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Chiesa

Sinodo, ok al documento. Ora la parola ai Vescovi. A Roma due delegati dell’Arcidiocesi di Udine

«Lievito di pace e di speranza». Si intitola così il documento di sintesi del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, approvato sabato 25 ottobre dai delegati delle stesse Chiese. Si conclude così un cammino di quattro anni iniziato subito dopo la pandemia, che ha visto la Chiesa italiana camminare insieme e interrogarsi su come essere “lievito” – appunto – nella cultura odierna del Bel Paese. Il documento restituisce una fotografia della sensibilità ecclesiale (possiamo azzardare: del “sensus fidei”) delle Chiese in Italia. A emergere, soprattutto, sono nuove forme di evangelizzazione, la lotta agli abusi e l’accompagnamento delle situazioni di fragilità.

Proposte, non indicazioni

Ma cosa è successo a Roma il 25 ottobre? E cosa succederà ora? Per rispondere conviene tornare allo scorso aprile, quando la seconda Assemblea sinodale delle Chiese in Italia aveva bocciato il documento di sintesi redatto in quell’occasione da parte del Comitato del Cammino sinodale: la sintesi era troppa – si era detto – per racchiudere la ricchezza di tutti gli interventi emersi nei tre anni e mezzo di cammino svolto sino ad allora. Se ne riparla in autunno. Ed eccoci qui. Nel frattempo, il Comitato ha rivisto il documento giungendo a presentare un testo molto più articolato, sviluppato cioè in 75 punti e 124 proposte. Già, proposte: perché a differenza di quanto si può immaginare, il Cammino sinodale ha lo scopo di ascoltare e discernere, ma non di deliberare. In altri termini: non si è deciso nulla. Non ancora, per lo meno. Nella Chiesa fondata sugli apostoli, infatti, toccherà ai Vescovi italiani, riuniti in assemblea ad Assisi dal 17 al 20 novembre prossimi, valutare le diverse proposte e offrire le linee pastorali ritenute più urgenti. «Una volta che questa Assemblea sinodale ha congedato il testo con il suo voto, è compito dei Pastori assumere tutto, individuare priorità, coinvolgere forze vecchie e nuove per dare corpo alle parole», ha sintetizzato il Presidente dei Vescovi, card. Matteo Zuppi, al termine dell’incontro del 25 ottobre. Alle sue parole hanno fatto eco quelle di mons. Erio Castellucci, presidente del Comitato del Cammino sinodale italiano: «L’Assemblea di novembre dovrà dare una prima forma definitiva agli orientamenti emersi. A maggio, invece, la Cei approverà un testo che guiderà la fase di ricezione nei prossimi cinque anni». Due, quindi, i passaggi previsti prima di vedere un’attuazione reale delle principali linee emerse dal Cammino sinodale. «Quello sinodale – ha ribadito il card. Zuppi – non è tanto un piano da programmare e da realizzare, ma anzitutto uno stile da incarnare. La sinodalità non è fare il parlamento, né la sola discussione dei problemi e di diverse cose che ci sono nella società… È oltre. La sinodalità non è cercare una maggioranza, un accordo sopra soluzioni pastorali che dobbiamo fare».

Marco Bressan e Piera Burba

Burba e Bressan: «Nuova visione di Chiesa»

Tra gli oltre ottocento delegati presenti a Roma c’erano anche Piera Burba e Marco Bressan, i “portacolori” dell’Arcidiocesi di Udine. Proprio Burba, nelle parole che descrivono quanto vissuto nella Capitale, conferma quanto lo stesso Zuppi ha affermato. «Il momento del voto del documento finale da sottoporre ai Vescovi è stato vissuto nella preghiera e nella riflessione – ha detto la delegata friulana –: non è stato un semplice “favorevole o non favorevole” ad ogni singola parte del documento, ma la presa di coscienza che il cammino effettuato ha portato a individuare proposte condivise, anche con pareri non unanimi. Alcuni argomenti, per esempio, hanno evidenziato maggiori tensioni e sensibilità diverse». Il Cammino sinodale porta in eredità una ricchezza che si traduce sia in un metodo di lavoro, sia in una rinnovata visione di Chiesa: «Tutto il popolo di Dio assieme, vescovi, sacerdoti, laici e persone consacrate, concorre non solo all’annuncio di Cristo morto e risorto, ma anche alla definizione delle linee guida di tale annuncio», ha affermato Burba.

