dalla puntura di zecca?
«Sicuramente l’encefalite da zecca, trasmessa dal virus della TBE, una malattia sicuramente temibile anche se con un andamento meno costante rispetto alla Borreliosi. Si tratta di un’infezione virale, non batterica, caratterizzata da quadro encefalitico, quindi un coinvolgimento del cervello».
Quali sono i sintomi?
«Un soggetto inizia a non essere più presente a se stesso, a far confusione, a non riuscire più ad articolare bene le parole, a non riconoscere i familiari stretti e ad avere anche delle alterazioni caratteriali importanti. È un quadro acuto che esordisce nel giro di pochi giorni e che si associa di solito a febbre».
Per questa infezione virale del cervello esistono trattamenti?
«Purtroppo no e la gestione può essere particolarmente difficoltosa. Quindi, si mette in campo una terapia di mero supporto al paziente e si spera che esaurita la fase acuta dell’infezione il quadro possa risolversi. Talvolta, nei casi peggiori, vi sono delle sequele correlate, come deficit dell’udito, della vista o cognitivi che possono rimanere a lungo termine».
Di questi casi così complicati, quanti ne vedete all’anno?
«La quota è variabile, valutiamo in media dai 2 ai 5 casi ogni 12 mesi e sapendo che purtroppo può avere un’evoluzione potenzialmente fatale caldeggiamo fortemente la profilassi, perché tutto quello che possiamo fare è prevenire l’infezione. Al proposito esiste un vaccino efficace, formulato per l’adulto e per il soggetto pediatrico, che viene effettuato gratuitamente per tutti i residenti del Friuli-Venezia Giulia che ne facciano richiesta».
Per chi è fortemente raccomandato?
«Per tutti i soggetti che hanno già avuto un morso di zecca e per coloro che stanno per svolgere attività che li espone a questo rischio. Quindi, chi lavora in un cotesto boschivo, cacciatori, chi svolge attività ludica-relazionale in aree rurali, gruppi di scout, ragazzi che partecipano a centri estivi, camperisti, camminatori».
Ma quali sono le zone in cui è più probabile essere morsi da una zecca e sviluppare la TBE?
«All’esordio dei primi casi in regione, più di 10 anni fa, c’era una mappatura codificata e alcune aree risultavano a maggiore densità, come il Canal del Ferro. Oggi quella mappatura non è più possibile, perché sono molteplici le aree coinvolte da piccoli focolai di TBE e, dunque, lo ripeto, non avendo uno strumento terapeutico efficace l’unico di cui disponiamo è la vaccinazione».
Qual è la percentuale di vaccinati in regione?
«Purtroppo esigua e cambia molto a seconda della zona. Dai dati forniti dal Dipartimento di prevenzione risulta una quota che sfiora il 25% in alcune aree montane, quindi un soggetto su quattro; una copertura comunque migliore rispetto ad altre aree dove il tasso vaccinale risulta tra il 5 e il 10%».
Tutte le zecche sono portatrici di malattie?
«Assolutamente no, avere un morso di zecca non significa necessariamente avere poi una malattia. Alcune zecche possono ospitare all’interno delle loro ghiadole salivari Borrelia oppure il virus della TBE, o anche il batterio Anaplasma. La quota di zecche che può ospitare questi agenti di infezioni varia a seconda dell’area coinvolta. Per esempio quelle portatrici di Borrelia è tra il 10 e il 20%, dato che dipende dalle annate e dal contesto i cui si trovano le zecche. Risulta comunque molto locale il fenomeno della presenza di batteri all’interno delle zecche; quando mordono, durante il loro pasto ematico possono o non possono rilasciare batteri. Tanto più la zecca resta attaccata all’individuo, maggiore è il rischio che trasmetta una delle infezioni. Quindi, la raccomandazione è di provvedere quanto prima alla sua rimozione».
Se ci si accorge di avere una zecca, cosa è meglio fare o evitare?
«Intanto, quando si rientra da un’escursione fatta in un contesto rurale o campestre, è sempre meglio provvedere ad un controllo di tutto il corpo, anche in sedi quali l’ombelico, l’inguine, dietro le orecchie, l’area dei glutei. La zecca predilige gli ambienti caldi e umidi e va ricordato che generalmente il suo morso è del tutto asintomatico. Quindi, può rimanere in sede e fare il suo pasto ematico col nostro sangue per svariate ore e addirittura per giorni. Certo è che se si incrocia una zecca che ospita batteri a livello delle sue ghiandole salivari, e c’è una permanenza durante il pasto ematico per svariati giorni, l’infezione è altamente probabile, se non certa».
Il controllo del corpo è una buona prevenzione, dunque?
«Certo e anche la sua rimozione, in caso di presenza, fatta quanto prima».
In questo caso, qual è il consiglio?
«Di non stressare la zecca, per cui vanno assolutamente evitati i vecchi stratagemmi, come metterci sopra olio per favorirne l’asfissia. Una delle sue reazioni più frequenti, quando si sente aggredita, è proprio rilasciare il contenuto delle ghiandole salivari, liberando nel soggetto tutto quello che ha all’interno. Per rimuoverla il consiglio è di usare delle pinzette apposite, partendo dalla radice del rosso, che è lo sperone anteriore che va ad impiantarsi all’interno della cute, e con un movimento rotatorio deciso tirarla via. Dopo aver disinfettato, ci si deve accertare di aver rimosso tutte le componenti, compresi i due uncini anteriori con cui si ancora al corpo. Poi bisogna osservare bene il punto della rimozione perché in quella parte possono rimanere piccoli frammenti. In quel caso, da parte del medico curante o di pronto soccorso va pulita la quota di morso di zecca che potrebbe essere rimasta confinata all’interno dell’ospite».
Quante persone vedete per queste problematiche all’anno?
«Dipende molto dalla ciclicità stagionale. I periodi in cui valutiamo maggiormente pazienti vanno dalla primavera all’autunno, compresa l’estate. In questo lasso di tempo vediamo circa 5/7 pazienti a settimana. Cambia molto mensilmente ma si arriva a fare circa 20 valutazioni al mese per problematiche correlate al morso di zecca, che sono circa 140 all’anno».
Monika Pascolo e Valentina Viviani