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Senso di pienezza

Un tempo di grazia. Si è trattato di questo, un vero tempo pasquale, di passaggio dalla morte alla vita. Da quando si è diffusa la notizia della morte di Papa Francesco, credo che tutti abbiamo sperimentato un senso di smarrimento e di vuoto. Mancava qualcosa: un padre, un punto di riferimento che eravamo abituati a vedere e ad ascoltare. Giovedì scorso, però, la fumata bianca quasi inattesa e a seguire l’annuncio solenne dell’«Habemus Papam» hanno sancito un cambiamento netto: non appena papa Leone XIV è apparso sulla loggia di San Pietro, affacciandosi sulla piazza gremita e festante per lasciarsi abbracciare dal mondo intero, abbiamo percepito tutti una nuova sensazione, quella della pienezza.

Si tratta della stessa dinamica che possiamo ritrovare nei racconti e nelle testimonianze di coloro che vivono il tempo della scelta vocazionale, che a pochi giorni dalla 62ª Giornata di preghiera per le vocazioni vale la pena di ricordare e sottolineare: all’inizio ti manca qualcosa, nella vita pensi di essere fuori posto; poi un’intuizione ti fa intravedere una strada e quando scegli di seguirla e dire il tuo sì, trovi un senso di pienezza e di pace che non avevi mai sperimentato prima. Cambia il tuo sguardo sulla vita, uno sguardo che permette di riconoscere un bene più grande che si realizza in un sovrabbondare di doni. Fatiche, dubbi e sofferenze non vengono certo meno, semplicemente riesci a ricollocarli all’interno di un disegno più ampio nella certezza di trovarti nel posto giusto.
Quando è entrato in conclave, il cardinale Robert Francis non immaginava di essere proprio lui il prescelto.

Invece, smentendo previsioni, scommesse e tutto il clamore comunicativo dei giorni precedenti, in clima di preghiera, attraverso l’azione concreta della votazione dei cardinali, è stato scelto lui, papa Leone XIV. E lui, nella sua libertà, ha consegnato un nuovo «sì». Nel cammino della Chiesa accade sempre così, a partire dal «fiat», il «sì» quasi sussurrato, ma determinato, di Maria: qualcun altro ti chiama, tu rispondi e dici quel sì che è tutto tuo, ma al contempo tutto per altri. È la bellezza della chiamata e della risposta fiduciosa. Anche le prime immagini commosse di quell’uomo vestito di bianco, i suoi occhi lucidi e le braccia che si stringono ripetutamente sotto al cuore raccontano di una trepidazione mista a meraviglia.

Già dalle prime uscite pubbliche di questi giorni abbiamo potuto intravedere diversi tratti del nuovo Papa. Quelli umani innanzitutto: delicatezza nelle parole, umiltà e mitezza nei gesti, seppure con una certa dose di sicurezza ed equilibrio misurato (tipica del matematico e del canonista quale lui è). Da subito è emersa anche la spiritualità agostiniana di Leone, fortemente radicato in Gesù e desideroso di annunciare il messaggio pasquale di Cristo e la devozione a Maria, la Madre di tutti. Infine, i tratti ecclesiali, con quel desiderio di unità e di pace, dentro e fuori la Chiesa, da realizzare senza rotture col passato, ma protesi con speranza verso il futuro, sul solco del Concilio Vaticano II (e del predecessore Papa Francesco). Il Papa stesso, nell’intervento di sabato 10 maggio ai cardinali ha spiegato anche il motivo della scelta del nome, che trova radice e continuità nell’esempio di Leone XIII. Seguendone le orme, desidera avere una specifica attenzione alla dignità umana, alla giustizia sociale e al lavoro, nel tempo della nuova rivoluzione epocale che stiamo vivendo sul fronte tecnologico, imposta dall’ingresso dell’intelligenza artificiale. E poi, nel Regina coeli di domenica, le parole forti in cui è risuonata l’espressione di un suo santo predecessore: «Non abbiate paura!». È ai giovani che il Papa si stava rivolgendo, affinché possano senza timore accogliere l’invito del Signore a pronunciare a loro volta il “sì” della vita.

Ora il nostro compito, in quanto popolo di Dio, non potrà che essere quello di accompagnare Papa Leone nella preghiera, perché – come ha detto il Pontefice ai fratelli cardinali – si faccia docile ascoltatore della voce di Dio, fedele ministro dei Suoi disegni, ricordando che Dio ama comunicarsi, più che nel fragore del tuono e del terremoto, nel «sussurro di una brezza leggera» (1Re 19,12) o, come alcuni traducono, in una «sottile voce di silenzio». E abbiamo già cominciato ad assaporare quella brezza leggera, soffio dello Spirito, in questi primi giorni di pontificato. Continui a soffiare su di lui, sulla Chiesa intera e su quei giovani desiderosi di pienezza per la loro vita.

don Daniele Antonello

 

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