Sul tema delle relazioni si è soffermato anche Marco Bressan. «La Chiesa deve saper prestare attenzione alle persone – ha affermato –. Gli uomini e le donne di oggi non sono persone da indottrinare, ma da accogliere. Non c’è superiorità, non c’è distacco: la Chiesa deve farsi prossima a chi ci sta attorno. Papa Leone XIV, nel suo intervento davanti a tutte le équipe sinodali del mondo, ha definito la sinodalità “uno stile di essere Chiesa” che “non è uniformità” e che ha al centro l’”ascolto”. Ascoltare – prosegue Bressan, andando alla radice della sinodalità – significa riconoscere l’altro, dirgli che è importante, ciò che porta è prezioso anche se non la pensa come noi. Tutti noi dobbiamo avere l’umiltà di saper camminare assieme, quindi è necessario saper ascoltare e dialogare con tutti. Questo presuppone un cambio di mentalità per far diventare le nostre comunità più inclusive, con un’attenzione particolare ai giovani ed alle donne».

Il tavolo dei relatori. Secondo da destra il card. Matteo Zuppi, presidente della CEI. Alla sua destra mons. Erio Castellucci

I punti più e meno votati

Il documento è stato votato favorevolmente da 781 delegati su un totale di 809 votanti (il 96,5%). Percentuali diverse hanno riguardato le singole proposte del documento, comunque tutte approvate e trasferite all’attenzione dell’Assemblea dei Vescovi di novembre.

Le proposte con più consensi in assoluto hanno riguardato la lotta della Chiesa alle mafie e all’illegalità, la prosecuzione del lavoro di prevenzione degli abusi, l’approfondimento della Parola di Dio soprattutto in contesti comunitari e domestici. Interessante poi la forte convergenza sull’invito a istituire Servizi per la pastorale delle persone con disabilità e per una presenza attiva e consapevole della Chiesa sui social media. La proposta con più favore in assoluto (appena 11 contrari su 811 votanti) ha riguardato l’integrazione del contributo dei Servizi diocesani per la tutela dei minori nella formazione dei futuri presbiteri e degli operatori pastorali. Si percepisce, quindi, una Chiesa cauta e attenta all’integrità dei suoi membri, nella cura verso i più piccoli e le persone in condizioni svantaggiate.

Viceversa, diversi punti hanno evidenziato una discussione più accesa e molti accenni contrari, nonostante tutte le proposte siano state largamente approvate. Il suggerimento più voti contrari (185 su 822) è stato quello sulla condivisione delle giornate civili dedicate al contrasto di ogni forma di violenza (es. Giornate contro la violenza e la discriminazione di genere, pedofilia, bullismo, femminicidio, omo-transfobia, ecc.). Approvata, ma con numerosi voti contrari, anche la proposta sul «riconoscimento e accompagnamento delle persone omoaffettive e transgender». A margine di questa proposta, il presidente del Comitato sinodale mons. Erio Castellucci ha affermato come questo tema «Era presente sin dalle prime fasi, per la sua attualità e per il significato simbolico che riveste oggi.  “Riconoscere” – ha proseguito Castellucci – non vuol dire approvare moralmente, ma partire dalla realtà della persona, con la sua dignità. “Accompagnare” significa camminare insieme, accogliere senza semplificazioni, come ci invitava a fare Papa Francesco. È un atteggiamento esigente, ma profondamente evangelico». Nello stesso punto del documento di sintesi, hanno avuto amplissimi consensi le proposte per l’accompagnamento pastorale di persone «ai margini della vita ecclesiale e sacramentale a causa di situazioni affettive e familiari stabili diverse dal sacramento del matrimonio» e percorsi di accompagnamento di coppie conviventi «che hanno in animo una futura unione nel matrimonio». Un consenso ampio ma non amplissimo anche per la proposta di porre la Chiesa in prima fila in azioni di «advocacy e lobbying» per mettere in luce il nesso tra esclusione sociale e dinamiche strutturali che la provocano. Poca simpatia anche per l’ipotesi di libri liturgici appositi per la Messa dei fanciulli.

Giovanni Lesa

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